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3 thoughts on “L’Effetto Lucifero: incontro con il Professor Zimbardo

  1. Cara dottoressa, grazie mille per la celere risposta. Le scrivo di getto tra un attività ed un altra, spero di spiegarmi bene. Mi rendo conto che il discorso è assai complesso e può essere analizzato sotto diversi punti di vista.

    Innanzitutto io non penso di poter attribuire oggettivamente e indefinitamente l’etichetta di “buono” o “cattivo” ad una persona. Posso però giudicare “buoni” o “cattivi” gli atti che compie: come posso non considerare cattivi (o malvagi, non mi interessa granchè) gli atti di violenza compiuti nei confronti di un altra persona (o anche di se stessi!) nel senso fisico(aggressione per esempio), o psichico (manipolazione, prevaricazione nei confronti della volontà altrui etc..)?.
    Ne consegue a mio avviso che la nostra società è permeata dalla violenza e che negli esempi che faceva lei ce n’era in abbondanza. Giudicarla buona o cattiva questo è soggettivo, oltre che puramente un problema di definizione(per non dire etico, filosofico, religioso etc etc).

    Per quanto riguarda invece l’esperimento del prof Zimbardo quel che mi incuriosisce è l’ffetto che il contesto induce sulle persone: come dice lei è vero che possono essere manipolate in tanti modi, ma il fatto è che penso possano essere manipolate anche da…loro stesse(!).
    Mi spiego meglio: come dimostra l’esperimento di Stanford, nell’identificarsi in un determinato ruolo si può perdere il controllo e compiere atti che in altre situazioni o contesti non si compirebbero pressocchè mai, o in generale che si può assumere degli atteggiamenti (anche solamente passivi) che da se stessi non si ci aspetterebbe! Se è così andrebbe indagato il come ed il perchè possano avvenire queste dinamiche e quali sono le condizioni che determinano una maggiore o minore identificazione nel ruolo ed entro quali limiti ci si può spingere e perchè.

    Per evitare equivoci: è chiaro che nei casi di manipolazione si possa spingere le persone addirittura al suicidio(penso ai suicidi di massa delle sette negli States), ma nel caso in cui le persone sono lasciate “libere”(tra virgolette perchè libere non si è mai dal mio punto di vista, neanche da se stessi, scusi la filosofia..) di scegliere e di organizzarsi come nel caso di una simulazione? Non è interessante tutto questo?

    Forse dovremmo rivalutare gli esperimenti di psicologia sociale quali strumenti di indagine, per quali fini, questo, chiaramente, è di nuovo un fatto soggettivo.

    In sostanza sposterei dunque la discussione più su questo tema, per il quale mi piacerebbe sentire moltissimo la sua opinione!

    Un cordialissimo saluto,
    Marco Di Lullo

  2. Gentilissimo,

    Lei mi chiede: “non crede condivisibile l’attribuzione dell’etichetta “male” a quegli atti di violenza fisica o morale, intesi soprattutto come prevaricazione e manipolazione della propria volontà”?

    Non so se ho capito bene la sua domanda, ma provo ad argomentare.

    Il “male” non è qualcosa di così chiaramente oggettivo: le donne kamikaze che si immolano per la loro causa uccidendo centinaia di persone con il loro gesto, sono delle sante nel loro ambiente e nella loro religione, sono delle criminali terroriste dalle nostre parti.

    Se una persona ha una forte motivazione a perseguire quello che ritiene il suo “bene”, pur sapendo che altri lo considerano “male” è un angelo o un diavolo?

    L’uomo che, in certi contesti culturali, compie il delitto d’onore per eliminare la vergogna e il disonore dalla sua famiglia è a tutti gli effetti un “criminale”?

    Lo è il pazzo, che soffre di allucinazioni e che compie l’omicidio seguendo gli ordini delle sue voci interiori?

    L’argomento è davvero molto complesso…

    Tornando al Prof. Zimbardo, credo che il suo lavoro sia molto interessante, ma non certo esaustivo sull’argomento. Secondo me quello che Zimbardo scopre nel suo Effetto Lucifero è un po’ una replica del suo esperimento del carcere o dell’esperimento di Stanley Milgram sull’obbedienza.

    Le persone possono essere manipolate in tanti modi e spesso perdono la consapevolezza di ciò che stanno facendo. Questo è il vero dato di fatto.

    Per assurdo, anche un uomo che diventa un eroe per caso, nel senso citato da Zimbardo, potrebbe non essere del tutto consapevole di quello che sta facendo e non sempre fa un’azione eclatante sapendo di contribuirvi a costo della sua vita. Anche i buoni, non solo i cattivi, possono subire influenze e manipolazioni esterne.

    Non so. Il discorso sarebbe lungo. Se c’è interesse ne possiamo parlare ancora in un altro Post.

    Grazie del suo intervento.

    GP

  3. Gentile dottoressa,
    anch’io non credo che la psicologia possa definire con rigore scientifico ciò che è bene e ciò che è male, chi è buono o chi è cattivo, ma perchè penso che il problema non si possa porre in questi termini: non crede condivisibile l’attribuzione dell’etichetta “male” a quegli atti di violenza fisica o morale, intesi soprattutto come prevaricazione e manipolazione della propria volontà?
    Il problema è per me capire invece se l’effetto lucifero sia un sequenza stereotipata di azioni, e se l’esperimento sia traslabile in altri “frame” o contesti: il Prof. Zimbardo ha svolto un esperimento simulando il contesto di un carcere. Se si facesse una simulazione in un contesto in cui i “ruoli” fossero non “cattivi”, nel senso precedentemente indicato, i risultati credo sarebbero assai diversi…e magari qualcuno potrebbe scrivere, mi perdoni l’ironia, un “buon” libro dal titolo “l’effetto arcangelo”…
    Dia un occhiata qua:
    PS: non sono uno psicologo, ma un appassionato di psicologia, mi occupo di formazione e sarei ben felice di poter scambiare quattro chiacchiere con lei. Un saluto

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