Sesso e punizioni: condanne per reati sessuali
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Nella vita sessuale le cose cambiano da epoca a epoca. Cambiano dunque anche i reati sessuali e le punizioni ad essi associate.
In tutte le epoche si tende a ritenere che le regole sociali, familiari, sessuali, siano eterne. Invece, la storia mostra chiaramente che ciò che è considerato normale in un determinato momento o in un determinato luogo, è un tabù in un altro.
Eric Berkowitz ha pubblicato un libro (in inglese, non tradotto in italiano) in cui scrive proprio questo:
“il divertimento innocuo di una società può diventare il più grave delitto in un’altra.”
Come scrittore e avvocato, Berkowitz ha una certa sensibilità per individuare leggi che possono apparirci oggi ridicole e comprendere il significato storico che esse possono aver avuto in determinate società.
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Tutte le civiltà antiche si sono impegnate nel controllo della vita sessuale delle persone”, scrive Berkowitz, tanto che leggi spesso complicate sono state costruite intorno ai concetti di mestruazioni, verginità, ed altri aspetti della sessualità femminile. Nel libro tuttavia si parla anche della mancanza di leggi, come un caso di stupro avvenuto nel 1859 su una ragazza nera di 10 anni: non era nemmeno illegale, in quanto il reato di stupro non riguardava all’epoca “gli schiavi africani”.
Si scopre ad esempio nel libro che le cerimonie religiose per le unioni omosessuali maschili venivano eseguite nelle chiese di tutto il Mediterraneo, prima del Medio Evo. I sacerdoti usavano le stesse preghiere e gli stessi rituali sia per le unioni omosessuali che eterosessuali.
Quella che segue è la sintesi di un interessante capitolo del libro di Berkowitz che parla, diremmo oggi, del disturbo di identità di genere.
Forse perché la Bibbia ignora le relazioni femminili dello stesso sesso, o forse perché gli uomini non riescono ad immaginare che le donne possano provare il piacere sessuale senza di loro, le relazioni lesbiche sono state in gran parte ignorate fino al Rinascimento, quando i tribunali hanno iniziato a punire le donne vestite come gli uomini così come coloro che “usavano strumenti artificiali” per fare sesso.
Nel Settecento l’amore lesbico non era considerato morale, a meno che le due donne coinvolte non fossero di famiglia rispettabile. Tra le classi più elevate, le relazioni lesbiche non erano neanche possibili da immaginare. Le donne potevano abbracciarsi, dormire insieme, scriversi lettere appassionate, e questo era nobile, ma fare l’amore era una questione del tutto diversa. Si riteneva allora che solo i mariti potessero infatti soddisfare sessualmente le donne, che erano considerate creature sessualmente “intorpidite”. I giudici inglesi, si evince dai loro scritti, ammettono che le donne “orientali” o “indù” avrebbero potuto agire in modo diverso, ma certamente questo non riguardava le donne del mondo “civilizzato”.
Quando Marianne Woods e Jane Pirie, scozzesi non sposate e titolari di un elegante convitto per ragazze, nel 1811 furono accusate di un atteggiamento “improprio e criminale” l’una verso l’altra, i genitori decisero di ritirare dalla scuola tutte le loro figlie, rovinando per sempre le due amanti. Ad accusarle era stata una studentessa, la nipote di Dame Helen Gordon Cumming. La ragazza, che aveva condiviso la camera con Miss Pirie, aveva riferito di essere stata svegliata da Miss Woods, la quale era salita sopra a Miss Pirie “scuotendo” il letto. Miss Pirie non era apparsa affatto turbata dall’incursione notturna e si era rotolata sul letto con la sua amica in un abbraccio “venereo”. La ragazza riferì inoltre di aver sentito frasi come “Oh, fallo cara” e suoni simili ad un dito immerso nel collo di una bottiglia bagnata.
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Lady Gordon scrisse lettere agli altri genitori, sostenendo che le loro figlie erano in “grave pericolo” in quella scuola. Pirie e Woods scrissero un libello contro la Gordon per cercare di recuperare la dignità e la reputazione perdute. Centinaia di trascrizioni provano che le due donne alla fine vinsero la causa, non perché non avessero una relazione sessuale fra loro – l’avevano! – ma in quanto i giudici non potevano accettare l’idea che due grandi lavoratrici, appartenenti alla classe media, potessero realmente aver avuto un rapporto sessuale fra loro.
La corte ritenne che la posta in gioco fosse molto più grande delle fortune personali delle due direttrici della scuola. Per uno dei tre giudici, Lord Meadowbank, il caso avrebbe finito per riguardare tutte le donne britanniche di buona formazione, mettendo a rischio la famiglia ed il rapporto fra marito e moglie.
Un mondo in cui le donne avrebbero potuto soddisfarsi fra di loro faceva paura, per questo si preferiva pensare che potevano esservi reali rapporti sessuali solo se uno dei due partners era un uomo. Se una donna abbraccia un’altra donna, si disse, questo non significa nulla! Senza l’utilizzo di un fallo, non poteva esserci sesso: due donne potevano andare a letto insieme, avere dunque un comportamento licenzioso, ma senza l’intervento di qualcosa di “maschile”, non c’era nulla di illegale. Il risultato del caso Pirie / Woods sarebbe stato dunque diverso se una delle due donne avesse assunto un ruolo maschile, sia indossando abbigliamento maschile o attraverso un sostituto del pene.
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Ai nostri tempi nessuno avrebbe potuto credere che la Pirie e la Woods fossero asessuate; a quel tempo invece i giudici pur avendolo ben compreso, si rifiutarono di accettare per buona una tale realtà. Lillian Hellman nel 1934 tentò di mettere in scena un adattamento della storia per Broadway The Children’s Hour, in cui si parlava di un rapporto fisico tra le due donne, ma lo spettacolo fu vietato in numerose città. Solo nel 1961 fu possibile rappresentare questa storia al cinema.
Altra storia. Nel 1746, il dottor Charles Hamilton fu condannato nel Somerset per truffa e vagabondaggio, in quanto si era spacciato per ciò che non era: un uomo. Come ampiamente riportato dalle cronache infatti, Hamilton era in realtà una donna, di nome Mary Hamilton. Per il reato di aver ingannato un’altra donna ed aver con lei contratto matrimonio, la Hamilton fu pubblicamente frustata sulla schiena, “quasi scorticata” e poi messa in prigione per sei mesi.
La vita criminale della Hamilton era cominciata nei suoi anni dell’adolescenza, quando si era innamorata di una ragazza vicina di casa. Un giorno però la sua amata si sposò con un uomo e lei, inconsolabile, cercò un definitivo cambiamento di vita. Si trasferì dunque a Dublino, dove cominciò una seconda vita come insegnante maschio e metodista, periodo in cui corteggiò le donne locali.
Quando aveva circa diciotto anni, conquistò l’amore di una donna di 68, vedova di un commerciante di formaggio. La coppia si sposò, e lei continuò a svolgere il suo ruolo maschile, in un modo, dice un redattore del tempo “che la decenza mi impedisce di menzionare”. L’ex vedova però un giorno si accorse che suo marito era in realtà una donna e non un uomo. La Hamilton ricevette dunque una somma di denaro dalla ex moglie e fu cacciata dalla città.
In seguito la Hamilton incontrò Mary Price, una ragazza di 18 anni. Due giorni di corteggiamento la portarono a due mesi di matrimonio. A quanto pare la Hamilton, per soddisfare la moglie, utilizzava un dildo. Il matrimonio era considerato sessualmente soddisfacente per la Price e tutto andava per il meglio, fino a che una vecchia conoscenza della Hamilton scoprì il fatto e denunciò la trans. La ragazza cercò in un primo tempo di difendere la mascolinità del marito, ma poi dovette ammettere di essersi sbagliata e per questo fu dileggiata dai suoi concittadini.
Sembra che la Hamilton avesse ingannato allo stesso modo quattordici donne, ma la legge inglese non puniva allora esplicitamente la sodomia femminile. La normativa sulla sodomia risaliva infatti ad Enrico VIII (1533) e si occupava solo dei rapporti sessuali tra uomini e tra uomini e animali. Le donne non venivano menzionate. Non si sapeva dunque di cosa incolpare la Hamilton per cui fu accusata di vagabondaggio ovvero di aver “cercato con pratiche false e ingannevoli di imporsi sui cittadini di Sua Maestà”.
La gravità del caso fu rafforzata dalla scoperta di un oggetto “vile, scandaloso e di natura malvagia” nel suo baule. Evidentemente un dildo, che era stato infilato “più volte” nel corpo della ignara Mary. La Hamilton fu condannata con la pena massima prevista per il reato di vagabondaggio. Assumendo una identità maschile sessualmente aggressiva, aveva usurpato la prerogativa maschile della penetrazione, che come abbiamo visto era considerata la base dell’atto sessuale.
Un’altra storia viene invece dalla Germania, dove la “sodomia femminile” dal 1532 era considerata un reato che prevedeva la pena capitale. Ne fece le spese Catharina Linck, la quale fu bruciata, nel 1721, per essersi sposata con un’altra donna, Catharina Muehlhahn. Prima di fare questo la Linck era stata predicatore e soldato in tre eserciti, assumendo non meno di nove diverse identità maschili, si apprende dai documenti del processo ritrovati in Sassonia.
La Linck era cresciuta in orfanotrofio, dove veniva vestita da maschio, al fine di condurre una vita di castità. Presto divenne una fanatica religiosa, tanto da punirsi colpendo la testa contro i muri. Viaggiò per un paio d’anni dedicandosi alla predicazione e all’arte della divinazione, anche se le sue predizioni non sempre si materializzavano: ad esempio quando una volta invitò due uomini a camminare sull’acqua ed essi affogarono. La Linck fuggì di nuovo e scelse di dedicarsi all’allevamento dei maiali, per poi arruolarsi nell’esercito come moschettiere di Hannover. Tre anni dopo disertò.
Entrò nell’esercito polacco. Il suo reggimento fu catturato dalle truppe francesi, ma lui/lei riuscì a fuggire. In seguito, per un anno fece il mercenario per l’esercito tedesco. La Linck si era modellata da sola un pene di cuoio cui aveva aggiunto due testicoli ripieni, costruiti con la vescica di un maiale. Lo strumento sessuale, tenuto in zona con una cinghia di cuoio, venne da lei usato con una serie di donne: giovani, vedove e prostitute.
Stanco/a della vita militare, si dedicò alla tintura di vestiti, e fu in questa veste che incontrò Muehlhahn, che poi sposò. Dopo il matrimonio, qualcuno accusò Linck di avere già una moglie e dei figli, ma attraverso documenti e due testimoni lui/lei poté dimostrare che si trattava di una falsa accusa. Gli sposi continuarono dunque a vivere insieme, e più tardi Muehlhahn avrebbe detto che la loro vita sessuale era attiva e soddisfacente, nonostante il dolore che a volte sentiva a causa delle dimensioni del pene del marito. La loro vita insieme fuori dal letto aveva avuto invece minore successo. I soldi erano sempre pochi , e ben presto i coniugi dovettero finire a chiedere l’elemosina. Linck inoltre picchiava spesso la sua Muehlhahn.
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Una notte, mentre dormiva accanto a Linck, Muehlhahn guardò da vicino il marito e scoprì la verità. Linck la pregò di mantenere il suo segreto. Muehlhahn in un primo tempo accettò, a patto che non l’avesse più molestata con quello strumento. Sua madre però, che da tempo nutriva sospetti sul genero, con l’aiuto di un’altra donna, sequestrò gli “organi genitali del marito”, che furono portati in tribunale, come prove,
I difensori di Linck cercarono tutte le attenuanti: la Bibbia vietava solo atti innaturali tra uomini e animali, inoltre che sodomia poteva esserci se non vi era sperma? Ma i giudici ritennero che il vizio fosse sempre lo stesso, anche se le donne potevano solo “sfregarsi oscenamente le carni”. Dunque, la Linck fu condannata a morire sul rogo, per soddisfare così sia la legge degli uomini che quella divina. Del resto Dio non aveva punito i sodomiti con una pioggia di fuoco e zolfo? La povera Muehlhahn, considerata una “sempliciotta” fu incarcerata per tre anni, poi esiliata.
A cura di Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Fonti:
Sex and Punishment: Four Thousand Years of Judging Desire exclusive excerpt, Boingboing.net
SEX AND PUNISHMENT: Four Thousand Years of Judging Desire, Boston Globe
Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere
Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
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Foto di Fifaliana Joy da Pixabay
A33
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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