Storia dell’omosessualità nel mondo occidentale
La storia dell’omosessualità è un viaggio attraverso epoche e culture, caratterizzato da molteplici significati sociali e percezioni che si sono evoluti nel tempo. Dall’antica Grecia, dove l’amore tra persone dello stesso sesso veniva spesso celebrato e inserito nel tessuto sociale, fino alle epoche successive in cui l’omosessualità è stata stigmatizzata e criminalizzata, l’atteggiamento umano verso l’orientamento sessuale ha subito profonde trasformazioni. Cerchiamo di saperne di più.
Come era considerata l’omosessualità nell’antica Grecia?
Molti sono i documenti dell’antica Grecia che parlano della sessualità, partendo dai dialoghi di Platone, come il Simposio, alle opere teatrali di Aristofane, alle opere d’arte e ai vasi greci e per questo ne abbiamo una conoscenza abbastanza approfondita. Vale tuttavia la pena ricordare che anche nell’antica Grecia, c’erano costumi regionali diversi. Ad esempio, in alcune parti della Ionia c’erano delle restrizioni generali contro l’ eros omosessuale, mentre nello stesso periodo a Tebe l’omosessualità era approvata e persino celebrata per i suoi benefici pedagogici e come mezzo di controllo demografico (Dover, 1989; Halperin, 1990).
Gli uomini erano liberi di cercarsi dei ragazzi adolescenti come partner: gli schiavi potevano essere acquistati, ma se si voleva avere per amanti dei ragazzi liberi, occorreva prima corteggiarli e poi ricevere anche l’approvazione del loro padre, che doveva acconsentire alla relazione. Tali rapporti non sostituivano il matrimonio tra uomo e donna, anche se potevano avvenire prima e durante il matrimonio.
Un uomo maturo di solito non aveva come compagno un coetaneo (sebbene ci fossero delle eccezioni, tra cui Alessandro Magno ). L’amante maturo era l’erastes, l’amante più giovane era l’eromenos. Spinto dal desiderio e dall’ammirazione, l’erastes si dedicava altruisticamente al giovane amante, fornendogli tutta l’istruzione necessaria per fare strada nella società. L’ erastes doveva in ogni caso dimostrare che aveva interessi nobili per il ragazzo, e non solo una preoccupazione puramente sessuale.
Come è stato spesso notato, gli antichi greci non avevano termini o concetti che corrispondano alla dicotomia contemporanea di ‘eterosessuale’ e ‘omosessuale’ (Foucault, 1980).
Il ruolo omosessuale passivo era accettabile solo per gli inferiori, come donne, schiavi o giovani maschi che non erano ancora cittadini. Quindi l’ideale culturale di una relazione omosessuale era tra un uomo più anziano, probabilmente tra i 20 ei 30 anni, e un ragazzo la cui barba non aveva ancora cominciato a crescere.
La relazione doveva essere temporanea e doveva finire quando il ragazzo raggiungeva l’età adulta (Dover, 1989). Continuare in un ruolo sottomesso anche se si era ormai adulti e liberi cittadini era considerato disdicevole, anche se certamente c’erano molte relazioni omosessuali fra maschi adulti che però non erano fortemente stigmatizzate.
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Se il ruolo passivo era talvolta considerato problematico, essere attratti dagli uomini era spesso considerato un segno di mascolinità. A divinità greche, come Zeus, erano attribuite storie di imprese con personaggi dello stesso sesso, così come altre figure chiave del mito e della letteratura greca, come Achille ed Ercole.
Platone elogiò i benefici dell’omosessualità nei suoi primi scritti, anche se nelle sue ultime opere ne propose il divieto. Nel Simposio, l’autore identifica l’accettazione dell’omosessualità con la democrazia e la sua repressione con il dispotismo, sostenendo che l’omosessualità era una cosa vergognosa per i barbari, a causa dei loro governi dispotici, proprio come lo erano la filosofia e l’atletica, poiché apparentemente non era nel migliore interesse di tali governanti generare grandi idee nei loro sudditi, o potenti amicizie o unioni fisiche, tutte cose che l’amore era particolarmente atto a produrre.
Aristotele, nella sua Politica, respinse le idee di Platone sull’abolizione dell’omosessualità, spiegando che barbari come i Celti le accordavano un onore speciale, mentre i Cretesi la usavano per regolare la popolazione.
Poco si sa dell’omosessualità femminile nell’antichità, a parte il caso di Saffo, nata sull’isola di Lesbo, la cui poesia è incentrata sulla passione e l’amore per vari personaggi di entrambi i sessi.
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Come era considerata l’omosessualità a Roma?
L’antica Roma aveva molti parallelismi con l’antica Grecia per quanto riguarda l’attrazione per persone dello stesso sesso e per le questioni sessuali più in generale.
La “mentalità di conquista” degli antichi romani plasmò anche le loro pratiche omosessuali. Finché l’ uomo svolgeva il ruolo penetrativo, era considerato socialmente accettabile, senza una perdita percepita della propria mascolinità o posizione sociale. Il sesso tra cittadini maschi di pari dignità, compresi i soldati, era invece denigrato e, in alcune circostanze, duramente penalizzato.
I corpi dei giovani cittadini romani (a differenza di quanto accadeva in Grecia) erano, invece, rigorosamente off-limits e la Lex Scantinia impose sanzioni a coloro che commettevano un crimine sessuale ( suprum ) contro un minore maschio nato libero. Gli schiavi maschi, le prostitute e gli intrattenitori o altri personaggi senza una buona posizione sociale erano, invece, partner sessuali passivi del tutto accettabili per il cittadino maschio dominante.
Tuttavia, dopo il passaggio al cristianesimo, nel 390 d.C., l’imperatore Teodosio rese l’omosessualità un reato legalmente punibile per il partner passivo. Nel 558, verso la fine del suo regno, Giustiniano estese la proscrizione anche al partner attivo, avvertendo che tale condotta poteva portare alla distruzione delle città per ” l’ira di Dio “. Nonostante queste norme, le tasse sui bordelli dei ragazzi disponibili per il sesso omosessuale continuarono ad essere riscosse fino alla fine del regno di Anastasio I nel 618.
Come era considerata l’omosessualità nel Medio Evo?
Durante il periodo medievale, l’omosessualità era generalmente condannata e considerata la morale della storia di Sodoma e Gomorra.
Il Medio Evo vide un forte aumento dell’intolleranza nei confronti del sesso omosessuale, insieme alla persecuzione di ebrei, musulmani, eretici e altri.
La Chiesa cristiana iniziò a considerare tutto quello che era “naturale” come standard di moralità, condannando il sesso omosessuale (così come il sesso extraconiugale, il sesso non procreativo all’interno del matrimonio e spesso la masturbazione).
Gli storici discutono ancora se ci fossero omosessuali e bisessuali di spicco in questo periodo: sono state in particolare studiate le figure di Edoardo II, Riccardo Cuor di Leone, Filippo II Augusto e Guglielmo II, detto Rufo.
Come era considerata l’omosessualità nel Rinascimento?
In questo periodo l’attrazione verso lo stesso sesso era accettata in base alla classe sociale: la classe media assumeva la visione più restrittiva, mentre l’aristocrazia e la nobiltà spesso accettavano espressioni pubbliche di sessualità alternative. Le ricche città del nord Italia – Firenze e Venezia in particolare – erano rinomate per la loro pratica diffusa dell’amore tra persone dello stesso sesso, praticato da una parte considerevole della popolazione maschile e costruito secondo il modello classico della Grecia e di Roma.
Molti degli artisti di spicco che hanno dato vita al Rinascimento, come Michelangelo e Leonardo da Vinci, avevano rapporti con altri uomini. Il declino di questo periodo di relativa libertà artistica ed erotica fu accelerato dalle predicazioni del monaco moralista Girolamo Savonarola.
Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta
L’omosessualità fu classificata come una forma di malattia mentale dai primi psicologi moderni, i quali svilupparono diverse teorie sulla sua origine. Richard von Krafft-Ebing, ad esempio, con la sua Psychopathia Sexualis (1886) considerava l’omosessualità una tara genetica, allo stesso livello della masturbazione compulsiva, del sadomasochismo dell’ “omicidio per lussuria” e altre perversioni sessuali
Il suo contemporaneo, Sigmund Freud, vedeva invece nell’omosessualità il risultato di conflitti nello sviluppo psicosessuale, inclusa l’identificazione con il genitore del sesso opposto. Lo psicoanalista inoltre sosteneva che fosse la “bisessualità” la normale condizione umana, che a volte si esprimeva sotto forma di omosessualità e altre volte sotto forma di eterosessualità.
Tra il 1864 e il 1880 Karl Heinrich Ulrichs pubblicò una serie di dodici trattati, che collettivamente intitolò Research on the Riddle of Man-Manly Love. Nel 1867 divenne la prima persona omosessuale autoproclamata a parlare pubblicamente in difesa dell’omosessualità, quando chiese al Congresso dei giuristi tedeschi a Monaco di Baviera una risoluzione che sollecitasse l’abrogazione delle leggi anti-omosessuali.
Sexual Inversion di Havelock Ellis, pubblicato nel 1896, contestava le teorie secondo cui l’omosessualità era anormale, così come gli stereotipi che la definivano, e insisteva sull’ubiquità dell’omosessualità e sulla sua associazione con i risultati intellettuali e artistici.
Magnus Hirschfeld, fece una campagna dal 1897 al 1933 contro le leggi anti-sodomia in Germania.
Nel 1900, Elisar von Kupffer pubblicò un’antologia di letteratura omosessuale dall’antichità ai suoi tempi, Lieblingminne und Freundesliebe in der Weltliteratu . Il suo scopo era quello di ampliare la prospettiva pubblica dell’omosessualità, in modo che non fosse vista semplicemente come una questione medica o biologica, ma anche come una questione etica e culturale.
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Come è stata considerata l’omosessualità nel XX secolo (1900)?
A seguito degli studi di Sigmund Freud e di altri ricercatori, nella prima metà del secolo è nato un nuovo oggetto di studio, la sessualità umana (sessuologia). La ricerca sul sesso è entrata così a pieno titolo tra le scienze sociali e comportamentali, nel tentativo di conoscere questi aspetti della personalità umana, fino ad allora così poco studiati.
Alfred Kinsey ha studiato in modo particolare l’omosessualità, scoprendo che questi comportamenti erano un modello frequente nell’adolescenza, sia tra i maschi, sia tra le femmine. Il rapporto Kinsey, del 1948, ad esempio, riferiva che il 30 per cento dei maschi adulti americani aveva avuto qualche attività omosessuale nel corso della vita e che il 10 per cento era stato esclusivamente omosessuale per un periodo di almeno tre anni tra i 16 e i 55 anni. Circa la metà delle donne nello studio riferivano attività prevalentemente omosessuali.
Tuttavia, i metodi di ricerca e le conclusioni di Kinsey sono stati molto criticati e ulteriori studi hanno prodotto risultati alquanto diversi e variabili. Una serie di indagini più recenti, riguardanti il comportamento prevalentemente omosessuale e il contatto sessuale tra persone dello stesso sesso in età adulta, ha prodotto risultati sia superiori che inferiori rispetto a quelli identificati da Kinsey.
Kinsey fu comunque il primo a capire che era impossibile classificare le persone in termini assoluti come omosessuali o eterosessuali, o bisessuali e pertanto costruì una scala , in cui gli orientamenti esclusivi di entrambi i tipi costituiscono gli estremi. La maggior parte delle persone poteva essere identificata in un punto su entrambi i lati del punto medio dello spettro, con i bisessuali (coloro che rispondono sessualmente a persone di entrambi i sessi) situati nel mezzo.
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Da quando esiste e cosa si intende, oggi, con il termine omosessualità?
Il termine “omosessualità” è stato coniato alla fine del XIX secolo da uno psicologo ungherese di origine austriaca, Karoly Maria Benkert. Con questo termine si intende interesse sessuale e attrazione verso persone del proprio sesso.
Cosa ha determinato, al giorno d’oggi, una maggiore accettazione dell’omosessualità?
L’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità è molto cambiato al giorno d’oggi, grazie anche a un accresciuto attivismo politico (movimento per i diritti delle persone LGBT ) e agli sforzi degli omosessuali per essere considerati non come personalità devianti, ma come diversi dagli individui eterosessuali solo nel loro orientamento sessuale.
Un’altra ragione storica è che dopo le lotte femministe e la rivoluzione sessuale degli anni sessanta e settanta, con il declino dei divieti contro il sesso a scopo ludico, anche al di fuori del matrimonio, è diventato più difficile argomentare contro il sesso gay.
Da quando sono iniziate le lotte per i diritti civili degli omosessuali?
Le rivolte di Stonewall furono una serie di violenti conflitti tra gli agenti di polizia di New York City e gli avventori dello Stonewall Inn, un ritrovo gay nel Greenwich Village. La rivolta iniziò venerdì 27 giugno 1969, durante un’irruzione di routine della polizia, quando donne e uomini trans, uomini gay, lesbiche, lavoratori del sesso, combatterono contro la polizia nello spirito dei movimenti per i diritti civili dell’epoca.
La rivolta terminò la mattina del 28 giugno, ma manifestazioni minori si verificarono nel quartiere per il resto della settimana. All’indomani delle rivolte, si formarono molte organizzazioni per i diritti dei gay come il Gay Liberation Front (GLF), furono creati club gay in ogni grande città e un quarto di tutti i campus universitari organizzò gruppi per ragazzi gay e lesbiche (Shilts, 1993). Le grandi comunità urbane gay nelle città, da costa a costa, diventarono la norma. Un anno dopo si tenne la prima marcia del Gay Pride, in occasione dell’anniversario della rivolta.
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Come ha reagito il mondo della psicologia a questi cambiamenti sociali?
L’American Psychiatric Association rimosse, dopo pochi anni, l’omosessualità dal suo elenco ufficiale dei disturbi mentali.
Come era considerata l’omosessualità in ambito scientifico, prima di questi eventi?
Dal 1973, “l’omosessualità ego-sintonica” (la condizione di una persona soddisfatta della propria omosessualità) venne tolta dall’elenco delle malattie mentali; l’ICD dell’OMS, ovvero la classificazione internazionale delle malattie, che riguarda sia la salute fisica sia la salute mentale, invece, non ha rimosso l’omosessualità come malattia fino all’inizio degli anni ’90. Vi furono, infatti, molte resistenze, prima di avviare il cambiamento, nella convinzione che l’omosessualità si potesse curare, attraverso la “terapia riparativa”.
Cosa si intende per “terapia riparativa”?
Alcuni gruppi religiosi hanno sostenuto (e ancora sostengono) la terapia riparativa, nel tentativo di “curare “omosessualità: attraverso la preghiera, la psicoterapia e la modifica del comportamento sessuale (avere rapporti forzati col sesso opposto). La terapia riparativa non è considerata scientificamente valida in quasi tutti i paesi del mondo.
Come viene considerata l’omosessualità nel mondo occidentale?
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Dr. Giuliana Proietti
ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI E ONLINE
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Fonti principali:
Stanford University
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)
mail: g.proietti@psicolinea.it
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