Il lupanare di Pompei
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Nel cuore delle rovine di Pompei, una delle città romane più famose e ben conservate, giace un aspetto della vita quotidiana che ha catturato l’immaginazione dei visitatori moderni: i lupanari, o case di piacere. Questi luoghi, con le loro pareti dipinte e le loro stanze intime, offrono un raro e prezioso sguardo nell’intimità sessuale e nella cultura erotica dell’antica Roma. Ecco qualche notizia per saperne di più.
Perché il lupanare si chiama così?
Poiché in latino lupa significa prostituta, non è difficile capire cosa fosse il lupanare. L’uso del termine “lupa” risale alla storia più antica del Lazio, quando si venerava la dea Lupa, e presso il suo tempio le sacerdotesse praticavano la prostituzione.
Oltre che “lupe” come venivano chiamate le prostitute?
Le prostitute venivano chiamate in vari modi: meretrices (dal verbo merere, guadagnare), ambulatrices (passeggiatrici), fornicatrices (quelle che esercitavano sotto i fornices, cioè i ponti), noctilucae (“lucciole”)
Quanti lupanari c’erano a Pompei?
Il bordello più florido di Pompei era quello di Africano e Vittore, ma in città ve ne erano moltissimi: esattamente 25, per una popolazione di 8-10.000 persone.
Come erano fatti i lupanari?
La maggior parte erano costituiti da una semplice camera sul retro di una locanda: vi era un letto rialzato in muratura sul quale era posto un materasso.
Chi erano le prostitute?
Le prostitute erano in genere delle schiave, o donne libere che prendevano in affitto la stanza. Non raramente la madre della ragazza (lena) o un protettore (leno) sfruttavano il lavoro sessuale di una ragazza prendendo in affitto una stanza per lei in una taverna o in un lupanare (da questo nome deriva il termine “lenocinio”). Si ritiene che anche le attrici e gli attori all’occorrenza si prostituissero.
Come è fatto il lupanare più importante di Pompei?
Il Lupanare più importante di Pompei è in un edificio a due piani: 5 celle al piano terra e 5 al piano superiore. Nel lupanare vi sono dipinti a soggetto erotico, posti nello spazio di accesso delle stanze. Forse si pubblicizzavano le prestazioni particolari di una prostituta, o sono semplici decorazioni per distinguere le varie stanze.
I clienti delle prostitute si proteggevano dalle malattie veneree?
Si. L’intestino di pecora essiccato, usato a mo’ di profilattico, impediva contagi ed era riutilizzabile.
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I bordelli venivano pubblicizzati in qualche modo?
Si. Un modo molto usato per attirare i clienti da parte delle prostitute era quello di vantare la propria “merce” in strada davanti al bordello oppure offrirsi nude, o con una veste trasparente, da una finestra, alla vista di chi passava. Il bordello era inoltre segnalato all’esterno da insegne molto esplicite. Ne conosciamo alcune: un fallo e la scritta: Hic habitat felicitas. «Qui abita la felicità»; quattro falli e un bussolotto per il gioco dei dadi; le tre Grazie assieme a una donna più anziana e la scritta ad sorores IIII. «dalle quattro sorelle».
Su questo tema ben poco è cambiato da allora.
Fonte principale: Wikipedia
Dr. Giuliana Proietti
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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