Burnout ieri e oggi
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Cosa è il Burnout?
Il burnout è un disturbo legato allo stress accumulato sul lavoro: può derivare da un sovraccarico di lavoro, dall’ambiguità del ruolo svolto, da una mancanza di autonomia e dallo scarso sostegno sociale.
Lo caratterizzano una lunga serie di sintomi, quali stanchezza, noia, disinteresse, accresciuta irritabilità, sensazione di non essere compresi, perdita di concentrazione e sentimenti di distacco. Il burnout può provocare la depressione, l’abuso di farmaci o di sostanze e una maggiore predisposizione alle malattie.
Gli esseri umani del passato erano meno inclini allo stress?
No: se così fosse stato, il medico romano Galeno non avrebbe scritto uno dei primi trattati sull’esaurimento. Come Ippocrate, infatti, Galeno riteneva che tutti i disturbi fisici e mentali potessero essere ricondotti al relativo equilibrio di quattro umori: sangue, bile gialla, bile nera e flegma (catarro). Un accumulo di bile nera, diceva, rallentava la circolazione dei liquidi nel corpo, intasando i percorsi del cervello e provocando letargia, torpore, stanchezza, indolenza e malinconia.
Con l’avvento del Cristianesimo, l’esaurimento fu visto come un segno di debolezza spirituale, una mancanza di forza di volontà, dovuta alla lotta dello “spirito contro la carne”.
Le spiegazioni religiose e astrologiche continuarono ad abbondare fino alla nascita della medicina moderna, quando i medici iniziarono a diagnosticare i sintomi della stanchezza fisica e psicologica come “nevrastenia“. I medici del tempo capivano che i nervi potevano trasmettere segnali elettrici e ritenevano che i soggetti con nervi deboli potessero dissipare energia, come avviene per un filo elettrico male isolato.
Diversi personaggi ottocenteschi ricevettero la diagnosi di “nevrastenia”: fra gli altri, Oscar Wilde, Charles Darwin, Thomas Mann e Virginia Woolf. Anche allora i medici facevano critica sociale e attribuivano questo malessere ai cambiamenti dovuti alla rivoluzione industriale, sebbene avere i nervi “delicati” nella classe sociale più elevata fosse visto al tempo come un segno di raffinatezza e intelligenza: alcuni pazienti languivano con orgoglio nella loro “nevrastenia” (la nevrastenia oggi è praticamente scomparsa dalla medicina moderna, anche se in Cina e in Giappone la si diagnostica ancora, secondo alcuni per evitare di parlare apertamente di depressione, malattia che conserva ancora un certo stigma nei paesi orientali).
Molte persone dunque, nel corso della storia, si sono sentite stanche ed esauste come accade per le persone dei nostri tempi, il che potrebbe far pensare che la stanchezza e l’esaurimento potrebbero essere in realtà aspetti della condizione umana.
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Perché il burnout è così comune nella vita moderna?
Molti ritengono che il nostro cervello non sia adatto per affrontare il moderno ambiente di lavoro. La crescente enfasi sulla produttività, e la pressione psicologica di dover dimostrare il proprio valore attraverso il lavoro, lascia i lavoratori in uno stato permanente di “lotta o fuga”.
Questa condizione era utile un tempo per affrontare il pericolo acuto (difendersi da una belva, catastrofi naturali, ecc.), ma non è adatta per affrontare gli stress prolungati della vita moderna, in quanto peggiora le cose. Affrontare questo tipo di pressione, giorno dopo giorno, produce infatti una costante ondata di ormoni dello stress, che stancano la mente e il corpo, senza essere di aiuto per la soluzione dei problemi.
Inoltre, per la maggior parte delle persone, la pressione non finisce con il lavoro. Questa cultura 24 / 7 (24 ore su sette giorni) può rendere difficile il riposo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Senza alcuna possibilità di ricaricare la mente e il corpo, si ritiene oggi che le “batterie umane” continuino a funzionare a livelli pericolosamente bassi.
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Sono stati riscontrati fattori comuni per lo sviluppo del Burnout?
Si. Sicuramente alla base del burnout c’è un problema caratteriale, ma anche il contesto lavorativo è un fattore molto importante. Se si ha a che fare con alti livelli di stress infatti, è altamente probabile che una persona avverta un certo livello di burnout, anche se ha un carattere tranquillo ed equilibrato.
Il burnout potrebbe essere una forma di depressione?
In effetti, molti sostengono che il burnout sia solo una “versione di lusso della depressione“, un’etichetta creata ad hoc per i professionisti di alto livello, in una visione altamente competitiva della vita e del lavoro nella quale solo i perdenti si ammalano di depressione, mentre il burnout è una diagnosi per i vincitori o, più specificamente, per ex-vincitori.
In generale, tuttavia, tra burnout e depressione vi sono molte differenze: la depressione infatti comporta una perdita di fiducia in se stessi, o addirittura sentimenti di disprezzo verso se stessi; questo non succede nel burnout, situazione in cui la rabbia non è generalmente rivolta contro di sé, ma piuttosto contro l’organizzazione per la quale si lavora, o verso i clienti, o verso il più ampio sistema socio-politico o economico che non riesce a cambiare le condizioni del proprio lavoro.
Il burnout ha qualcosa a che fare con la Sindrome da Stanchezza Cronica?
La sindrome da fatica cronica (in inglese Chronic Fatigue Syndrome, sigla CFS), anche detta encefalomielite mialgica o malattia da intolleranza sistemica allo sforzo (Systemic exertion intolerance disease – SEID) non deve essere confusa con il burnout, dal momento che essa comporta periodi prolungati (almeno sei mesi) di spossante esaurimento fisico e mentale, con sensazioni di dolore fisico alla minima attività.
Cosa fanno le organizzazioni per prevenire il burnout?
Le organizzazioni sembrano sempre più insensibili al problema, dal momento che tendono a chiedere sempre più spesso ai dipendenti di fare di più per un minore stipendio, il che significa maggiori carichi di lavoro e minori investimenti per il supporto, l’orientamento e l’assistenza del lavoratore, che può sentirsi solo e privo di risorse.
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Ricerche
Uno studio condotto recentemente su dei medici tedeschi ha rilevato che quasi il 50% di loro sembra soffrire di burnout, riferendo, ad esempio, che si sentono stanchi durante il giorno e che il solo pensiero del lavoro la mattina dopo li lascia completamente esausti.
È interessante notare che uomini e donne sembrano avere a che fare con il burnout in diversi modi: una recente indagine finlandese ha rilevato che i dipendenti maschi che denunciavano il burnout erano molto più inclini a prendere congedi per malattia prolungati rispetto alle donne con lo stesso tipo di problemi.
I sintomi del burnout hanno origine nel corpo o nella mente?
Ancora oggi non si capisce se i sintomi del burnout abbiano origine nel corpo o nella mente, se sono il risultato della società moderna. o facciano parte della natura umana.
Forse la verità è un po’ di tutto questo: una crescente comprensione della connessione mente-corpo ha dimostrato che i nostri sentimenti e le nostre convinzioni possono avere un’influenza profonda sulla nostra fisiologia. Se la storia ci ha insegnato qualcosa, è che non esiste una cura facile per questo malessere. In passato, ai pazienti con nevrastenia poteva essere prescritto un riposo a letto prolungato, ma la noia spesso finiva per esacerbare l’angoscia.
Quale è la terapia moderna per il burnout?
Oggi, le persone che soffrono di burnout possono ricevere una terapia cognitivo comportamentale che le aiuti a gestire il senso di stanchezza psicofisiologico, identificando però nel contempo anche dei modi per reagire e ricaricarsi, con nuove motivazioni.
Dr. Giuliana Proietti
Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti
Fonti:
Why Aren’t We Talking About Burnout? Scientific American
The reasons why exhaustion and burnout are so common, BBC
Immagine:
Pxhere
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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