Gli ospedali psichiatrici giudiziari non chiudono (e i malati restano all’inferno)
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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) sono una categoria di istituti che, a seguito della riforma dell’ordinamento penitenziario della metà degli anni Settanta del secolo scorso, sostituiscono i vecchi manicomi criminali. I reclusi sono delle persone che hanno commesso un reato, ma sono soprattutto dei malati di mente che, come tali, avrebbero bisogno di cure. In questi luoghi sono attualmente recluse circa 1.400 persone.
A32/A12
Nel 2008 alcuni membri del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, visitarono questi centri, ritenendoli non in linea con gli standard di qualsiasi Paese civile. Nel 2010 la commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, guidata da Ignazio Marino, effettuò ripetuti sopralluoghi a sorpresa nei 6 Opg, concludendo che in queste strutture si assisteva a “pratiche cliniche inadeguate e, in alcuni casi, lesive della dignità della persona” (Vedi la puntata di Presa Diretta, di R. Iacona, Malati reclusi all’inferno).
Il testo elaborato dalla commissione parlamentare diventò la legge 9, promulgata nel febbraio 2012, la quale stabiliva che: «A decorrere dal 31 marzo 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario sono eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie». In altre parole, la legge disponeva la chiusura definitiva degli Opg entro il 31 marzo di quest’anno.
La chiusura di queste strutture era fortemente attesa, anche perché considerata il naturale compimento della legge Basaglia. In molti tuttavia, anche fra gli addetti del settore, si dicevano più che altro preoccupati per la sorte di questi malati: la decisione era stata presa improvvisamente e, soprattutto, non era accompagnata da sufficienti misure economiche per la gestione della delicata fase di transizione.
Alcune regioni non hanno fatto neanche richiesta per l’accesso a queste forme alternative di assistenza e per questo, alla fine, si è resa necessaria una proroga. Il Governo dei tecnici ha dunque promulgato il decreto legge n. 24, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2013 n. 72, intitolato “Disposizioni in materia sanitaria”, il quale proroga al 1° aprile 2014 la chiusura definitiva degli Opg.
Dunque abbiamo davanti ancora un altro anno (l’ennesimo!) per risolvere questo problema ed è importante, come sottolinea il Comitato StopOpg, che non si pensi solo a svuotare gli ospedali psichiatrici giudiziari, ma che vengano disposte normative che permettano l’applicazione di misure di cura alternative a quelle praticate negli Opg, anche nel rispetto delle sentenze della Corte costituzionale (n. 253/2003 e 367/2004) che hanno “ispirato” le leggi sulla chiusura di questi luoghi, più di detenzione che di cura.
L’obiettivo è quello di dare tempo alle Regioni per organizzare l’accoglienza di questi malati, creando per loro misure alternative all’internamento, attraverso il potenziamento dei servizi di salute mentale sul territorio e l’individuazione di specifici percorsi di cura. (Nel decreto è previsto anche che, in caso di inadempienza, venga istituito un commissario unico, per tutte le Regioni per le quali si rendono necessari gli interventi sostitutivi).
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, intervistata dalla Radio Vaticana, si è mostrata positiva sul destino degli Opg, sostenendo che è stato ormai avviato “un cammino che non si era mai tracciato” e che ora siamo solo di fronte ad un rinvio e non certo all’abbandono di una strada, “che occorrerà comunque percorrere”.
Il timore diffuso era che la chiusura improvvisata degli Opg potesse significare la creazione di nuove strutture residenziali sanitarie molto simili a piccoli ospedali psichiatrici (mini-Opg), disseminati nelle diverse regioni. Ben venga dunque questo rinvio, anche se doloroso per chi lo attendeva con ansia (soprattutto i malati e le loro famiglie), se i servizi territoriali riusciranno ad organizzarsi per farsi carico di queste persone che sicuramente sono portatrici di gravi problemi, se non altro per il forzato e pluriennale adattamento a condizioni di vita disumane che hanno dovuto fin qui subire.
In Italia gli Opg sono sei: Aversa (Caserta), Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Castiglione delle Stiviere (Mantova), Montelupo Fiorentino (Firenze), Napoli e Reggio Emilia. Le norme che consentono la reclusione negli Opg risalgono a quelle relative ai manicomi giudiziari previste nel codice penale emanato nel 1930 dal regime fascista (codice Rocco, art. 222). Il giudice può disporre questa misura di sicurezza detentiva in sostituzione o in aggiunta alla pena se un soggetto commette un reato ed è considerato “incapace di intendere e di volere” o anche “socialmente pericoloso”. Non è possibile infatti sottoporre a giudizio una persona inferma di mente e dunque l’infermo di mente che commette un reato finisce in Opg, o vi accede dopo un periodo di detenzione carceraria, se l’infermità mentale sopraggiunge in un secondo momento. In queste strutture troviamo inoltre le persone prosciolte per infermità mentale, giudicate ancora “socialmente pericolose” e gli “internati provvisori imputati” che, in attesa di essere giudicati, poiché ritenuti socialmente pericolosi, vengono inviati in Opg, così come i detenuti minorati psichici.
La durata delle misure di sicurezza varia da due, a cinque o dieci anni, prorogabili anche all’infinito, soprattutto quando non si sa dove mandare queste persone, che vengono spesso allontanate dalla famiglia d’origine, per evitare lo stigma sociale.
Speriamo dunque che questa ulteriore e speriamo ultima proroga sia utile alle Regioni per pensare a nuovi progetti di cura, pensati per questa particolare utenza, e non si pensi alla facile quanto davvero “folle” idea di creare mini-manicomi regionali per i rei malati di mente: se queste persone sono malate, prima ancora delle strutture di custodia, hanno bisogno di strutture sanitarie che possano prendersi cura dei malati di mente, anche allo scopo di inserirli in adeguati percorsi di riabilitazione.
In attesa del Marzo 2014, a mio avviso si potrebbe intanto pensare a realizzare gli interventi più urgenti, soprattutto a livello igienico (il ritardo nella riforma non giustifica che possano esservi strutture talmente fatiscenti da avere muri interamente ricoperti di muffa o servizi igienici in cui è necessario inserire una bottiglia, per evitare che i topi risalgano dalle fogne). Allo stesso modo, è impensabile che questi malati possano vedere lo psichiatra per soli 30 minuti al mese: i malati vanno curati, anche se sono in carcere, perché il diritto alla salute è uno dei diritti umani più elementari.
Dr. Giuliana Proietti
Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti
Pubblicato anche su Huffington Post
Immagine:
tratta dal sito stopopg
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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