Non siamo capaci di leggere il nostro linguaggio del corpo
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Un affascinante studio ha dimostrato che non siamo capaci di leggere profondamente dentro noi stessi quando guardiamo un video che mostra il nostro linguaggio del corpo. E’ come se avessimo un punto cieco egocentrico. Al contrario, gli osservatori esterni possono osservare lo stesso video e scoprire aspetti rivelatori della nostra personalità.
La premessa di questo nuovo studio è l’idea della punta dell’iceberg, cioè che quello che sappiamo consapevolmente di noi stessi è piuttosto limitato, e molta della conoscenza di noi stessi giace al di sotto del nostro accesso conscio. I ricercatori si sono chiesti se le persone sarebbero state capaci di fare un ritratto più veritiero di sé stesse se fossero stati presentati loro dei video che mostravano il loro body language.
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In uno studio iniziale, Wilhelm Hofmann e colleghi hanno avuto dapprima decine di studenti universitari che dovevano dichiarare quanto si ritenevano estroversi, usando misurazioni implicite ed esplicite. Le misurazioni esplicite consistevano semplicemente nel fatto che gli studenti dovevano dichiarare quanto fossero d’accordo sul fatto che erano loquaci, timidi e così via. Le misurazioni implicite utilizzate sono state quelle dell’ Implicit Association Test, che mirava a scoprire le motivazioni inconsce. In breve, questo test rivela quanto le persone associno le idee che hanno in mente (come ‘sé’ o ‘timido’), in base alla loro velocità di risposta quando due idee prevedono lo stesso tasto di risposta su una tastiera.
In seguito, i partecipanti hanno registrato un annuncio pubblicitario della durata di un minuto per un prodotto di bellezza (era stato detto loro che lo studio riguardava la personalità e la pubblicità). I partecipanti dunque hanno rivisto il video di sé stessi, dopo aver ricevuto una guida su come determinati atteggiamenti possano rivelare quanto una persona sia introversa o estroversa. Basandosi sulla loro osservazione del video, è stato richiesto loro di classificare la loro personalità ancora una volta, usando una misurazione esplicita.
La domanda-chiave era se osservare il proprio comportamento non verbale nel video avrebbe permesso ai partecipanti di classificare la loro personalità in un modo simile al punteggio conseguito nel test implicito.
Per farla breve, non ne sono stati capaci. I punteggi di estroversione del test implicito hanno dimostrato che non vi era attinenza con il modo in cui essi avevano valutato sé stessi in modo esplicito e non vi è stata alcuna evidenza che essi abbiano usato i loro comportamenti non verbali (come il tempo di contatto oculare con la telecamera) per migliorare le auto-valutazioni.
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In sorprendente contrasto con ciò, gli osservatori esterni che avevano visto i video hanno potuto fare valutazioni sulla personalità dei partecipanti attinenti ai punteggi ottenuti dagli stessi partecipanti nei test di personalità impliciti e così è stato chiaro che a mediare questa correlazione sono stati i comportamenti non verbali dei partecipanti (cioè gli osservatori hanno utilizzato i comportamenti non verbali dei partecipanti per migliorare il loro giudizio sulle personalità dei partecipanti).
Due ulteriori esperimenti hanno mostrato che questo modello generale dei risultati teneva anche quando ai partecipanti veniva dato un incentivo finanziario per valutare la propria personalità con precisione, come se osservata da una prospettiva esterna, e anche quando l’attività comprendeva valutazioni sull’ansia provata dopo un breve discorso.
Che cosa è accaduto? Perché non possiamo usare un video di noi stessi per migliorare la precisione della nostra auto-percezione? Una risposta potrebbe trovarsi nella dissonanza cognitiva – la necessità di tenere costanti le credenze che abbiamo su noi stessi. Si può essere estremamente riluttanti a rivedere le proprie autopercezioni, anche a fronte di una potente evidenza oggettiva. Un dettaglio dell’esperimento finale sostiene questa idea. I partecipanti sembravano in grado di utilizzare i video per valutare se la loro era una ansia di “stato” (la loro ansia “nel momento”), pur lasciando invariati i loro punteggi per la loro ansia di “tratto”.
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“Se applicato alla domanda su come le persone possono acquisire conoscenze sui loro aspetti inconsci, la presente serie di studi dimostra che le persone che si auto-osservano non sembrano prestare maggiore attenzione e fare maggiore uso delle informazioni disponibili sul comportamento come fanno gli osservatori neutrali,” hanno detto i ricercatori.
Fonte: Hofmann, W., Gschwendner, T., & Schmitt, M. (2009). The road to the unconscious self not taken: Discrepancies between self- and observer-inferences about implicit dispositions from nonverbal behavioural cues. European Journal of Personality, 23 (4), 343-366 DOI: 10.1002/per.722
Dr. Christian Jarrett
Articolo originale:
We’re unable to read our own body language
Traduzione autorizzata, a cura di psicolinea.it
Immagine:
Pxhere
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Il Dr. Christian Jarrett è psicologo ed autore di The Rough Guide To Psychology (2011) ed attualmente sta scrivendo Great Myths of the Brain (Wiley-Blackwell), che dovrebbe essere completato nel 2013. Ha scritto per The Times, The Guardian, New Scientist, BBC Focus, Psychologies, Wired UK, Outdoor Fitness, etc. Christian scrive anche per la British Psychological Society nel magazine The Psychologist, e Research Digest blog.