La canzone impegnata in Francia: Bernard Lavilliers
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La canzone impegnata ha ancora un significato nel XXI secolo? Possono essere conciliate critica sociale e società dello spettacolo? Cosa provano gli spettatori in un concerto dal vivo? La fusione collettiva diventa una coscienza comune? Si dovrebbero cantare le “cause perse” ? Sono veramente perse? Nella nostra storia culturale, la canzone sociale è il substrato della chanson francese. Sulla scia di questa canzone impegnata, Bernard Lavilliers ) trasmette da diversi decenni la memoria delle persone oppresse, le loro sofferenze così come le loro ricchezze. Le opere artistiche e musicali – in particolare l’arte della canzone – possono ancora permettere un processo di emancipazione individuale e collettiva? Questo non significa assoggettare l’arte, spesso considerata di per sé sovversiva, al volere politico?
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Se, in Francia, la canzone sociale deriva da una tradizione nazionale, con la seconda modernità essa è stata messa ai margini da una canzone più legata all’interiorità, alla soggettività, agli stati d’animo … La fiducia nei poteri messianici utopici o emancipatori dell’arte è stata quindi indebolita e i sospetti sulla sua inefficacia politica e sulla sua possibile strumentalizzazione si sono accresciuti. La seconda modernità determinerà la fine delle avanguardie? Oppure “l’arte può (ancora) rivendicare un significato e un’utilità nelle cose umane, far coincidere prassi e poiesi aristoteliche, regole di condotta nell’azione e proposte artistiche? “. Di questo si parla nell’opera « Bernard Lavilliers en concert. Pour en soiologie politique de la chanson » pubblicato dalle edizioni camion n blanc a metà novembre 2012.
Bernard Lavilliers propone una narrazione del mondo ribelle, riempendo le sale ad ogni sua tournée. Come vivere nel nostro mondo, quando i discorsi politici lasciano senza voce una parte crescente della popolazione? Come rimanere cittadini impegnati in un mondo di incertezze che si è quasi rinunciato a tentare di gestire in modo collettivo? E’ in questo che la scelta di un artista come Lavilliers trova senso: in un percorso artistico che rivendica le sue radici nelle origini regionali (Saint-Etienne) e operaie (figlio di un operaio, un tempo tornitore) , che manifesta il suo sostegno al mondo del lavoro (ha cantato per i lavoratori della siderurgia lorena di Thionville, nella vallata di Fensch negli anni ’90 così per i minatori della Arcelor Mittal oggi); chi canta, legge, dice delle poesie nei suoi concerti, esalta la celebrazione della svolta verso l’altrove, verso l’Altro, in una sorta di viaggio ermeneutico, dove è possibile (ri) trovare in sé le tracce del proprio desiderio intimo di essere, che moltiplica nei concerti gli indirizzi politici al pubblico. Ma nei concerti, la fusione condivisa è coscienza comune? Come comprendere questa narrazione del mondo che Lavilliers offre agli spettatori dei suoi concerti? Attraverso dei testi molto impegnati attraverso la performance vocale e scenica, attraverso il caldo timbro vocale del cantante, attraverso il coinvolgimento del corpo, la qualità dei musicisti, tutti i poli-strumentisti, certo, ma anche e soprattutto attraverso l’esperienza collettiva. Un concerto è un momento “fuori dal tempo”, un rituale che strappa lo spettatore dalla temporalità sociale ordinaria, un momento durante il quale lo stress della vita di tutti i giorni sembra bandito e poi improvvisamente viene riflesso. E’ soprattutto un momento da vivere con gli altri.
Una Conferenza sulla Paura
La canzone è un’opera aperta ed è nelle risonanze biografiche di ciascuno che essa prende il suo significato, oltre che nell’esperienza collettiva all’interno della comunità e nella condivisione delle emozioni che veicolano significati al pubblico. A partire dall’ analisi delle canzoni, dall’osservazione dei concerti e delle interviste con gli spettatori di questa icona della modernità, che è il cantante Bernard Lavilliers, il libro si chiede cosa avviene tra un artista e il suo pubblico, in una sociologia che non riduce il pubblico ad un uditorio passivo, ma cerca di dare un senso alle emozioni.
Vengono presentate qui di seguito due interviste di spettatrici ad un concerto.
“Mi sono capitate tante cose” Maravilla, 64 anni, casalinga, naturalizzata francese, spagnola (è il modo in cui si presenta)
“L’ho visto molto in TV, questa è la prima volta che lo vedo in concerto … amo la sua musica, è caldo, e ci sono buoni musicisti. Volevo parlare con lui … La sua musica è sublime, bravo per il coraggio … io non faccio politica, mio padre ha sofferto molto con Franco e questa merda di politica … Quindi, non parlo di politica … ognuno ha la sua opinione.
Ammiro Lavilliers, ha il coraggio di parlare apertamente: ha la sua opinione e spetta a voi giudicare. E poi Marine Le Pen… Noi stranieri non siamo dei mostri, giusto? 1
Non posso neanche stare coi vecchi, brontoloni, mi rifiutano, ma poco male, faccio ceramica, acquerelli! Mi piace: difende le sue idee, mi è piaciuta l’atmosfera, la gente era di tutti i tipi. I giovani, hanno bisogno di sentire quello che dice. La musica mi ha fatto piangere … me ne sono capitate di cose, e poi ho divorziato, ho avuto una figlia malata e poi questa musica. Le sue canzoni, mi fanno piangere e mi fanno vivere (piange, tirando su col naso)« Attention fragile » mi ha fatto piangere … Non ci sono bianchi e neri nella musica. Ho rispetto per la sua musica. Vorrei comprare il suo CD, cucirò di più per comprare il suo CD. Dategli un bacio da parte mia, ditegli che ammiro il suo coraggio, non dimenticate il bacio … “
La commovente testimonianza di Maravilla è interessante per l’adesione alle idee prima negate, poi espresse a malincuore raccontando la storia della sua vita, le sue sofferenze: la musica esprime (e permette di esprimere), le emozioni attraverso le quali i sentimenti prendono corpo. E il suo corpo si esprime: ci sono lacrime, sorrisi, e tante emozioni: della connivenza, un po’ di rabbia dell’ammirazione e del rispetto.
“Lui riesce a dire ciò che sento e non riesco a dire. (…) Lui è una coscienza del mondo “(Rosalie, infermiera, 54).
“Io sono una persona non condizionata, è come il cibo. E ‘ stato molto forte, il suo ultimo album, mi ha liberato la testa. Ero su una nuvoletta dopo il concerto. Ero proprio davanti ed ho potuto vedere tutti i piccoli dettagli: i gesti, il contatto visivo con i musicisti, i sorrisi … Non sono delusa, è all’altezza dei suoi testi. Sono molto forti le sue canzoni ma ci sono frasi che non riesco a sentire, sono troppo dure, e mi turbano. « j’ai recouvert ton visage de sable » (ho ricoperto il tuo viso di sabbia) per esempio. 2
Alcune canzoni mi toccano più delle altre: “l’exilé” (l’esiliato) per esempio: ” « J’ai 2 bracelets d’acier qui entravent mes bras Le bruit des bottes qui résonnent, mon père a connu ça» (Ho 2 braccialetti di acciaio che impacciano le mie braccia. Il rumore degli stivali che risuonano, mio padre ha conosciuto tutto questo). 3
Anche attraverso le mie origini, mio padre è del Mali e mia madre della Normandia, ho conosciuto tutto ciò che è legato all’asservimento. Ho vissuto nelle Indie Occidentali, la schiavitù ha lasciato il segno. “Causes perses”, questa canzone mi dice molte cose, ho viaggiato in Africa … la Francia era l’Eldorado che prometteva il lavoro … (silenzio) Capisco perché gli emigranti accettavano. (Cita le parole a memoria):
« Tous ces hommes sans femmes des quatre coins du monde
Seuls dans les dortoirs comptent les secondes
Partir si loin pour ne pas réussir
Avoir un toit pour dormir»4
(Tutti questi uomini senza donne ai quattro angoli del mondo
Soli nei loro dormitori contano i secondi
Andare così lontano per non riuscire
Ad avere un tetto per dormire)
In Francia ho incontrato dei lavoratori emigrati che sono caduti nella marginalità. Questa è la realtà, e questo mi tocca molto. Bernard Lavilliers ha la particolarità di cogliere nel dettaglio, ciò che è essenziale per le persone, in poche parole:
« Frapper à des portes en fer qui ne s’ouvrent pas
Parler à des gens trop fiers qui ne me voient pas »5
(Bussare alle porte in ferro che non si aprono
Parlare a delle persone troppo orgogliose che non mi vedono)
Questo l’ ho vissuto! Ho una cultura occidentale, ho studiato. Quando mi trovo di fronte ad alcune persone noto dei pregiudizi, per il mio colore, si, per il colore della mia pelle. Dei poliziotti in una località di villeggiatura, volevano informazioni, mi hanno ignorato, io che ero la responsabile. Vedo, analizzo e … (silenzio) reagisco. Bernard Lavilliers è stato in grado di vedere i dettagli … Lui lo sa! Come fa? Riesce a capire …
« Trafic vertu
J’aime ou je tue
(…)
Que veux-tu que je sois
Dans cette société-là?
Un ange ou un cobra
Un tueur ou un rat?
Où veux-tu que je vive
Dans la radioactive?»6
(Traffic vertu
Amo o uccido
(…)
Cosa vuoi che io sia,
In questa società?
Un angelo o un cobra
Un assassino o un topo?
Dove vuoi che io viva
Nella radioattività?)
Che cosa ho a che fare con queste persone? Divento violenta? Accetto? Mi sottometto? Questa è la domanda che mi pongo: “Un angelo o un cobra? Un assassino o un topo? “Mi fa pensare, Lavilliers. E « identité nationale » Io vivo in un angolo sperduto tra le montagne, ed è tutto sotto controllo … E « tu deviens repérable sur ton adresse IP » (e tu diventi reperibile tramite il tuo indirizzo IP) 7
Internet vi controlla. La classe dominante si serve di voi, vi influenza, vi utilizza socialmente …E’ 1984 di Orwell … Ci sono modi per manipolare le persone con quello che ci viene insegnato, che va e modellare la nostra identità e Lavilliers è consapevole di questo. Utilizza i suoi mezzi, è una coscienza del mondo. Questo è quello che vedo e questa coscienza è essenziale: ha viaggiato, i suoi album sono in tutto il mondo … Per far passare i suoi messaggi, deve essere nella società.
E« la grande marée », (alta marea) è una delle sue prime canzoni: mi dà una sensazione (silenzio) è quello che lava, standardizza tutto … In Normandia, l’equinozio di primavera, una marea si alza e spazza via tutto … e tutto diventa uniforme, siamo tutti uguali, non siamo più in grado di ribellarci e di urlare.
Nel ’68, avevo 12 anni, ho conosciuto questa solidarietà nelle strade, ora le persone non sono più in grado di farlo perché tutto è stato ripulito… questa è l ‘ “alta marea”. Le persone sono state conquistate dal comfort. Tutto è appiattito, nessun problema con i padroni.
Ciò che lui fa è grande, perché è il vettore di un sacco di idee e di denunce. Questo è importante che avvenga in una società grazie agli artisti, le cose possono muoversi, ci sono i discorsi politici, ma non ci interessano più. Gli artisti come lui hanno la capacità di mettersi a livello delle persone comuni e quello che dice, la serietà delle sue parole, entra in contrasto con i ritmi delle canzoni da ballare. A volte ballo, a volte sento le parole. Arriva a dire quello che sento e non posso dire. Resta fedele a sé stesso e durante i suoi concerti … quasi non parla abbastanza. Ma a volte, dice una parola ed essa è essenziale, doveva dirla! ‘
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La testimonianza di Rosalie è particolarmente sorprendente: in primo luogo, per la buona conoscenza dei testi delle canzoni, poi per la sua reinterpretazione dei testi, alla luce della sua esperienza, reinterpretazione che le fornisce una griglia di interpretazione del mondo che sostiene le sue parole, esprime la sua sofferenza. Vi è un costante avanti e indietro con i testi che danno l’impressione di una maggiore consapevolezza del mondo. In una complessa tensione tra mondo sociale, cantautore e spettatori, questo è un tipo di ermeneutica in favore di una posizione politica che si avvicina a quella di Rosalie, una sorta di poetica della lacrima che mi sembra ben riflettere lo scopo – per quanto non intenzionale- che determina la ricezione della canzone: capire sé stessi mentre si cerca di comprendere i significati portati dalle canzoni. La canzone suggerisce e lo spettatore costruisce. La canzone vive su un plus valore di significato che apporta chi riceve la canzone, anche per il fatto che in un concerto la ricezione è collettiva in una sorta di comunità di interpretazione che ha delle aspettative socializzate. Per Bachtin, la letteratura porta in sé una dimensione che sembra esotopica che ci permette di comprendere la canzone “secondo la quale l ‘ ” io “dell’autore si apre all’altro fino a diventare il” sé-altro ” 8 e in un concerto, l’esperienza stessa è il cuore di questa polifonia dell’interpretazione collettiva in cui ciascuno porta il suo universo di valori di riferimento, cioè una sorta di “ampliamento dell’orizzonte della propria esistenza” 9 in un investimento emotivo, narcisistico rafforzato dallo scambio immediato e collettivo. Per Rosalie, ci sono la sua storia familiare, il suo colore della pelle, le sue esperienze, i suoi impegni.
Ma la critica sociale, rappresentata da una figura emblematica e carismatica può diventare un modo di chiedere al mondo solo ciò che si vive in comune, in uno spazio politico alternativo, ed il libro tenta di decriptare queste modalità.
Prof. Beatrice Mabilon-Bonfils
1. Maravilla parla con un accento spagnolo molto forte.
2. A dire il vero, questa frase non sembra tratta da una canzone di Bernard Levilliers – salvo errore da parte nostra – il che è ancor più sintomatico di ciò che l’ascoltatore fa di ciò che capisce o crede di capire.
3 Tratto da L’exilé, Album Causes perdues et musiques tropicales, 2010, B Lavilliers
4. Tratto da Causes perdues, Album Causes perdues et musiques tropicales 2010, B Lavilliers
5. Tratto da L’exilé, Album Causes perdues et musiques tropicales, 2010, B Lavilliers
6. Tratto da Traffic , Album histoires , 2002, B Lavilliers
7. Tratto da Identité nationale, Album Causes perdues et musiques tropicales, 2010, B Lavilliers
8. Dessinue, a. ( 2010). polyphonisme, de Batkhine à Ricoeur, in Ateliers de théorie littéraire, Fabula, http://www.fabula.org/atelier.php?Polyphonisme%2C_Bakhtine_%26agrave%3B_Ricoeur
9. Ricœur, p ; 1982, Temps et récit, I, l’intrigue et le récit historique, points essais, Paris, le seuil, p151.
Testo in francese: Bernard Lavilliers en concert
Video You Tube, Bernard Levilliers Causes perdues , La grande marée, Traffic, Noir et Blanc
Traduzione a cura di psicolinea.it (riproduzione vietata)
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Béatrice Mabilon-Bonfils è professore universitario di sociologia. Dirige il laboratorio EMA (École, mutations, apprentissages) – EA 4507 dell’Université di Cergy-Pontoise.
I suoi interessi di ricerca riguardano la sociologia dell’educazione et la sociologia della musica. Nella sua ultima opera, apparsa nel 2012 e scritta in collaborazione con François Durpaire “Indignons nous pour notre école” (Indignamoci per la nostra scuola), vengono suggerite 20 proposte per la riforma della scuola.