L’intelligenza sociale: una risorsa per la società
Relazione sulle Coppie Non Monogamiche
L’ intelligenza, in particolare quando è elevata, può essere considerata un prezioso capitale che serve a promuovere e a mantenere la società umana, come documentato in diversi studi che dimostrano quanto dobbiamo all’intelligenza nel raggiungimento di molti obiettivi (Kell, Lubinski, e Benbow, 2013; Lubinski, Benbow, Webb, e Bleske-Rechek, 2006; Rindermann & Thompson, 2011).
Cosa è l’intelligenza sociale?
Un tipo particolare di intelligenza è quella sociale: si può insegnare alle persone ad essere più efficaci nell’interazione sociale? Le competenze relazionali possono essere migliorate?
Siamo infatti tutti d’accordo sul fatto che dovremmo trattarci l’un l’altro con maggiore “umanità”; quello che pochi sanno è che, al di là del fine morale, essere “buoni” con gli altri aiuta a stare meglio.
L’evidenza empirica infatti da molte fonti conferma una forte associazione tra funzionamento sociale e salute fisica in persone di tutte le età.
Gli individui con forti relazioni sociali hanno un funzionamento cardiovascolare più sano, risposte immunitarie più efficienti per gli agenti patogeni, soffrono meno di disabilità, in risposta alla malattia, e vivono più a lungo [Berkman LF, Glass T, Brissette I, Seeman TE, 2000-Nyqvist F, Forsman AK, Giuntoli G, Cattan M, 2013].
Inoltre, anche la salute emotiva dipende in gran parte dalla qualità delle relazioni sociali.
Ansia e depressione sono infatti spesso collegate a legami sociali perduti, ma in ogni caso le persone senza relazioni sociali sono quelle a maggior rischio di suicidio [Bonanno RA, Hymel S., 2010].
Infine, va osservato che, sul piano antropologico, è essenziale avere successo in gruppo: ne va della sopravvivenza. Come Humphrey [2002] ha osservato infatti, siamo anzitutto degli animali sociali. Senza la capacità di percepire le intenzioni degli altri animali, o di influenzare le loro azioni, non avremmo potuto sopravvivere.
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Nonostante il valore della capacità di avere interazioni positive con gli altri, vi sono prove che nei paesi industrializzati occidentali i giovani adulti abbiano difficoltà a relazionarsi fra loro [Hawkley LC, Thisted RA, Cacioppo JT, 2009].
Ci sono inoltre segnali di frequente disprezzo reciproco fra i giovani adulti. In una meta-analisi relativa a 72 studi empirici condotti negli ultimi 30 anni, Konrath, O’Brien, e Hsing [Konrath SH, O’Brien EH, Hsing C, 2011] hanno segnalato un calo del 34% delle competenze relazionali.
I cali più ripidi si sono verificati nel corso degli ultimi 10 anni. Inoltre, le interazioni sociali negative appaiono molto diffuse.
Nei loro studi sul bullismo a scuola, Wang, Iannotti, e Nansel [2009] hanno rilevato che ben 1 su 7 adolescenti è stato più volte preso di mira dai suoi pari per maltrattamenti.
La maggior parte di questi studi sono stati condotti negli Stati Uniti, ma sono stati i ricercatori provenienti da nazioni europee a dare maggiore attenzione ai problemi del bullismo nei loro paesi [Castillo R, Salguero JM, Fernández-Berrocal P, Balluerka N, 2013].
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E’ possibile dunque ridurre disimpegno e disinteresse sociale? Si può formare una persona alla intelligenza sociale?
Si è visto che le capacità relazionali si creano in giovane età ed è difficile modificarle, se non forse con la psicoterapia intensiva [Bowlby J., 1992]. I programmi di apprendimento socio-emotivo per bambini sono sembrati efficaci [Durlak JA, Weissberg RP, Dymnicki AB, Taylor RD, Schellinger KB, 2011], anche se alcune critiche successive hanno gettato qualche ombra sulle affermazioni di successo dei programmi [Social and Character Development Research Consortium.Efficacy of Schoolwide Programs to Promote Social and Character Development and Reduce Problem Behavior in Elementary School Children (NCER 2011–2001). Washington, DC: National Center for Education Research, Institute of Education Sciences, U.S. Department of Education; 2010].
L’intelligenza sociale (abbreviata SI, in lingua inglese) fu introdotta inizialmente da Thorndike [1920], e riferisce ad una profonda consapevolezza del valore delle interazioni sociali, della capacità di prendere la prospettiva di un altro, di impegnarsi in relazioni soddisfacenti [Goleman D., 2006].
Mentre la maggior parte delle definizioni di SI sono abbastanza simili, se non completamente sinonimi di “competenze sociali”, [Kihlstrom J, Cantor N. 2011; Snow NE. 2010], nell’intelligenza sociale vi è anche un importante elemento centrato sulla persona, cioè un impegno a ridurre l’oggettivazione degli altri e a favorire l’ “umanizzazione” delle relazioni [ Zautra A, Infurna, FJ, Zautra, E. ].
Anche se il termine “intelligenza” connota una capacità stabile, la maggior parte dei ricercatori definiscono la SI non come una caratteristica fissa, come per il QI, ma un insieme organizzato di principi cognitivi che permettono giudizi precisi e scelte sagge nelle proprie interazioni sociali: una capacità che si sviluppa con la riflessione su se stessi, unita ad una maggiore comprensione del proprio mondo sociale, ad una maggiore motivazione a diventare meno centrati su di se e più attenti agli altri [Hemingway A, 2012, Kihlstrom J, Cantor N, 2011, Riess H, Kelley JM, Bailey RW, Dunn EJ, Phillips M, 2012].
L’intelligenza emotiva (EQ) è un costrutto che viene spesso utilizzato in combinazione con la SI.
Salovey & Mayer [1990] definiscono l’EQ come la capacità di monitorare le emozioni proprie e degli altri, di discriminare tra esse, e di utilizzare queste informazioni per guidare il proprio comportamento.
Nei contesti sociali è importante saper dominare le proprie emozioni e i programmi di EQ hanno dimostrato che una maggiore pratica produce una migliore consapevolezza non solo delle proprie emozioni e motivazioni, ma anche dei sentimenti e delle motivazioni degli altri [Fredrickson BL, Cohn MA, Coffey KA, Pek J, Finkel SM, 2008, Zautra AJ, Davis MC, Reich JW, Sturgeon JA, Arewasikporn A, Tennen H. , 2012].
Un recente test di un programma di intelligenza emotiva condotto in Spagna su adolescenti ha riscontrato una diminuzione delle emozioni negative nei rapporti interpersonali (ostilità), mentre gli indici relativi all’empatia non erano sempre uniformi, e miglioravano principalmente nei maschi [Castillo R, Salguero JM, Fernández-Berrocal P, Balluerka N, 2013].
Noi esseri umani siamo, per definizione, degli esseri relazionali [Gazzaniga M. 2011].
Come ha sottolineato Lieberman [2013] , le più emozionanti esperienze della vita si svolgono in gruppo e le attività più significative coinvolgono sempre persone a noi vicine.
Gli interventi di intelligenza sociale possono informare le persone su quanto sia centrale il mondo interpersonale nella propria vita, incoraggiandole ad ampliare le loro capacità di formare e mantenere relazioni sociali, imparando anche dalle esperienze passate e dalle relazioni più difficili.
Un programma di formazione all’intelligenza sociale deve saper modificare le principali cognizioni per quanto riguarda l’impegno sociale, le aspettative di efficacia nelle prestazioni degli altri [Matsushima R, Shiomi K., 2003], l’adozione di valori fondamentali connessi con l’umanizzazione delle relazioni sociali [Snow NE., 2010].
Inoltre, l’approccio deve includere attenzione ai potenziali ostacoli allo sviluppo socio-emotivo a causa di eventi avversi nell’infanzia [Zautra A, Infurna, FJ, Zautra, E.; Masi CM, Chen HY, Hawkley LC, Cacioppo JT, 2011] o attaccamento insicuro, che è prevalente nelle culture occidentali [Zautra AJ, 2013].
Un recente studio (Zautra EK, Zautra AJ, Gallardo CE, Velasco, 2015) ha mostrato che un programma di formazione all’intelligenza sociale porta gli studenti a migliorare la propria sensibilità e a sviluppare una maggiore fiducia nella capacità di avvicinarsi con successo alle relazioni sociali.
I risultati non variano in funzione dei livelli precedenti di intelligenza emotiva, e non vi sono differenze fra uomini e donne.
I dati dello studio indicano che la comprensione emotiva non sia strettamente necessaria affinchè le persone possano imparare a gestire meglio i loro comportamenti sociali.
EQ e SI sono costrutti simili ma separati, e pertanto un intervento per influenzare uno dei due aspetti non influenza automaticamente anche l’altro.
I programmi che hanno come target il miglioramento delle relazioni sociali possono essere dunque di successo anche senza approfondire lo studio delle capacità emotive e dei programmi di regolazione delle emozioni.
Dr. Walter La Gatta
Fonti:
Shakeshaft NG, Trzaskowski M, McMillan A, et al. Thinking positively: The genetics of high intelligence. Intelligence. 2015;48:123-132. doi:10.1016/j.intell.2014.11.005.
Zautra EK, Zautra AJ, Gallardo CE, Velasco L. Can We Learn to Treat One Another Better? A Test of a Social Intelligence Curriculum. Bard KA, ed. PLoS ONE. 2015;10(6):e0128638. doi:10.1371/journal.pone.0128638.
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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