Margaret Fuller: la prima inviata di guerra
Se passeggiate a Roma per Piazza Barberini, lato Via Sistina, vedrete una targa che ricorda una straordinaria donna, che visse per qualche tempo proprio in quel palazzo: Margaret Fuller. Una targa simile la si può trovare anche a Rieti. Chi era questa donna americana dell’ottocento, venuta a vivere in Italia? Perché queste lapidi, anche se sono veramente poche le persone che sanno qualcosa di lei?
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Infanzia e Istruzione
Sarah Margaret Fuller Ossoli nacque, prima di nove figli, il 23 maggio 1810 a Cambridgeport, vicino a Boston, nel Massacchussets, da Margaret Crane e Timothy Fuller. Il padre era un avvocato ed in seguito divenne anche un importante uomo politico. Alla piccola Margaret, sin dall’infanzia, fu imposta una ferrea disciplina: per molte ore al giorno doveva studiare materie particolarmente difficili, non adatte alla sua età, come i classici latini e greci, che poi la sera doveva recitare al padre. Non sorprende che la Fuller racconti questo periodo definendosi “vittima di spettrali illusioni, incubi, mal di testa, sonnambulismo” e priva di “una infanzia naturale”.
Negli anni dell’adolescenza Margaret frequentò la scuola per ragazze di Miss Prescott a Groton, nel Massachusetts, dove i genitori speravano che la figlia apprendesse dei modi di fare più femminili ed adatti ad una signorina di buona famiglia.
In realtà Margaret si sentiva diversa dalle sue compagne di classe, a causa del suo livello di istruzione, che era senz’altro superiore alla media. Le compagne la giudicavano arrogante e presto la isolarono dal gruppo, coprendola di ridicolo.
A 15 anni Margaret decise di ritirarsi da questa scuola e, nel 1825 tornò a Cambridgeport. L’anno successivo entrò nella locale scuola privata.
Primi Lavori
Nel 1833 Timothy Fuller decise di trasferirsi in una casa di campagna, dove Margaret, ventitreenne, per trascorrere il tempo, cominciò a tradurre libri dal tedesco, dal francese e dall’italiano (imparando da sola queste lingue), oltre che a scrivere per alcuni giornali locali.
Nel 1835 però il signor Fuller morì di colera e la famiglia dovette affrontare una profonda crisi finanziaria, per cui Margaret aiutò la famiglia andando a lavorare come insegnante e continuando a scrivere.
Per due anni insegnò nella scuola di Bronson Alcott, padre dell’autrice di “Piccole donne”, noto per le sue idee innovatrici in pedagogia.
Quando la scuola di Alcott chiuse, la Fuller si trasferì a Boston, dove venne a contatto con intellettuali ‘trascendentalisti’ ed iniziò una relazione con Ralph Waldo Emerson, affiancandolo nel 1840 come co-editore della rivista del movimento trascendentalista ‘The Dial’, una rivista letteraria e filosofica cui collaborava anche Henry David Thoreau.
Una Conferenza sulla Paura
Carriera Giornalistica
La Fuller contribuì a plasmare il contenuto di “The Dial”, promuovendo idee innovative e provocatorie. I suoi saggi riflettevano una profondità di pensiero e una passione per la giustizia sociale che la distinguevano dai suoi contemporanei.
Per circa tre anni Margaret fu critica letteraria per questo giornale, ma in questo stesso periodo cominciò a condurre anche dei corsi per donne che non avevano potuto studiare: a loro insegnava filosofia, diritto, storia dell’arte.
Questi corsi ebbero un grande successo per circa cinque anni. Nel 1843, The Dial pubblicò anche il primo saggio femminista di Margaret : ‘Il grande processo. L’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne’.
Nel 1844, la Fuller accettò l’incarico di critica letteraria per “The New York Tribune”, diventando la prima donna a ricoprire un ruolo editoriale di tale importanza in un grande quotidiano americano.
La sua rubrica era molto apprezzata per la lucidità delle sue analisi e la vastità dei temi trattati, spaziando dalla letteratura alla politica internazionale. In questo periodo la giornalista cominciò a visitare le prigioni, i manicomi, le prostitute, di cui poi scriveva sul giornale.
Il Libro: “Woman in the Nineteenth Century”
Il contributo più significativo della Fuller al femminismo è senza dubbio il suo libro “Woman in the Nineteenth Century”, pubblicato nel 1845. Quest’opera rappresenta uno dei primi trattati americani sui diritti delle donne e la parità di genere.
La Fuller scrisse in questo saggio che una maggiore integrazione della donna nella vita pubblica avrebbe condotto a una femminilizzazione della cultura, il che avrebbe messo fine ad ogni forma di violenza, inclusa l’uccisione degli animali per scopo alimentare (Margaret era anche vegetariana).
La giornalista argomentava con passione e convinzione che le donne dovessero avere accesso all’istruzione e alle stesse opportunità degli uomini, sfidando i ruoli tradizionali di genere e promuovendo un ideale di uguaglianza: queste sue idee avrebbero ispirato generazioni di attiviste.
L’Italia
Dopo due anni di lavoro nella redazione del giornale, nel 1846, si rese necessario inviare un giornalista in Europa, come avevano fatto alcuni giornali concorrenti: ai lettori americani interessava conoscere meglio i celebri intellettuali dell’epoca e le idee libertarie e repubblicane che si andavano diffondendo.
La scelta del New York Tribune cadde sull’unica donna della sua redazione, Margaret Fuller perché, oltre ad essere molto amata dai lettori per la sua capacità descrittiva e la sua vena polemica, conosceva molte lingue europee.
Nel 1846, dunque, la Fuller giunse a Londra, dove fu accolta da scrittori e uomini politici, anche italiani, come Mazzini, di cui divenne amica; a Parigi incontrò la sua scrittrice preferita: George Sand. Arrivata in Italia, la Fuller partecipò con fervore agli entusiasmi e alle vicende risorgimentali, conoscendo anche Alessandro Manzoni.
A Roma si innamorò del Marchese Giovanni Angelo Ossoli, un bel ragazzo di 26 anni (circa dieci anni più giovane di lei) e rimase incinta: per questa ragione nel 1848 la Fuller si ritirò a Rieti, dove in settembre dette alla luce il figlio Angelo Eugenio Filippo Ossoli, che affidò a una balia del posto. Non si è mai capito se i due amanti si fossero nel frattempo sposati: nelle lettere spedite alla famiglia in America, Margaret fu piuttosto vaga sull’argomento.
In novembre la Fuller ritornò a Roma e riprese il lavoro, inviando i suoi articoli al Tribune, in cui parlava degli eventi di cui era stata testimone: nel febbraio 1849 era stata proclamata la Repubblica Romana ed il Papa Pio IX era fuggito, Garibaldi aveva amministrato Roma per un mese, poi i francesi avevano attaccato Roma, vi era stata una lotta eroica di resistenza e poi la sconfitta, ad opera dei francesi.
Durante l’assedio di Roma, sotto la direzione di Cristina di Belgioioso, la Fuller collaborò all’assistenza dei feriti presso l’ospedale Fatebenefratelli e poi presso il palazzo del Quirinale, mentre il marito, Ossoli, prendeva parte alla rivolta.
Chiedere aiuto è il primo passo!
Caduta la Repubblica, Margaret Fuller e il marito tornarono a Rieti, ma li trovarono il figlio gravemente debilitato: la balia infatti, non ricevendo più denaro da Roma, aveva smesso di nutrirlo. Dopo un mese di cure intensive la famiglia, finalmente ricongiunta, decise di trasferirsi a Firenze, per paura delle eventuali ritorsioni dello stato pontificio nei loro confronti.
A Firenze la Fuller lavorò intensamente ad una saggio sulla rivoluzione italiana. La situazione economica però lasciava a desiderare ed occorreva trovare al più presto un editore per il libro: pensarono che un editore americano avesse potuto garantire loro maggiori profitti.
Con il figlio Angelino, dunque, gli Ossoli nel 1850 si imbarcarono a Livorno, sul veliero ‘Elisabeth’, per raggiungere gli Stati Uniti.
La tragica fine
Durante il viaggio, il capitano della nave morì a causa del vaiolo ed il comando fu affidato ad un sottufficiale poco esperto, che portò la nave al naufragio proprio davanti alla baia di New York, al largo della costa di Fire Island.
Degli Ossoli non rimase nessuna traccia e nemmeno dei loro effetti personali, compreso il manoscritto sulla storia della rivoluzione italiana, che doveva essere la loro salvezza.
Perché viene ricordata
Margaret Fuller viene ricordata in quanto fu la prima giornalista donna corrispondente estera, mandata espressamente in Italia dal suo giornale per raccontare cosa stesse succedendo nel nostro paese alla vigilia del 1848, quando i moti rivoluzionari agitavano i vari stati italiani e si iniziavano le guerre per l’indipendenza.
Per ricoprire un incarico del genere la Fuller doveva essere chiaramente una donna decisamente anticonvenzionale per i suoi tempi ed infatti lo fu: visse la politica con autentica passione e si dedicò con tutta se stessa alle cause in cui credeva, fra cui quella femminista.
Giuliana Proietti
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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