Marilyn Monroe: il Mito, La Fragilità e La Lotta contro la Depressione
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Marilyn Monroe è ricordata non solo come una delle più grandi icone di Hollywood, ma anche come un simbolo della vulnerabilità umana dietro il glamour e il successo. Cerchiamo di conoscerla meglio.
Infanzia e adolescenza (1926-1942)
Marilyn Monroe, il cui vero nome era Norma Jeane Mortenson, nacque il 1 giugno 1926 a Los Angeles, presso il General Hospital.
Ebbe una infanzia difficile: il padre, di cui non si conosce l’identità, morì in un incidente d’auto e la madre, Gladys Pearl Baker, oltre a trovarsi in una situazione finanziaria piuttosto critica, soffriva di disturbi psichici ed entrava ed usciva continuamente da istituti manicomiali.
Al tempo Marilyn era ancora molto piccola e fu lasciata crescere tra orfanotrofi e famiglie affidatarie, vivendo esperienze di abbandono e isolamento.
Questa mancanza di una figura materna stabile e affettuosa segnò profondamente la giovane Monroe, contribuendo a una costante ricerca di approvazione e amore nella sua vita adulta.
Primo matrimonio: James Dougherty
Durante l’adolescenza, a 16 anni, Norma Jeane si sposò con il ventunenne James Dougherty, un matrimonio che rappresentava più una via di fuga dalla solitudine che una scelta consapevole. A quel tempo la futura icona di bellezza lavorava come operaia presso una fabbrica di paracaduti.
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Primi anni come modella
Fu l’incontro con il fotografo David Conover a cambiarle la vita. Conover stava infatti preparando un servizio fotografico per documentare il contributo delle donne all’economia americana nel periodo bellico. Ritrasse la giovane Norma Jeane: fu questo piccolo successo a convincere la fino ad allora sfortunata ragazza a cercare il successo come modella.
Con il fotografo André de Denes, riuscì ad ottenere le prime copertine su alcune riviste. Cominciò anche a fare la comparsa in alcuni film. Norma Jeane era però una persona molto impacciata: mancava di cultura e preparazione (non aveva conseguito un titolo di studio e l’unico corso di recitazione che aveva seguito era per corrispondenza). Spesso le capitava perfino di balbettare.
Primi anni a Hollywood (1943-1949)
A venti anni, dopo il divorzio da Dougherty, nel 1946, Norma Jeane si tinse i capelli biondo platino e cambiò il suo nome in Marilyn Monroe (Monroe era il cognome da ragazza di sua madre).
Con la firma di un contratto con la 20th Century Fox, iniziò a ottenere piccoli ruoli in vari film. Poiché il successo stentava ad arrivare, Marilyn pensò in un primo tempo di abbandonare il cinema, ma prima di farlo definitivamente, provò a frequentare dei corsi di recitazione, che si pagò attraverso grandi sacrifici e occasionali servizi fotografici, in cui posava nuda.
Fu un periodo di crescita professionale, ma la sua fragilità emotiva era già evidente. Iniziarono le prime difficoltà psicologiche, con episodi di depressione e ansia.
La sua grande occasione arrivò con una piccola parte in un film del comico Marx, che durava solo un minuto. John Huston la notò in questo film e la scritturò per un piccolo ma significativo ruolo nel thriller Giungla d’asfalto (Asphalt Jungle) nel 1950. Subito dopo, con Eva contro Eva (All about Eve), raggiunse la notorietà: Marilyn aveva 24 anni.
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Successo (1950-1954)
Tra il 1950 e il 1954, Marilyn Monroe divenne una delle attrici più famose di Hollywood.
Nel 1952 ottenne il suo primo ruolo da protagonista in “La tua bocca brucia” e nel ’53 in “Niagara“, al fianco di Joseph Cotten. Lo stesso anno recitò in “Come sposare un milionario” e “Gli uomini preferiscono le bionde“; l’anno successivo arrivarono “La magnifica preda” e “Quando la moglie è in vacanza” .
Questi film consolidarono la sua immagine di sex symbol. In questo periodo, però, iniziò a manifestare una profonda ambivalenza verso la sua immagine pubblica. Da una parte, sfruttava la sua bellezza per ottenere ruoli di successo, dall’altra sentiva di essere sottovalutata come attrice e come persona.
Secondo matrimonio: Joe Di Maggio
Il 14 gennaio 1954 Marilyn, al massimo del successo, sposò il giocatore di baseball, Joe Di Maggio: il matrimonio durò appena 9 mesi e il 27 ottobre dello stesso anno i due divorziarono per “incompatibilita’ di carriere”.
Joe Di Maggio fu l’unico suo grande amore, ma era un tradizionalista e voleva una moglie fedele, devota, ecc. come nella tradizione italiana. Marilyn non sentiva di essere questo tipo di donna. Il matrimonio con il famoso giocatore attirò grande attenzione mediatica: le tensioni tra il desiderio di Di Maggio di una vita privata e la continua esposizione mediatica della Monroe portarono al divorzio dopo solo nove mesi.
Terzo matrimonio: Arthur Miller
Marilyn conobbe poi il commediografo Arthur Miller, con il quale si sposò nel 1956. Il drammaturgo non la reputava molto intelligente e non la rendeva partecipe della sua vita intellettuale. Per Marilyn, invece, Miller era un importante punto di riferimento intellettuale.
Forse anche per questo motivo, nel tentativo di migliorare le sue abilità di attrice, Marilyn si iscrisse all’Actors Studio di Lee Strasberg a New York. Qui, si dedicò con impegno al metodo di recitazione di Strasberg, cercando di affinare il suo talento per distaccarsi dall’immagine superficiale che Hollywood le aveva imposto.
Miller era attratto dall’idea di “salvare” Marilyn, vedendo in lei una donna che aveva bisogno di essere protetta e guidata. In parte, il loro rapporto rifletteva una dinamica tipica di molte relazioni, in cui un partner cerca di “aggiustare” o “curare” l’altro. Monroe era affetta da insicurezze profonde e da una costante ricerca di amore e approvazione, e Miller, con la sua intelligenza e stabilità emotiva apparente, pensava forse, facendole da Pigmalione, di poterle fornire la sicurezza di cui aveva bisogno.
La relazione con Miller era tuttavia costellata di conflitti emotivi e tensioni personali. Nonostante i loro tentativi di trovare un equilibrio, il peso delle loro rispettive difficoltà personali e della pressione pubblica rese impossibile per loro mantenere una relazione duratura.
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Depressione
Parallelamente, il suo stato psicologico peggiorò. La Monroe soffriva di una fragilità emotiva che si manifestava in un profondo senso di insicurezza. Nonostante il successo e la fama, sentiva spesso di non essere all’altezza, combattendo costantemente con l’immagine che Hollywood e il pubblico avevano costruito intorno a lei. Questa dicotomia tra la “bomba sexy” pubblica e la persona fragile e insicura nel privato alimentava il suo senso di alienazione.
La Monroe soffriva di depressione e ansia. La sua depressione può essere attribuita in primo luogo al trauma dell’infanzia, che ebbe un impatto devastante sulla sua psiche: i senso di abbandono e solitudine maturati in quel periodo, nonostante la fama, continuarono a perseguitarla per tutta la vita.
La Monroe, peraltro, ebbe anche diversi aborti spontanei, che aggravarono ulteriormente la sua depressione.
Gli episodi depressivi di Marilyn erano caratterizzati da sintomi classici come tristezza profonda, apatia, insonnia e un crescente senso di inutilità.
Spesso sentiva di non essere all’altezza delle aspettative del pubblico e dell’industria cinematografica, nonostante la sua innegabile popolarità. Questo contrasto tra l’immagine di una donna forte e affascinante e il suo senso di insicurezza interna fu una delle principali fonti del suo malessere. La Monroe lottava con un profondo senso di inadeguatezza e con il timore di essere considerata solo per il suo aspetto fisico, piuttosto che per le sue abilità di attrice: era estremamente autocritica e temeva di essere percepita come “superficiale”, alimentando la sua ansia e i sentimenti di vuoto.
Esperienza imprenditoriale
Nel 1957 l’attrice provò a fondare una sua casa di produzione cinematografica, la Marilyn Monroe Productions e girò un film, “Il Principe e la ballerina” al fianco di Laurence Olivier, che però fu un fiasco al botteghino. Con questo tentativo di affermarsi come attrice seria, studiando all’Actors Studio e come imprenditrice, fondando la propria casa di produzione, la Marilyn Monroe Productions, evidenziò il suo desiderio di sfuggire alle limitazioni imposte dall’industria e cercò di prendere in mano il controllo della sua carriera e della sua immagine pubblica. Purtroppo questa esperienza fu un fallimento.
Apice della carriera e declino (1960-1962)
Chiusa l’esperienza imprenditoriale, la Monroe tornò a fare l’attrice, ritrovando il successo con “A qualcuno piace caldo“. Nel 1961 girò Gli Spostati (The Misfits), appositamente scritto per lei dal marito Arthur Miller.
Il film parlava di una donna bella e fragile la quale si innamorava di un uomo molto più anziano. La sceneggiatura era chiaramente basata sul suo travagliato matrimonio con Monroe.
Girato nei deserti del Nevada, la temperatura sul set era in genere insopportabilmente calda. Il regista, John Huston, si dice che trascorse gran parte di questo periodo furiosamente ubriaco. L’attore Clark Gable morì per un attacco di cuore meno di una settimana dopo la fine della produzione. A questo si aggiunga che la Monroe aveva assistito personalmente all’innamoramento del marito, che era sul set, per la fotografa Inge Morath.
Pochi mesi dopo, la star del cinema, emotivamente esausta, fu ricoverata presso la Payne Whitney Psychiatric Clinic di New York. I quattro giorni trascorsi nel reparto di psichiatria si rivelarono tra i più dolorosi della sua vita.
Fu il secondo marito, Joe DiMaggio, che la fece rilasciare, nonostante le obiezioni dello staff medico.
Il divorzio da Miller nel 1961 segnò un ulteriore crollo emotivo per Monroe, dal momento che Miller rappresentava per lei una figura intellettualmente e affettivamente rassicurante.
Nel 1962 Marilyn ricevette il Golden Globe per la categoria “World Film Favorite” confermando fama e riconoscimento mondiali. L’industria cinematografica iniziava però a considerarla inaffidabile a causa dei ritardi, delle assenze sul set e delle difficoltà a completare le riprese.
Venne infatti licenziata dal set del film “Something got to give” a causa dei continui ritardi, delle crisi isteriche, dell’ubriachezza.
Flirt
Marilyn cominciò a passare da un amore all’altro. Ebbe un flirt con John Kennedy, che la lasciò al fratello Bob quando fu eletto Presidente degli Stati Uniti. La Monroe, tra l’altro, ammirava molto Kennedy e pensava che fosse un grande politico, destinato a cambiare gli Stati uniti come aveva fatto Roosevelt negli anni ’30.
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Dipendenze
La pressione della vita pubblica e le difficoltà emotive la portarono a ricorrere sempre di più a farmaci per l’insonnia e per l’ansia. La Monroe sviluppò una dipendenza dai farmaci che le venivano prescritti, come barbiturici e sonniferi, usati per gestire l’insonnia e l’ansia, che contribuì a creare un circolo vizioso: la dipendenza peggiorava la sua depressione, mentre la depressione la portava a fare un uso sempre più frequente di farmaci.
Psicoanalisi
Nel tentativo di affrontare le sue difficoltà, Marilyn fece ricorso a diverse forme di terapia, inclusa la psicoanalisi, un trattamento che divenne molto popolare tra le star di Hollywood negli anni ’50 e ’60. L’idea di andare in terapia le venne da un consiglio di Lee Strasberg, il quale le stava insegnando il metodo di recitazione. L’idea era che gli attori potessero scavare nel profondo delle loro anime per usare i drammi emotivi del passato nella loro performance teatrale.
La Monroe ebbe cinque psicoanalisti: M.H. Hohenberg, A. Freud, M. Kris, R.S. Greenson e M. Wexler. La Kris si era formata con Sigmund ed Anna Freud, la quale per un certo periodo analizzò lei stessa la Monroe. Anna Freud la descrisse così: “Emotivamente instabile, altamente impulsiva e bisognosa di una continua approvazione dal mondo esterno; non sopporta la solitudine e tende a deprimersi di fronte al rifiuto; paranoica con elementi schizofrenici”.
Quando Marilyn sposò Miller, lui era in analisi da Loewenstein, e quando ebbe una relazione con F. Sinatra, questi era in analisi da Greenson.
Nel 1955, lo psicoanalista Ralph Greenson divenne una figura centrale nella vita di Marilyn. Greenson la seguì per molti anni, cercando di aiutarla a esplorare i conflitti profondi che affondavano le radici nella sua infanzia traumatica e nella sua sensazione di vuoto affettivo. Con lui Marilyn ebbe una relazione profonda, ossessiva, romantica, ma non sessuale. Marilyn lo chiamava il suo “Gesù”.
Il Dr. Greenson era un ebreo russo, formatosi a Vienna presso la cerchia degli allievi di Freud ed era anche un letterato e conferenziere molto ricercato. A Marilyn permetteva di telefonargli nel cuore della notte, la teneva in seduta dalle 16 alle 20, consentiva che la paziente rimanesse a cena con la sua famiglia e che frequentasse i suoi figli (forse un modo per regalarle l’ambiente familiare che le era mancato).
La terapia oltrepassava chiaramente i confini professionali: Greenson stesso riconobbe di essere diventato eccessivamente coinvolto, portando a una confusione tra il rapporto terapeutico e personale. (E pensare che Greenson aveva scritto un libro di Teoria e pratica psicoanalitica, una sorta di vademecum di regole professionali, che lui stesso aveva regolarmente trasgredite nella cura della paziente Marilyn…)
Per tutti questi motivi lo psicoanalista decise ad un certo punto di allontanarsi dall’attrice, che lo asfissiava con le continue richieste di consulenza e venne in Europa per una vacanza. Marilyn cadde allora nell’abisso: ricominciò a frequentare Frank Sinatra e suoi amici mafiosi, cantò Happy Birthday per il presidente Kennedy al Madison Square Garden, drogata e ubriaca, fino all’epilogo che tutti conosciamo.
Morte
La notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962, mentre dormiva, Marilyn Monroe morì, all’eta’ di 36 anni, apparentemente suicida, nella sua casa, per un’ overdose di barbiturici. Il suo corpo fu trovato nudo e prono nella camera da letto della sua casa di Brentwood (California).
L’autopsia, condotta dal dottor Thomas Noguchi, parlò di avvelenamento da barbiturici e una squadra di psichiatri sentenziò: «suicidio». Il film Something’s Got to Give non fu mai completato a causa della sua morte improvvisa.
Speculazioni sulla morte della Monroe
La morte della Monroe è stata oggetto di molte speculazioni, dal momento che Greenson fu una delle ultime persone a vedere la Monroe e fu il primo a comparire sulla scena quando Eunice Murray, governante e amica dell’attrice, gli telefonò nelle prime ore del mattino, preoccupata per la sorte di Marilyn.
Forse per bizzarra circostanza, quando un’auto in corsa fu fermata a Beverly Hills, poco dopo la mezzanotte di quello stesso giorno, si scoprì che nell’auto c’erano Bob Kennedy, suo cognato e Ralph Greenson. Nel corso degli anni si è valutata l’ipotesi di un omicidio con mandanti John e Bob Kennedy, la mafia, la CIA. Si è anche pensato che Greenson fosse un membro del Partito Comunista Americano, e che avesse usato Marilyn per ottenere informazioni dal presidente Kennedy, con il quale l’attrice aveva una relazione.
Nessuna prova è stata trovata.
Testamento
Nel testamento Marilyn lasciò il 75% del suo patrimonio (circa due milioni di dollari) alla scuola di recitazione di Lee Strasberg, e il 25% alla sua psicoanalista Marianne Kris, oltre ad un fondo per le cure alla madre malata. Venne sepolta al Westwood Memorial Park di Los Angeles.
Alla sua morte i giornali di tutto il mondo accusarono l’ambiente artificiale di Hollywood, che l’aveva creata e poi l’aveva uccisa. Le sue seppur limitate capacità di attrice erano state del tutto ignorate, perché a Hollywood interessava solo il suo corpo ed il suo sfruttamento commerciale.
Quando la dottoressa Kris morì, nel 1980, lasciò la sua percentuale di eredità all’Anna Freud Centre.
Il mito
Marilyn Monroe è diventata un mito per diverse ragioni che vanno oltre la sua bellezza fisica e la sua carriera cinematografica. Il suo status iconico è legato a una combinazione di fattori culturali, simbolici e psicologici che l’hanno resa una figura immortale nella memoria collettiva.
Con la sua figura seducente, i capelli biondo platino e il sorriso enigmatico, Marilyn rappresenta ancora oggi un ideale di bellezza femminile immortalato in innumerevoli fotografie, film e pubblicità.
Il suo mito è radicato in particolare nel contrasto tra la sua immagine pubblica scintillante e la sua fragilità nel privato. Mentre il mondo la vedeva come una dea della bellezza e del glamour, dietro le quinte Norma Jeane soffriva di depressione, ansia e insicurezze profonde.
Ma è il mistero sulla sua morte, a soli 36 anni, per una overdose di barbiturici che ha contribuito enormemente alla costruzione del suo mito. Come altri miti del cinema e della musica morti giovani, come James Dean o Elvis Presley, la sua scomparsa tragica ha rafforzato il fascino della sua figura, alimentando speculazioni e teorie sul suo decesso e contribuendo a mantenerla viva nell’immaginario collettivo.
Inoltre, la sua immagine è stata riprodotta in innumerevoli opere d’arte, dalla celebre serigrafia di Andy Warhol agli omaggi nella moda, nella musica e nelle pubblicità.
Marilyn Monroe è diventata un mito perché rappresenta molto più di un’icona di bellezza: il suo fascino risiede nella complessità della sua vita, nei suoi tormenti, nella sua morte prematura, nel suo continuo bisogno di amore e approvazione. La Monroe è un simbolo di vulnerabilità, bellezza e resistenza, il che spiega perché il suo mito continua ad essere così potente anche diversi decenni dopo la sua scomparsa.
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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