Le fobie nella storia dell’essere umano
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Le fobie, cioè le paure irrazionali e persistenti verso specifiche situazioni, oggetti o attività, sono state una costante nella storia dell’umanità. Sebbene possano sembrare un fenomeno moderno, le fobie hanno radici profonde che risalgono a tempi antichi. Vediamo di conoscerle meglio.
Le Fobie nell’Antichità
Nell’antica Grecia e Roma, le fobie erano spesso associate alla sfera del divino e del soprannaturale. Gli antichi Greci, per esempio, credevano che le fobie fossero causate dalla volontà degli dèi. Il termine stesso “fobia” deriva dal greco “phobos”, che significa “paura” o “panico”, ed era anche il nome del dio greco della paura. I romani, d’altro canto, spesso attribuivano le paure irrazionali a influenze soprannaturali o maledizioni.
La prima testimonianza scritta sulle fobie si deve, nel V secolo AC ad Ippocrate, medico greco antico, considerato il “padre” della medicina, il quale descrisse in maniera accurata sia il delirio, sia le fobie (egli descrisse in particolare due casi di fobie: uno di fobia del crepuscolo e l’altro di fobia in presenza di ponti, precipizi e fossati).
Tra le testimonianze della Roma classica sul tema delle fobie, conosciamo la paura irrazionale di Caligola per i fulmini, e di Augusto per il buio. In Celio Aureliano troviamo descrizioni di soggetti che temevano grotte e baratri (Salkovskis & Hackmann, 1997).
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Medioevo e Rinascimento
Durante il Medioevo, le fobie erano interpretate come manifestazioni di influenze demoniache o come punizioni divine. Le persone che soffrivano di paure irrazionali potevano essere sospettate di stregoneria o possessione demoniaca.
Per questi motivi, le fobie divennero di pertinenza ecclesiastico-religiosa, in quanto venivano considerate espressioni della possessione di uno spirito estraneo.
La concezione medioevale permase fino a che Cartesio nella sua opera “Le passioni dell’anima” sottolineò la relazione fra pensiero e comportamento, indicando come quest’ultimo conseguisse alle esperienze precoci dell’infanzia, che rimangono impresse nell’essere umano per tutta la vita.
Con il Rinascimento e la riscoperta del pensiero scientifico e filosofico classico, si iniziò a considerare le fobie da una prospettiva più razionale. Medici e filosofi come Paracelso iniziarono a esplorare le cause naturali delle malattie mentali, inclusi i disturbi d’ansia.
Età Moderna e Contemporanea
Dal punto di vista scientifico, le fobie vennero incluse nel dominio della scienza medica solamente tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo.
Con l’avvento della psichiatria moderna nel XIX secolo, le fobie iniziarono a essere classificate e studiate sistematicamente.
Questi i primi tentativi di classificazione utilizzati:
– “mania senza delirio” (Pinel, 1745-1826);
– “insanità parziale” (Esquirol, 1772-1840);
– “pseudo-monomania” (Delasiauve, 1804-1893);
– “follia lucida” (Trelat, 1828-1890);
– “predisposizione morbosa del sistema ganglionare viscerale” (Morel, 1809-1873);
– “vertigine mentale” (Laségue, 1816-1883);
Emil Kraepelin e Sigmund Freud furono tra i primi a sviluppare teorie dettagliate sulle fobie. Nel 1913 Kraepelin incluse nel suo trattato un piccolo capitolo sulle paure irresistibili e sulle idee insopprimibili, senza però separare i fenomeni fobici da quelli ossessivo-compulsivi. Freud, invece, considerava le fobie come manifestazioni di conflitti psichici inconsci e utilizzava la psicoanalisi per trattarle.
Sigmund Freud
Sigmund Freud parlò di “nevrosi fobiche”, il cui significato era inconscio e riguardava in particolare desideri sessuali e aggressivi.
Questi desideri sessuali e aggressivi, provenienti da pulsioni istintuali, risultano spesso inaccettabili alla coscienza. Il soggetto che li prova ha dunque bisogno di “liberarsene”, in qualche modo. Come può fare? La modalità individuata da Freud è quella dell’utilizzo del meccanismo di difesa della “proiezione”. Attraverso questo meccanismo, il soggetto riesce a “proiettare” parte della carica psichica legata a tali pulsioni su “oggetti” esterni (che possono essere oggetti, persone, situazioni..).
Ciò che veniva temuto dal soggetto dunque non era interno, ma esterno: è “ l’oggetto fobico” che simboleggia i desideri pulsionali illeciti, ed è sempre “ l’oggetto fobico” che viene temuto per le eventuali conseguenze punitive (es. castrazione e perdita di amore). Dunque, evitando “ l’ oggetto fobico”, si riesce ad evitare tutti i conflitti interni, tutte le paure.
Nella paura della folla, ad esempio; Freud intravedeva il desiderio inconscio di un incontro proibito nel cuore di quella stessa moltitudine, percepita per questo minacciosa. Stesso discorso per le fobie sviluppate per oggetti specifici: anch’esse sarebbero legate ad un simbolismo inconscio (es. coltello-fallo).
Freud riteneva che alle fobie non andasse assegnato un posto preciso nella classificazione dei disturbi psichici (o, meglio, “nevrotici”). Le fobie infatti non erano per lui processi patologici indipendenti, ma rientravano nella descrizione di alcune forme di nevrosi.
Fobie nel Mondo Moderno
Nel XX secolo, il comportamento condizionato, descritto da John B. Watson e B.F. Skinner, contribuì a spiegare come le fobie potessero essere apprese attraverso esperienze traumatiche o associazioni negative.
Le fobie ottennero un’etichetta diagnostica definita e autonoma solamente nel 1947, con l’International Classification of Diseases (ICD), e nel 1952 con la classificazione dell’American Psychiatric Association (Diagnostic and Statistical Manual, DSM).
Si dovettero aspettare gli anni Sessanta-Settanta dello scorso secolo per iniziare delle ricerche specifiche sull’origine, la persistenza ed il trattamento delle fobie.
Negli anni ‘80-’90, l’attenzione degli studiosi fu posta sul ruolo dei fattori cognitivi e sull’identificazione degli aspetti consci che condizionano l’interazione con lo stimolo fobico, e questo ha mostrato che l’irrazionalità che caratterizza le fobie è in realtà solo apparente (Davey,1997).
Infine, nell’ultimo decennio del Novecento si è giunti ad una classificazione condivisa a livello internazionale (DSM-IV, 1994; ICD-10, 1992) delle fobie, suddivise in fobie specifiche (animali, oggetti, agenti atmosferici, ecc.) e fobie generalizzate (agorafobia con o senza panico e fobia sociale), tutte inserite nei disturbi d’ansia.
Oggi, le fobie sono riconosciute come disturbi d’ansia trattabili con una varietà di approcci terapeutici. La terapia cognitivo-comportamentale è tra i trattamenti più efficaci, aiutando le persone a identificare e modificare i modelli di pensiero negativi associati alle proprie paure. Inoltre, vengono utilizzate tecniche come l’esposizione graduale e la desensibilizzazione sistematica.
Gli studi sul cervello hanno rivelato che strutture come l’amigdala e l’ippocampo giocano un ruolo cruciale nella risposta di paura, quindi siamo ben lontani dalle manifestazioni di ira divina o influenze demoniache dalle quali è partita la ricerca umana.
Dr. W. La Gatta
Una intervista sulla Timidezza
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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