Il ruolo sociale del pettegolezzo
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Il pettegolezzo è un fenomeno molto studiato e nel tempo gli psicologi sociali hanno formulato diverse definizioni al riguardo:
Eder & Enke (1991) ad esempio hanno definito il gossip come “discorsi valutativi che riguardano una persona che non è presente“;
Noon e Delbridge (1993) hanno preferito parlare di un “processo comunicativo informale che riguarda informazioni valutative sui membri di un contesto sociale“;
Jorg R. Bergmann (1993) ha elencato gli argomenti più comuni del pettegolezzo: qualità personali e idiosincrasie, sorprese e incongruenze comportamentali, discrepanze tra comportamento reale e richieste morali, cattive maniere, modalità non accettate di comportamento, carenze, scorrettezze, omissioni, presunzioni, errori, disgrazie e fallimenti.
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Un pettegolezzo, per essere tale, secondo i ricercatori che se ne sono interessati, non deve mancare di questi elementi:
- Deve riguardare una terza persona,
- La persona deve essere assente al momento in cui se ne parla,
- La persona di cui si parla deve essere conosciuta, anche indirettamente, dai pettegoli,
- Oltre a fatti e informazioni devono essere espressi dei giudizi valutativi, anche solo con il linguaggio del corpo.
E’ interessante sapere che l’etimologia inglese del termine “gossip” (pettegolezzo), fa risalire l’espressione all’inglese antico “God-sibb”: letteralmente una persona collegata ad un’altra per volere di Dio, cioè il rapporto particolare di due persone molto intime, che parlano di questioni personali, ma anche di relazioni, condividendo molti segreti.
Nella lingua tedesca invece esiste l’espressione “coffee-klatch“, che riguarda gli incontri di un gruppo di conoscenti che si vedono (ad esempio per prendere un caffè), con l’esplicito proponimento di fare pettegolezzi (klatch). Sembra che il coffee-klatch abbia avuto origine nel diciottesimo secolo nei bar per soli uomini, dove giornalisti e professionisti si ritrovavano per mettere a confronto le loro informazioni.
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La parola italiana “pettegolezzo” invece, secondo alcuni studiosi, potrebbe derivare dal termine “pithecus” (scimmia). Forse è proprio da questa ipotesi che sono partiti alcuni psicologi sociali (vedi Robin Dumbar, 1998) nel formulare la teoria secondo la quale l’umano pettegolare sia simile al “grooming” dei primati: questi ultimi, spulciandosi reciprocamente, riescono infatti a mantenere le relazioni con la loro cerchia, che in natura conta circa 50 individui.
Le cerchie degli esseri umani invece, che sono molto più vaste (in media il social network reale di ogni persona conta circa 150 individui) richiedono, secondo la teoria citata, strumenti sociali come il pettegolezzo, per mantenere i contatti con tutti.
Si è inoltre ipotizzato che in una comunità ristretta il pettegolezzo possa servire per preservare la stabilità dei gruppi e la loro convivenza pacifica. Sapere chi sono gli altri intorno a noi e cosa realmente fanno, aiuta a prevenire i conflitti e a garantirsi una certa sicurezza personale.
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Quando andiamo ad abitare in un nuovo condominio, ad esempio, ci si presenta agli altri in modo informale: diciamo più o meno chi siamo, cosa facciamo e qualche altra amenità, ma non raccontiamo certo il nostro stato di salute, quanto guadagniamo, se abbiamo debiti, se facciamo uso di sostanze, il nostro orientamento sessuale e se abbiamo relazioni extra-coniugali… Tutte queste informazioni possono essere dedotte dagli altri, a partire da numerose ipotesi e indizi.
Avere queste informazioni non è certo essenziale per gli altri condomini, ma è innegabile che si tratta di argomenti che, prima o poi, potrebbero tornare utili nel caso ad un certo punto vi fossero dei contrasti o dei conflitti di interesse.
Avere il massimo delle informazioni possibili su qualcuno o qualcosa: ecco perché tutti sentono il bisogno di sapere di più sulle persone che frequentano e, per farlo, ricorrono senza scrupoli ai pettegolezzi.
Essere oggetto di un pettegolezzo tuttavia non è mai piacevole e le persone fanno in effetti di tutto per evitare questa situazione (per questo motivo si è anche detto che i pettegolezzi favoriscono i comportamenti morali e virtuosi nella comunità…).
Spesso le dicerie, passando di bocca in bocca, vengono arricchite di commenti e particolari per rendere il pettegolezzo più “gustoso” per chi ascolta.
Non tutti i pettegolezzi sono automaticamente maldicenze: si può dire ad esempio di una persona che “fa bene” a fare quello che fa, ma è sicuramente più frequente che i pettegolezzi richiamino le debolezze osservate nella persona, piuttosto che le sue virtù.
Il pettegolezzo trova spazio quando le persone hanno poco in comune e dunque non hanno discorsi o interessi da condividere: in questo caso si ricorre al pettegolezzo proprio per riempire dei vuoti, per superare momenti di silenzio o di noia. In genere si parte con qualche osservazione positiva o neutrale su una persona, per poi arrivare all’elenco delle cose negative che la riguardano.
Il pettegolezzo ha anche la funzione di permettere il confronto sociale: nei pettegolezzi infatti le persone vengono messe a confronto con altre e con sé stessi e in questo modo si ha la possibilità di conoscere il proprio valore.
A formulare questa teoria fu Leon Festinger (1954), il quale riteneva che le persone avessero un desiderio fortissimo di valutare le loro opinioni e abilità: nell’impossibilità di avere dei banchi di prova reali sui quali potersi confrontare, gli individui cercano di ottenere informazioni sulle reali capacità ed abilità degli altri attraverso i pettegolezzi.
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Un altro aspetto, non irrilevante, del pettegolezzo è che esso è un importante strumento di potere, che può essere utilizzato al momento opportuno per distruggere la reputazione di rivali ed avversari. (Si pensi al gossip politico… In America quanti politici hanno dovuto rinunciare alla corsa presidenziale a causa dei pettegolezzi sulla propria vita privata?)
Tuttavia sapere le cose personali dei personaggi famosi o dei politici interessa molto non solo i colleghi o gli avversari, ma anche la gente comune.
Il fatto di vedere queste celebrità al cinema, in televisione o sui giornali le rende vicine, per cui si comincia a sentire una certa familiarità nei loro confronti e si desidera sapere di più sulla loro vita privata. In questo modo, si parla per ore di persone mai viste e conosciute direttamente, come se fossero degli amici o dei familiari stretti: quella coppia si lascia, quell’altra aspetta un figlio, quegli altri si tradiscono, ecc…
E’ un gossip apparentemente inutile e superficiale, ma che è tuttavia importante nella comunicazione sociale perché fornisce un vocabolario comune.
Parlare di questi personaggi, vicini e lontani nello stesso tempo, non rende indiscreti nei confronti degli altri, ma nello stesso tempo permette di creare un linguaggio condiviso che facilita la relazione e permette di affrontate argomenti spesso difficili e scabrosi (che per discrezione non verrebbero mai trattati citando situazioni personali).
Il gossip sui personaggi famosi serve inoltre per sognare, fantasticare, esplorare le proprie emozioni nel conoscere i particolari di vite completamente diverse: si può provare invidia, ammirazione, disgusto e tutto questo alimenta quello che chiamiamo “divertimento”, cioè tutto ciò che può dare nello stesso tempo svago e piacere.
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Infine, un discorso importante sulle dicerie (che oggi chiamiamo Fake News) che riguardano fatti non provati, ricevute da fonti anonime, a volte vere e proprie calunnie, capaci di distruggere la vita di una persona.
Prima di rendersi responsabili della diffusione di un pettegolezzo troppo malvagio su qualcuno, varrebbe la pena di rifletterci su: come dice Paul Valery, “tutto quello che dici parla di te, in particolar modo quando parli di un altro”.
Dr. Giuliana Proietti
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Immagine:
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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