Darian Leader, psicoanalista britannico, insegna alla Leeds Metropolitan University e alla Brunel University di Londra. Collabora con la Croce Rossa nell’area infantile, è membro fondatore del Centre for Freudian Analysis and Research e fa parte della Scuola europea di psicoanalisi. E’ conosciuto come un elegante divulgatore delle teorie dello psicoanalista francese Jacques Lacan (sul Blog di psicolinea ne parliamo qui). In Italia ha pubblicato, per Feltrinelli, Perchè le donne scrivono lettere che non spediscono?
Il suo ultimo libro, non ancora tradotto in italiano, è What Is Madness? (Che cosa è la follia?). Le conclusioni le leggete nel titolo, ma per saperne di più, del personaggio e della sua opera, vi sintetizziamo i concetti espressi in una sua intervista, rilasciata a The Guardian e in un articolo, pubblicato sullo stesso giornale, per recensire il libro.
Per introdurre il personaggio, diciamo subito che Darian Leader vive e lavora in una elegante casa in stile georgiano a Clerkenwell, dove è situato anche lo studio nel quale riceve i pazienti (con un divano in metallo cromato e cuscini di pelle nera).
Come analista lacaniano, conduce delle sedute di durata e frequenza variabili, ed è il paziente a scegliere dove sedersi. Nello studio si trovano centinaia di libri, di autori come Freud, Klein, Winnicott. A suo avviso i migliori psicologi non sono quelli che dicono “nella vita voglio essere uno strizzacervelli”, ma coloro che hanno avuto molte sofferenze nella vita e, anni dopo, pensano “Sono curioso di sapere cosa provano le altre persone”. Nessun serio professionista accetterebbe mai un paziente che vuole sottoporsi ad una psicoanalisi unicamente come percorso formativo per svolgere la professione.
Le sue sofferenze giovanili hanno avuto origine da problemi familiari, in particolare dalla separazione dei genitori. Per lui i libri di psicoanalisi sono stati un modo per evadere dal proprio mondo (e si è sempre chiesto come mai gli altri non avessero la stessa passione per la psicoanalisi…)
Leader sostiene che la psicoanalisi non sia solo una terapia per ricchi: lo psicoanalista non deve essere uno che deve mantenersi con quello che guadagna dalle sedute e deve permettere alle persone di pagare quello che possono. Alcuni suoi pazienti, ad esempio, sembra che se la cavino con 5 sterline a seduta (?). Gli psicoanalisti dovrebbero avere altre fonti di entrata, svolgere altri lavori: lui stesso è stato giardiniere, cameriere, insegnante di inglese a Parigi.
Incontrare persone fuori del lavoro per lui (come per molti colleghi che svolgono questa professione), è a volte difficile: quando le persone sanno il lavoro che svolgi, esse diventano aggressive, perché loro stessi in passato, o qualcuno che conoscono, hanno avuto una esperienza insoddisfacente con qualche strizzacervelli, oppure cominciano a raccontare i loro sogni, la loro paura del buio o altre cose simili…
Quanto al suo ultimo libro, ammette che non è di facile lettura, ma lo ritiene importante, perché è un libro pieno di speranza, che nostra in concreto che cosa può essere fatto. Ecco dunque una sintesi del suo pensiero:
In genere si pensa che l’idea più inquietante di Freud fu quella sulla sessualità, l’idea che siamo tutti un po’ pervertiti nei nostri sogni. In realtà, molto più importante per la psicologia moderna è il concetto di inconscio, l’idea che vi siano aree della mente che non possiamo controllare completamente. La psicoanalisi parte dal presupposto che vi siano molte informazioni che la coscienza non può sopportare e che nasconde nell’inconscio: ci vuole dunque tempo e pazienza, tanto da parte del paziente quanto dell’analista per muoversi fra le sabbie mobili dell’anima.
La psicoanalisi non è una scienza esatta. Né, anche se Freud non rinunciò mai ad un vocabolario in parte scientifico, desidera esserlo. Non potrebbe essere più lontana dai trattamenti per disturbi mentali a base di farmaci, che hanno trasformato l’industria farmaceutica in uno dei settori più redditizi nel Regno Unito, o dalla terapia cognitivo comportamentale (CBT), che il governo ha sponsorizzato, stanziando fondi per la formazione di 6.000 terapeuti cognitivo-comportamentali nei prossimi quattro anni. (Campagna No Health without Mental Health).
(Del resto, con un tasso di disoccupazione attualmente superiore a 2,5 milioni di persone, e in aumento, come diretta conseguenza del regime fiscale più drastico, a partire dal 1920, anche la depressione è in aumento e si sente l’esigenza di correre ai ripari per sostenere la salute mentali delle persone economicamente più deboli).
Leader rappresenta una delle voci che si oppone a queste scelte governative per il trattamento dei disturbi mentali. Al giorno d’oggi “non c’è più”, scrive in questo nuovo importante libro sulla follia, “l’idea di una causalità psichica complessa, o addirittura di una vita interiore.”
La terapia cognitivo-comportamentale secondo lui ha comportato un’ “inversione etica” sulla base di una illusione – la convinzione che la vita interna possa essere misurata oggettivamente – ed ha così usurpato il ruolo della sensibilità al linguaggio umano. Oggi, che le persone sono sempre più considerate come risorse che possono essere comprate e vendute sul mercato, l’individuo è stato svuotato della sua vita mentale inconscia. Leader non accetta che il primo colloquio di psicologia cognitivo-comportamentale cerchi già di misurare i livelli di depressione sulla base di un questionario e che la terapia si concluda in poche sedute.
Parlando di Freud, Leader ricorda che lo psicoanalista è soprattutto associato con l’analisi delle nevrosi, ma come Michael Eigen ha da tempo sottolineato, è la psicosi al centro della sua visione – il Super-Io è un tiranno sadico, l’io infantile produce allucinazioni per ogni piacere mancato, l’es sospende tutte le leggi dello spazio e del tempo. Infatti, per la psicoanalisi, troppa salute mentale rappresenta un problema.
L’argomento centrale di Leader è che follia e salute mentale non possano essere nettamente separati. Uno dei suoi concetti più inquietanti è quello della “quiet madness” (“follia silenziosa”), una forma di follia che nessuno avrebbe motivo di sospettare. Per fare un esempio, prima di seguire la sua furia omicida in Norvegia, Anders Behring Breivik – islamofobo – era una persona “normale”, se non un cittadino modello. Per la visione comune della follia, la sua esplosione potrebbe, paradossalmente, essere una sorta di sollievo. Preferiamo infatti che le persone pazze siano violente, manifestino la loro follia, anche se, in realtà, sempre più omicidi vengono commessi da persone ubriache, piuttosto che folli (sono i media che propongono costantemente l’associazione fra violenza e trasgressione, ma le cose non stanno così…).
Leader ci presenta una sfida: riconosciamo che la follia esiste – superiamo l’idea che nessuno debba essere classificato come folle – ma piuttosto riconosciamo che la follia è parte di tutti noi.
Quando qualcuno viene ricoverato in ospedale dopo un episodio psicotico, l’enfasi dovrebbe essere posta, secondo Leader, su che cosa ha fatto in modo che la persona mantenesse un equilibrio stabile nelle decadi precedenti, non sull’episodio in cui la follia si è manifestata. Scoprendo questa cosa, si possono capire meglio i meccanismi che permettono alle persone di mantenere un equilibrio. Questi elementi possono essere poi fondamentali per aiutare il paziente a ricostruirsi.
Quella che appare come una crisi psicotica può essere piuttosto il risultato di un collasso del sistema psichico che ha permesso allo psicotico di vivere in relativa pace sia con il mondo che con sé stesso.
Per questo, secondo il suo pensiero, la pazzia è la regola e non un’eccezione: la realtà è che le persone cercano di gestire la loro vita come possono, ad esempio evitando accuratamente le situazioni che potrebbero far esplodere la loro follia.
Per Leader, come per Freud, i deliri sono una forma di creatività, il segno che lo psicotico sta cercando di dare forma al caos, o al disordine che sente nella sua testa. L’ultima cosa, dunque, cui il trattamento deve mirare con pazienti gravemente disturbati, è quella di derubarli del loro delirio o spegnere le loro menti con i farmaci. Con i pazienti paranoici, ogni intervento di questo genere rischia di essere vissuto come un’invasione. Per Leader, la domanda che l’analista non dovrebbe farsi è: “come posso curare o aiutare lo psicotico”? Piusttosto: “a cosa posso servigli? Che uso può fare di me?” Una delle più forti impressioni trasmesse da questo libro è che Leader nutre un immenso rispetto per i suoi pazienti. Soprattutto li vuole ascoltare.
E’ fondamentale, dice Leader, per una comprensione lacaniana della psicosi, capire che qualcosa nel mondo del significato è stato violato. Di solito, il linguaggio si attiene alle sue regole, definisce il mondo in una sorta di rete simbolica, e passa senza troppi problemi dal parlante all’ascoltatore. Nella psicosi esso invece si frantuma o assume forme grottesche, si gonfia nelle proporzioni, con voci provenienti dal nulla o da Dio… Anche in queste deformazioni, comunque, c’è qualcosa che potremmo riconoscere.
Dr. Walter La Gatta
Fonti:
What Is Madness? by Darian Leader – review, Guardian
Darian Leader: ‘Madness is the rule rather than the exception’, Guardian
Link:
Brano tratto dal libro What is madness (in inglese)
Immagine:
Copertina del libro e Flickr
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
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