Condizione gay: omofobia e pregiudizi
Le resistenze culturali e sociali verso una piena accettazione della condizione gay, i pregiudizi nei confronti del “diverso da sé”, permeano a tutt’oggi, sebbene in misura meno rigida, l’ambiente in cui un adolescente o un giovane con impulsi e vissuti omosessuali è inserito ed attraversa il suo percorso evolutivo.
L’omofobia, ovvero quell’insieme di atteggiamenti di rifiuto, squalifica ed etichettamento, che induce ad agire poi comportamenti discriminatori nei confronti delle persone gay, condiziona quotidianamente il tessuto sociale e le strutture portanti della società, quindi la famiglia, le istituzioni scolastiche, l’ambiente di lavoro, le associazioni religiose e sportive, ecc.
Una diffusione così ampia dell’omofobia, che credo ritroviamo purtroppo ancora spesso anche nel nostro ambito professionale, fa sì che si arrivi ad una sorta di sua istituzionalizzazione. La permeabilità sociale dell’omofobia ha l’effetto di rafforzare i pregiudizi individuali e limita, di conseguenza, la possibilità di rispettare e sostenere i diritti civili delle persone omosessuali, facilitando la sclerotizzazione di ruoli sociali rigidi e posizioni di emarginazione (Blumenfeld, 1992).
Il sistema familiare in cui un bambino cresce e si sviluppa, prima ancora che l’ambiente più ampio nel quale è inserito, è eterosessuale, e lo spinge e lo costringe verso un modello sessuale categorizzato univocamente e quindi inevitabilmente mutilato (cf. Mieli, 1977).
La famiglia tradizionale può disapprovare le manifestazioni, le condotte e le pratiche che si allontanano da una prospettiva sessuale e relazionale “riduzionista”, o sentirsi quantomeno disorientata di fronte ad esse, se non nei casi in cui i genitori hanno maturato una propensione ad accettare ogni forma di diversità e peculiarità dei figli.
Il sistema scolastico non promuove programmi di educazione al rispetto delle diversità, né momenti di educazione socioaffettiva sulla questione omosessuale, per cui ragazzi ed adolescenti gay vivono ancora troppo di frequente una condizione di mancata accoglienza ed integrazione nei contesti educativi (cf. Pietrantoni, 1999). La legislazione italiana è ancora molto lontana dal dare attuazione alle indicazioni contenute nella risoluzione del Parlamento Europeo del 1994 sulla parità dei diritti delle persone omosessuali.
Un fenomeno che si può osservare con estrema frequenza nei gruppi e negli individui gay è l’introiezione dell’omofobia, l’ingoiare in maniera acritica e passiva, nel corso del processo di crescita e socializzazione, le posizioni di pregiudizio presenti nell’ambiente.
L’introiezione omofobica condiziona marcatamente per l’individuo omosessuale non solo un processo sano e spontaneo di coming out, ma più in generale una chiara consapevolezza di sé, la possibilità di orientarsi adeguatamente nell’ambiente e di far sentire attivamente, ed anche con una dose di sana aggressività, la propria presenza.
Un gay, ed in particolare un adolescente ancora confuso ed incerto rispetto alle proprie sensazioni interiori, nell’incontrare al confine di contatto (Perls et al., 1997, op. cit., 37-46) un ambiente familiare e sociale che percepisce ostile e squalificante, in una fase evolutiva ancora delicata e significativa, si trova spesso costretto ad adottare un adattamento creativo che limita le sue capacità espressive, di realizzazione piena, di integrazione sociale (Singer, 1998).
Una recente raccolta di saggi curata da Fabiano Bassi e Pier Francesco Galli, L’omosessualità nella psicoanalisi (2000), mostra quanto sia stato e possa essere ancora diffuso tra gli psicoanalisti un atteggiamento di aperta, o a volte più sottile, omofobia, malgrado una originaria concettualizzazione freudiana non così rigida e chiusa nei confronti di questo tema (cf. Freud, 1970, ed. or. 1905; Freud, 1960).
Una forma indiretta e mascherata di pregiudizio omofobico, riconoscibile in numerosi psicologi e psicoterapeuti, è la tendenza ad omologare i vissuti ed i comportamenti omosessuali a quelli eterosessuali, ricorrendo ad una pre-comprensione che prescinde da una conoscenza diretta e scevra da pregiudizi del mondo omosessuale.
Le affermazioni del tipo: “Le dinamiche di coppia gay sono del tutto simili a quelle delle coppie etero”, la negazione o la scarsa conoscenza di una realtà e di una cultura gay che possiedono specificità, il disconoscimento anche velato dei valori positivi che gli individui e i gruppi omosessuali possono apportare al contesto sociale, il sostenere eccessivamente la paura della persona gay di rendersi visibile, possono essere visti tutti come atteggiamenti impregnati di omofobia, condizionanti la possibilità di offrire un sostegno terapeutico adeguato.
In questi casi si rischia fortemente, anche in modo inconsapevole, di indirizzare il cliente gay verso una sorta di ulteriore limitazione delle capacità di esprimere se stesso e comunque di iperadattamento introiettivo.
La posizione di intolleranza di una buona fetta di psicoanalisti e di alcuni psicoterapeuti finisce per potenziare quella concezione piuttosto diffusa, specie nelle culture occidentali, che tende a far coincidere “sessualità” con “eterosessualità”, “desiderio erotico” con “procreazione”, e a ritenere l’omosessualità come una categoria a parte ed impropria della sessualità, se non come perversione ed immoralità.
Questa visione quantomeno riduttiva, che non tiene presente che la procreazione è solo un aspetto di un fenomeno ampio, complesso e ricco di sfumature, qual è il desiderio sessuale, rientra in un quadro più generale di repressione sociale delle pulsioni sessuali non così chiaramente connotate in termini “utilitaristici”, e snatura la sessualità dei suoi momenti più spontanei, vitali, liberatori, e come tali più pienamente riconducibili ad un incontro profondo ed intimo con il partner.
Giuseppe Iaculo
Questo articolo è un breve estratto della prima parte del libro di Giuseppe Iaculo Le identità gay. Dieci conversazioni con noti uomini gay ed un saggio introduttivo sul processo di coming out, Edizioni Libreria Croce, Roma, 2002. Nel testo vengono approfonditi con un taglio fenomenologico, anche attraverso il frequente ricorso alla letteratura, alla poesia, a casi clinici, a stralci di interviste e alle lettere di giovani gay trovate in rete, le varie fasi del processo di coming out, ossia dell’accettazione e del disvelamento dell’identità gay, le basi teoriche della psicoterapia della Gestalt e il rapporto che questo approccio ha avuto ed ha con il tema “omosessualità”. Viene inoltre esplorato il problema del pregiudizio omofonico nei diversi indirizzi psicoterapeutici. Un ampio spazio è destinato al momento del venire allo scoperto in famiglia. La seconda parte del libro raccoglie delle interviste con uomini gay noti accomunati dalla scelta di una piena visibilità e che hanno accettato di narrare i percorsi evolutivi che li hanno condotti a vivere serenamente la loro omosessualità. Per il libro si consulti il sito www.edizionicroce.com. Leggi su psicolinea ‘ IDENTITA’ GAY’ -dello stesso Autore
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Il Dr. Giuseppe Iaculo, nato nel 1961, è psicologo, psicoterapeuta e didatta di psicoterapia della Gestalt dell’Istituto di Gestalt H.C.C., supervisore, autore di varie pubblicazioni nel campo della psicologia sociale e clinica. Ha partecipato come relatore e trainer a numerosi congressi ed incontri di ricerca in ambito nazionale ed internazionale. Si è interessato al tema della rappresentazione sociale della “malattia mentale”; alla lettura gestaltica del “narcisismo”, delle “sindromi borderline” e della psicosomatica; alla funzione riparativa e politica delle esperienze di psicoterapia di gruppo. I suoi scritti sono stati pubblicati su riviste specialistiche in lingua italiana, inglese e russa. È autore del testo Le identità gay. Dieci conversazioni con noti uomini gay ed un saggio introduttivo sul processo di coming out (2002). Esercita privatamente la professione a Roma e a Caserta.