Il porno femminista non esiste
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Il porno femminista: un ossimoro?
Il porno femminista è un marchio di produzione che vorrebbe farci credere che esiste un porno “buono” (egualitario, consensuale) rispetto a un porno “cattivo” (un’industria mainstream dominata dagli uomini). Sfortuna vuole che il porno femminista non piaccia a tutte le donne …
” Le ragazze consumano un prono diverso da quello dei maschi: guardano le cose più violente. Più intense, in ogni caso.” Se dobbiamo credere a Stephen des Aulnois, fondatore della rivista online Le Tag Parfait, sono i tag SM che risaltano quando si esaminano le statistiche di ricerca per le donne che frequentano i siti porno ” Le ragazze guardano il sadomasochismo spinto. Altrimenti, un’altra cosa che funziona molto bene con la popolazione di adolescenti (18-21 anni), è il tag “first anal”, cioè il filmato della prima sodomia.”
Stephen non se lo spiega. Aggiunge: ” Anche se non lo praticano, è l’ SM che le attrae.” Cosa se ne può dedurre? Per la regista Ovidie, autrice del documentario «A quoi rêvent les jeunes filles ?» (cosa fantasticano le giovani ragazze?), c’è qualcosa di sconvolgente: “Questa generazione sembra aver perduto interesse nella pornografia femminile “, lamenta. Peggio ancora, non solo le ragazze che sono cresciute con Internet si allontanano dalle produzioni “femministe”, esse preferiscono le produzioni “Macho”.
“Uno dei fenomeni sintomatici” di questa tendenza è la nascita di un attore che Ovidie mette pubblicamente alla gogna, “si chiama James Deen. Ha 27 anni ed è l’ attore del porno preferito dalle giovani donne. Domina, strangola, schiaffeggia e il suo pubblico femminile lo adora. Le donne gli dedicano dei tumblers. Le blogger non smettono di elogiare questo tipo. Perfino le mie amiche si scambiano dei video. Alcune dicono che è un femminista, perché rivendica il diritto per le donne di essere sottomesse e di gradire questa cosa. Sembra di sognare.” Per Ovidie, il successo di James Deen è rivelatore. Di cosa? Del fatto che le donne restano sottomesse ad un ordine patriarcale.
“Quando ho realizzato il mio primo film porno pensavo che il fondamento per la parità di genere fosse sufficientemente consolidato, in modo che la battaglia potesse progredire anche in quel territorio. Le lotte femministe conservatrici anti-porno mi sembravano di cattivo gusto e obsolete, non avevo consapevolezza del lavoro che restava da fare. La rivoluzione sessuale non ha più di 40 anni. Quarant’anni sono un tempo troppo breve per destabilizzare secoli di dominio maschile”. Per Ovidie, la pornografia non consente il cambiamento: “E’ solo una forma di sessismo diventato sexy che riproduce modelli arcaici”. Tuttavia, le rimane la speranza che la pornografia “femminista” permetta di fare evolvere questa mentalità. Il suo impegno sociale è quello di fare film in cui le donne e gli uomini si desiderano reciprocamente in un contesto propizio ai gesti di tenerezza, che permette una reale partecipazione. Come la regista svedese Erika Lust, che si batte per un porno “migliore” (vale a dire, femminista), la quale pensa che debba essere prodotto del cinema di sesso etico, che trasmetta veri valori.
Il problema è che – così facendo – Ovidie e Erika Lust trasmettono lo stesso discorso stigmatizzante delle associazioni anti-pornografia. Quando dicono che vogliono fare del porno “buono”, implicano che il porno è di per sé “cattivo”, unendosi alla coorte dei censori. Le loro argomentazioni – basate sulla distinzione dicotomica tra erotismo “buono” e pornografia “cattiva” – si basano sull’idea che si debbano stabilire norme sessuali di comportamento al cinema. Perché? Perché il porno è coinvolto nella formazione e contribuisce a legittimare un modello di relazioni che coinvolge la subordinazione delle donne, dicono … E’ questo un argomento rilevante? Sì e no. Sì, è vero che il porno influenza il modo in cui viviamo la nostra sessualità. Ma no, l’influenza diretta del porno sul comportamento degli spettatori (non diverso dalla violenza nei giochi di ruolo o nei videogiochi) non è mai stata provata.
Gli spettatori sono in grado non solo di distinguere tra finzione e realtà, ma derivano il loro piacere dallo iato che c’è fra un documentario e un porno. L’aspetto ‘autentico’ delle relazioni sessuali fornisce il materiale per il divertimento: sapendo che si tratta di attori, lo spettatore immagina che si tratti di cose “reali” e che “per davvero” le donne nella vita reale potrebbero offrirsi a lui come delle gatte in calore… Come fanno le pornostar sullo schermo. Tutto questo, naturalmente, è solo un gioco di fantasia. Come tutti i giochi, tende a sfumare i confini troppo netti che noi applichiamo alle categorie (bene-male, maschile-femminile), la simulazione pornografica è uno spazio di libertà che coinvolge lo spettatore / la spettatrice a proiettarsi in una scena emozionante, in quanto vietata.
Il porno è sessista perché è trasgressivo. Se non fosse trasgressivo, non sarebbe porno. Contrariamente alla morale borghese che punisce i comportamenti cosiddetti “bestiali”, l’eccesso, la pazzia e la violenza, il porno raffigura l’utopia di un mondo pieno di donne desiderose e disponibili. Si tratta di far sognare lo spettatore / la spettatrice sull’immagine di un desiderio contagioso, immediato, facile da soddisfare, tra le braccia di creature calde e viziose. Da questo punto di vista, è normale che le ragazze diano la preferenza a icone come James Deen. E’ assurdo pensare che queste ragazze non abbiano alcuna morale. Nulla è più necessario per le fantasie che la moralità. Questo è dove Ovidie, come Erika Lust, sbagliano nel sostenere la superiorità della loro produzione, con il pretesto che è consensuale, egualitaria e piena di buoni sentimenti. Il porno che pretende di liberare le donne dall’oppressione, a forza di immagini estetizzanti, le blocca in una immagine più dannosa delle peggiori produzioni hardcore.
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Il problema dell’etichetta “femminista” è che essa aiuta a riprodurre il giudizio binario di chi disprezza il porno. Pensiamo al “discorso normativo sulla ‘buona immagine’ sessuale “, dice il sociologo Florian Vörös: non fa che “riprodurre le scale di valore egemoniche”. Vörös cita a questo proposito una stella queer del porno, Jiz Lee (2), il cui discorso all’ultimo Feminist porn awards cominciva con la frase: “ Il ‘porno femminista’ non esiste.” Il “porno femminista” è un marchio di moda che attira l’attenzione della gente su qualcosa di importante: che l’industria del sesso e il femminismo non sono necessariamente in contrasto fra loro. Ma il problema di questa etichetta è che essa riassume il pregiudizio che ci sarebbe un sottogenere della pornografia accettabile rispetto al porno mainstream, che sarebbe invece misogino … Il che è falso ” .
“Questa etichetta non serve il porno perché mantiene dei preconcetti: che il porno è nelle mani di produttori macho che sfruttano le attrici, che il porno non è fatto per le donne, etc. La nostra società attribuisce al porno tutti i suoi mali. Ma non è il porno, è la società che produce disuguaglianze sociali tra uomini e donne. E’ la società che assegna alle donne il ruolo della bambola Barbie. Il porno, lui, è un numero infinito di sottogeneri che coprono tutte le pratiche, tutti i possibili giochi di ruolo, tutte le perversioni. Alt-porno, indie porn, porno etico, porno per le donne, per le lesbiche, per i trans … La maggior parte di queste produzioni non cercano di tracciare una linea tra ciò che è buono o cattivo, ma di combattere lo stigma contro il porno. Lo stigma fa credere che il porno sia monolitico. La realtà è che il porno esplora tutte le forme del corpo e tutti i tipi di sessualità”.
LEGGERE: Cultures pornographiques, diretto da Florian Vörös, edizioni Amsterdam. 320 pagine. 23 €.
NOTE
(1) Il documentario «A quoi rêvent les jeunes filles?» realizzato da Ovidie, è stato trasmesso Martedì 23 Giugno 2015, 23:10 su France 2.
(2) Jiz Lee si definisce come un Gender-Queer, vale a dire né uomo, né donna, né etero, né omo, ma tutto questo, secondo il ruolo che ha voglia di assumere.
PER SAPERNE DI PIU’ : «A quoi sert le porno ?». «Sommes-nous sexuellement libérés ?».La prima parte del dossier: Un porno moins sexiste ? (consacrato al lavoro della regista svedese Erika Lust)
Agnès Giard
Articolo originale: Le porno féministe n’existe pas, Les 400 Culs
Traduzione autorizzata, a cura di psicolinea.it
Immagine:
Erika Lust, Wikimedia
A10
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Agnès Giard autrice di libri, giornalista e dottore in antropologia, ha lavorato in passato su nuove tecnologie, artisti underground e cultura popolare giapponese, prima di dedicarsi alla sessualità. Nel 2000, è diventata corrispondente per la rivista giapponese SM Sniper con cui lavora da più di dieci anni. Nel 2003 ha pubblicato un libro d’arte in Giappone: Fetish Fashion poi ha iniziato una serie di ricerche che saranno pubblicate in collaborazione con artisti contemporanei giapponesi come Tadanori Yokoo, Makoto Aida, Toshio Saeki, etc. Il suo primo libro, L’Imaginaire érotique au Japon, tradotto in giapponese, è classificato 4 ° tra i libri stranieri più venduti. La sua biografia completa è disponibile qui:
http://sexes.blogs.liberation.fr