I bambini dovrebbero credere a Babbo Natale?
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Il mito di Babbo Natale è una delle tradizioni più radicate e diffuse nella cultura occidentale, e il suo impatto sui bambini è stato oggetto di studio da parte di psicologi, educatori e ricercatori sullo sviluppo infantile. Ci sono diverse prospettive scientifiche sul perché i bambini dovrebbero o non dovrebbero credere in Babbo Natale, e ognuna di queste posizioni riflette vari aspetti dello sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini.
Il dibattito scientifico sulla credenza in Babbo Natale si articola principalmente attorno a due posizioni: da un lato, c’è chi sostiene che il mito possa avere effetti positivi sullo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei bambini. Dall’altro, c’è chi mette in risalto il rischio che la scoperta della non verità possa minare la fiducia nei confronti degli adulti o generare confusione tra realtà e fantasia.
Cerchiamo allora di analizzare i pro e i contro relativi a questa credenza infantile.
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Perché i bambini dovrebbero crederci:
- Secondo alcuni studi, credere in Babbo Natale e in altre figure mitologiche può favorire lo sviluppo della creatività e della capacità di pensiero simbolico nei bambini. Per lo sviluppo cognitivo sono infatti fondamentali la narrazione fantastica e il gioco di ruolo, che permettono ai bambini di esplorare idee e scenari che trascendono la realtà quotidiana.
- Il mito di Babbo Natale è spesso associato a valori positivi come la generosità, la bontà e la gentilezza. Gli studi dimostrano che il coinvolgimento in tradizioni familiari e rituali, come quelli legati a Babbo Natale, può rafforzare i legami familiari e fornire ai bambini un senso di sicurezza e appartenenza, promuovendo lo sviluppo emotivo e morale.
- Durante i primi anni di vita, i bambini attraversano una fase caratterizzata da pensiero magico, in cui le storie fantastiche come quella di Babbo Natale vengono vissute come reali. La capacità dei bambini di credere nelle figure magiche può rafforzare il legame di fiducia con i genitori e altri adulti che condividono con loro queste tradizioni.
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Perché i bambini non dovrebbero crederci:
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- Un aspetto critico spesso citato da psicologi e studiosi è il momento in cui i bambini scoprono che Babbo Natale non è reale. Questo può portare a sentimenti di delusione e sfiducia verso gli adulti che hanno alimentato la credenza nel mito. Alcune ricerche suggeriscono che la scoperta della “non verità” può avere un impatto sul modo in cui i bambini percepiscono l’onestà degli adulti, anche se questo impatto tende a essere limitato e temporaneo.
- Sebbene il pensiero magico sia una parte naturale dello sviluppo infantile, alcuni studiosi ritengono che prolungare eccessivamente la credenza in Babbo Natale possa confondere i bambini nel distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. I bambini, infatti, tra i 4 e i 7 anni, iniziano a sviluppare la capacità di pensiero critico e la distinzione tra fatti e finzione. Prolungare la credenza in Babbo Natale oltre questa fase potrebbe interferire con questo processo.
- Un altro argomento sollevato dagli studiosi è il legame tra il mito di Babbo Natale e il consumismo. Alcuni esperti sostengono che il mito, nella sua moderna interpretazione commerciale, potrebbe promuovere nei bambini una mentalità orientata al consumo e alla ricompensa materiale, piuttosto che ai valori di generosità e condivisione.
- Un’altra considerazione da fare è che questa tradizione risale a un’epoca nella quale i valori relativi allo sviluppo dei bambini e alla relazione genitori-figli erano molto diversi. Il bambino oggi, secondo molti ricercatori, ha bisogno di verità, non di miti e fantasie: i genitori dovrebbero appagare la sua curiosità, il suo desiderio di comprendere il mondo, facendogli distinguere con chiarezza, sin dai primi anni di vita, ciò che appartiene al mondo del possibile e ciò che invece appartiene al mito e alla fantasia. Questo atteggiamento consente al bambino di costruire il suo pensiero razionale: indurlo in errore su questioni così importanti è come mettergli dei bastoni fra le ruote nella sua richiesta di comprensione del mondo.
- Infine, non credere alla storia di Babbo Natale non toglie nulla al piacere di fantasticare. Guardare i film con Babbo Natale, incontrarlo per le strade nei giorni di Natale rinnova quel senso del magico che piace anche agli adulti, anche se si sa benissimo che il personaggio non esiste realmente e che si tratta solo della rappresentazione di un mito.
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A mio parere:
Mi permetto di esprimere al riguardo un parere personale, tenendo conto di quanto precede:
E’ inutile imporre ai bambini di continuare a credere a questo personaggio anche quando hanno superato i 3-4 anni di età: in un’epoca in cui i bambini già alle elementari sanno tutto (o quasi) del mondo, grazie all’accesso a tutti i media possibili e alle incredibili scoperte della tecnologia, volerli illudere su questa storia di Babbo Natale significa, a mio parere, spingerli ad andare contro corrente, negando a se stessi perfino l’evidenza, in nome di una fiducia nelle rassicurazioni fornite dai propri genitori che, inevitabilmente, un giorno il bambino scoprirà di aver mal riposto.
E se anche si tratta, come quella di Babbo Natale, di una bugia detta a fin di bene, cosa potrà ridare al bambino la certezza che quando un genitore lo rassicura su qualcosa egli/ella sia veramente sincero/a?
Rischiare di far perdere ai bambini la fiducia nei propri genitori, compromettendo così anche i rapporti che essi stabiliranno con gli altri in età adulta sui temi della fiducia reciproca, solo per mantenere a tutti i costi la tradizione di Babbo Natale, mi sembra francamente un’assurdità.
Piuttosto, credo che molti genitori ripropongano ai propri figli la storia di Babbo Natale perché serve loro a rivivere un periodo di sogni e di magia a cui non hanno ancora del tutto rinunciato.
Dott.ssa Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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