L’IPNOSI – Dr. Walter La Gatta
Su BBC Future, il giornalista David Robson ha scritto un interessante articolo in cui descrive una seduta di ipnosi cui si è sottoposto, per ragioni scientifiche, come scoprirete leggendo questo articolo, che rappresenta un’ampia sintesi del suo post.
La ricerca sull’ipnosi fu iniziata dai due fra i più eminenti medici francesi, all’inizio del XX secolo: Jean-Martin Charcot, che lavorava presso l’ospedale La Salpêtrière a Parigi (presso il quale si formò anche Sigmund Freud) e che ora è considerato il “fondatore della neurologia moderna” e Georges Gilles de la Tourette, che è più famoso per la malattia che porta il suo nome, ma che fu uno dei più fedeli allievi di Charcot.
Essi studiarono i casi di “isteria” malattia in cui i pazienti (prevalentemente donne) si sentivano, ad esempio, improvvisamente incapaci di sentire o di spostare i loro arti, nonostante non vi fosse alcuna lesione osservabile. Entrambi i medici credevano che i disturbi condividessero con l’ipnosi alcune caratteristiche: la loro ipotesi era che le persone malate di isteria fossero più suscettibili al suggerimento ipnotico rispetto ai soggetti sani e questo fosse dunque un modo per discriminare i folli dai sani.
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Essi però scivolarono, nel fare ricerca, anche in territori meno rispettabili della scienza, anche a causa della rivalità con un’altra scuola di ipnosi, quella di Nancy, guidata da Hippolyte Bernheim. I giornali del tempo riferivano spesso di storie criminali commesse da “ipnotizzati”, cioè da persone innocenti che erano state indotte, attraverso l’ipnosi, a commettere atti nefandi. Sul tema dell’ “ipnotismo criminale” la scuola di Nancy, che sosteneva invece che tutti potessero essere ipnotizzati, sfidò le posizioni della Salpêtrière.
Bernheim riteneva infatti che l’ipnosi non poteva essere un mezzo per diagnosticare la presenza o l’assenza di isteria, in quanto molti episodi criminali del tempo si dicevano compiuti da persone sotto l’effetto dell’ ipnosi e dunque questo a suo avviso dimostrava che tutti potevano essere ipnotizzabili.
Questa disputa crebbe e divenne particolarmente virulenta fra il 1888 e il 1890. Gilles de la Tourette, per capire fino a che punto potesse spingersi un soggetto in stato di ipnosi, decise di ipnotizzare una paziente isterica, Blanche, alla quale mostrò un bicchiere di birra “avvelenato”, chiedendole poi di servire la bevanda ad un uomo, conosciuto come il signor G. Blanche rispettò il comando ed effettivamente somministrò il “veleno” al signor G., il quale finse di morire. Blanche successivamente negò di essere a conoscenza dell’apparente omicidio.
La Tourette peraltro per via dell’ipnosi per poco non ci perse la vita: nel dicembre 1893 infatti, una donna di 29 anni, Rose Kamper-Lecoq, sostenendo che le sedute di ipnosi avevano irrimediabilmente alterato la sua volontà, tirò fuori una pistola e sparò tre colpi al suo ipnotista. Solo uno dei proiettili penetrò il cranio di La Tourette, il quale dovette almeno convincersi che il comportamento criminale non aveva nulla a che fare con l’ipnosi.
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La storia di Kamper-Lecoq è ancor più sorprendente alla luce delle ricerche odierne: il comportamento violento non fu infatti quasi certamente causato dall’ipnosi, ma da un complesso di allucinazioni che psicologi come Walsh cercano ora di scoprire nei loro pazienti virtuali. La paziente di Gilles de la Tourette era convinta che il suo medico fosse innamorato di lei (un disturbo noto come “erotomania”) e di essere controllata dall’esterno. Esattamente quello che gli psicologi cercano ora di indagare nei pazienti posti in ipnosi per comprendere il funzionamento della malattia mentale.
Ma veniamo all’esperienza di David Robson: lo psicologo che gli ha praticato l’ipnosi è Eamonn Walsh, il quale utilizza la tecnica ipnotica per studiare la psicosi, presso l’Istituto di psichiatria di Londra. L’idea è quella di trasformare dei soggetti sani in persone “virtualmente malate” che si sentono come possedute da un’entità paranormale, permettendo così agli scienziati di comprendere la malattia sperimentatata dai soggetti realmente psicotici (ed individuare eventuali cure).
Prima di iniziare l’esperimento, gli psicologi hanno testato l’ “ipnotizzabilità” del soggetto. La procedura consiste in un rilassamento guidato, seguito da una serie di suggerimenti che hanno lo scopo di modificare le percezioni e i comportamenti. Gli è stato suggerito di sentire una mosca ronzare intorno alla testa, o che un palloncino stava lentamente sollevando il suo braccio in aria. Da quello che ricorda il giornalista, il suo braccio è diventato leggero, come riempito di elio, e prima che se ne rendesse pienamente conto, già lo sentiva levarsi verso l’alto. Il ronzio della mosca gli appariva invece come i suoni che provengono dall’esterno quando si è stanchi e prossimi all’addormentamento: i rumori ci sono ma sembrano non riguardarci. Il punteggio di suggestionabilità da lui raggiunto è stato di 10 punti su 12, ovvero un livello di suggestionabilità molto alto, che riguarda solo il 10% della popolazione.
Una intervista sull'ipnosi
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Data l’alta variabilità dei comportamenti degli ipnotizzati, c’è ancora molto dibattito sulla materia: alcuni ritengono che l’ipnosi sia pura falsità, mentre altri credono che si tratti di uno stato alterato di coscienza capace di produrre profondi cambiamenti nella percezione, nel pensiero e nella memoria. La prima cosa che il giornalista ha chiesto allo sperimentatore è stata se per caso non vi fosse il dubbio che, ogni tanto, qualche paziente fingesse di essere in ipnosi mentre invece era in stato di perfetta lucidità mentale.
Lo psicologo ha risposto che questa è un’obiezione molto frequente, che viene mossa ogni volta che egli tenta di sottoporre un suo studio ad una rivista scientifica, per la pubblicazione. In realtà la scansione cerebrale ha posto fine a questa preoccupazione: attraverso lo scanner cerebrale infatti, l’ipnotizzatore può suggerire al soggetto di guardare una fotografia in bianco e nero o a colori e si può distinguere chiaramente l’attivazione delle aree per l’elaborazione del colore. Immaginare la stessa esperienza, o fingerla, non mostra lo stesso livello di attività e questo risultato evidente ha convertito molti scettici riguardo all’effettivo stato di trance ipnotica.
I ricercatori si stanno avvicinando a comprendere cosa provoca lo stato ipnotico. Sembra che l’induzione ipnotica sia qualcosa che funziona come un interruttore per i lobi frontali del cervello. Queste regioni producono “pensieri di ordine superiore”: sono il risultato della nostra consapevolezza, dei nostri bisogni, della nostra motivazione. Se si spegne quell’area del pensiero, le persone possono cambiare atteggiamento, fare cose di cui non si rendono pienamente conto. Questo spiega perché le persone ubriache sono facilmente ipnotizzabili: l’alcol smorza infatti l’attività dei loro lobi frontali.
Gli studi condotti su gemelli mostrano che vi è una certa familiarità nel livello di ipnotizzabilità e che dunque è una caratteristica che viene trasmessa geneticamente e che, soprattutto, dura tutta la vita, tanto che potrebbe essere considerata una componente del QI. Altri studi sull’ipnosi hanno riguardato il suo utilizzo come antidolorifico, anti-stress, supporto per la chemioterapia, supporto per l’apprendimento scolastico.
Intorno agli anni 2000 la ricerca è divenuta più audace e uno dei primi studi ha riguardato una “paralisi isterica”, un caso in cui la persona non era più in grado di muovere la gamba sinistra, sebbene non vi fosse il segno di alcuna disabilità. Per vedere se era possibile ricreare il disturbo, i ricercatori hanno ipnotizzato una paziente per farle sperimentare lo stesso disturbo e quindi analizzarla tramite un brain scanner. Il risultato, pubblicato sulla rivista medica The Lancet ha rivelato che l’attività cerebrale della persona ipnotizzata era esattamente la stessa della paziente realmente isterica, il che ha mostrato l’importanza dell’ipnosi per cercare di capire cosa accade davvero in una mente disturbata.
Da allora, sono state indotte per via ipnotica diverse sindromi allucinatorie come l’erotomania o la sindrome di Capgras: chi ne è colpito vive nella ferma convinzione che le persone a lui care (familiari, amici, animali domestici) siano state rimpiazzate da replicanti, alieni o semplicemente da impostori a loro identici. Altra sindrome indotta per via ipnotica è quella di non riconoscersi allo specchio, cioè vedere nello specchio delle persone diverse fa sé. L’ipnosi può riprodurre questi stati alterati della mente e far sentire vere, reali, queste allucinazioni. Per quanto riguarda gli aspetti etici, gli psicologi assicurano che le persone ipnotizzate per fare questi esperimenti lasciano il laboratorio completamente sane e prive di allucinazioni.
Prima di compiere l’esperimento, a Robson sono state mostrate due stampe del Caravaggio che ritraggono l’illetterato San Matteo, il qale riesce a scrivere o a pensare grazie all’aiuto di angeli che gli guidano la mano o gli bisbigliano dei suggerimenti all’orecchio: ecco, è così che si sarebbe potuto sentire, in modo similare a quello che avviene nei casi di depressione psicotica o nella schizofrenia. La suggestione ipnotica proposta riguardava un moderno “ingegnere” (piuttosto che uno spirito demoniaco, come si sarebbe forse pensato in passato), che avrebbe preso il controllo dei suoi pensieri (preoccupazione peraltro molto condivisa oggi, riguardo alla paura di perdere la propria libertà individuale e privacy, ad opera dei social media e della tecnologia).
Il giornalista è stato introdotto in un vecchio brain scanner cilindrico, tipo questo, al che lui inevitabilmente ha avvertito inizialmente una sensazione claustrofobica, che è però subito svanita quando lo psicologo ha cominciato a fare il conto alla rovescia, a partire da 20. Il compito del giornalista era quello di scrivere su un foglio la fine di una frase di cui veniva dato solo l’inizio. Gli scenari dell’esperimento sono stati di tre tipi: nel primo lo psicologo ha indotto la sensazione che l’ingegnere stava sussurrandogli all’orecchio le parole da scrivere ; nel secondo l’ingegnere era capace di controllare i movimenti della sua mano; nel terzo l’ingegnere era padrone dei suoi pensieri e dei suoi movimenti.
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Il primo scenario ha avuto solo un effetto minimo: la sensazione provata dal giornalista è stata simile a quando le parole non arrivano immediatamente, ma si presentano dopo qualche istante. Una sensazione in fondo abbastanza comune, che tutti più o meno provano nella vita. Diverso è stato invece quando la suggestione ipnotica ha riguardato il movimento: in questo caso era come se la mano e il braccio del giornalista si fossero mossi automaticamente, senza il volere del soggetto ipnotizzato. In questo stadio hanno cominciato anche a presentarsi dei flash che riguardavano l’ingegnere, che il Nostro si rappresentava come un uomo curvo, con un largo sorriso e una lunga coda di cavallo grigia.
Quando si è arrivati al terzo scenario, quello del completo controllo da parte dell’ingegnere, il giornalista si sentiva ormai come posseduto da una forza che gli faceva muovere velocemente le mani e che controllava i suoi pensieri. Lui si vedeva dall’esterno, potendo quasi ascoltare i comandi che l’ingegnere gli dava. Solo quando lo psicologo ha cominciato a contare fino a 20 che questa sensazione è completamente svanita, un po’ come quando si ritrova il primo momento di lucidità dopo un incubo. Più o meno quello che anche altri pazienti sottoposti allo stesso esperimento hanno riferito di aver provato.
Finora, queste indagini hanno suggerito che alcune regioni del cervello potrebbero essere responsabili di queste allucinazioni. Quando una persona sente che la propria mano è controllata da un altro essere, si sviluppa un’alta connessione tra le aree che controllano il movimento e le regioni che ci aiutano a capire le motivazioni e le azioni di un altro. Al contrario, quando ai soggetti viene detto che l’ingegnere sta inserendo dei pensieri nella loro mente durante l’attività di scrittura, essi mostrano un’attività inferiore nelle zone che controllano il linguaggio, forse perché meno coscienti riguardo alla generazione delle parole.
In alcuni scenari è stata riscontrata un’aumentata attività nelle aree coinvolte nell’errore di rilevamento (‘error detection’). Nella normale vita quotidiana, queste regioni normalmente tengono traccia dei nostri movimenti e di come vengono eseguiti, riscontrando gli errori nel movimento. Quindi è possibile che l’accresciuta attività rifletta la sensazione dei soggetti che i propri movimenti erano diventati sempre più imprevedibili, come se non fossero più sotto il proprio controllo.
E’ possibile che si pensi ora a nuovi farmaci, che possano modificare il funzionamento cerebrale, o anche a piccoli stimolatori, capaci di creare maggiore attività. Il team di scienziati pensa anche ad una sorta di neuro-biofeedback, che consiste nell’insegnare alle persone come modificare e correggere la propria attività cerebrale, a partire da ciò che vedono nello schermo.
Fonte:
Hypnosis: The day my mind was ‘possessed’, BBC Future
Immagine:
Wikimedia
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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