Genitorialità: maternità e paternità
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Tratto dal libro : Voci di donne (2002) curato da Bianca Gelli, edito da Manni, Lecce
Il terreno su cui la differenza di genere si evidenzia e si perpetua è quello dell’esperienza genitoriale. La Di Cristofaro Longo (1992) in Codice madre , espone i risultati di una ricerca che ha coinvolto mille donne di dodici città italiane.
La maternità risulta essere, nelle testimonianze delle intervistate, un’esperienza fondamentale, distintiva, ma non esclusiva della propria identità di genere riformulata, a condizione che sia frutto di una scelta autodeterminata.
La maternità non è più intesa come destino biologico, la sessualità e la contraccezione, vista come selezione della fertilità, sono aree centrali della nuova cultura delle donne che richiede il rispetto della soggettività, della dignità e della credibilità. L’esigenza di essere ascoltate, credute e prese in considerazione è un punto centrale nella vita femminile e viene riferito da molte altre Autrici.
L’aver relegato la tematica della maternità e della sessualità nel privato ed essenzialmente alla donna, l’ha costretta ad una solitudine sociale dolorosa e astorica dal momento che la maternità, come si è detto, è fondante per l’intera società.
La latitanza maschile in casa e con i figli, di cui ancora oggi si dolgono le donne, riporta alla vecchia divisione dei ruoli quando il padre era l’unico a provvedere alla sopravvivenza della famiglia. La paternità, come reciproco della maternità, offre, nelle testimonianze di queste donne i soliti spunti negativi di riflessione: delega ingiustificata, egoismo e latitanza, interesse a parole e non nei fatti e ancora pretesa di obbedienza e rispetto per il semplice fatto di rivestire un ruolo.
In linea con quanto emerso dalla ricerca della De Cristofaro Longo troviamo una ricerca condotta in Germania da Benard e Schlaffer (1994). Le due Autrici hanno studiato, attraverso circa 200 interviste, il ruolo paterno . La ben nota latitanza della figura paterna nella vita reale e nel ricordo dei figli diventati grandi, viene analizzata puntualizzando che quest’assenza produce nei figli tre tipi di ostacoli allo sviluppo che si concretizzano su tre piani:
1 – economico
2 – fisico
3 – emotivo.
Economico: ad esempio, la maggior parte dei padri separati si sottrae all’obbligo del mantenimento.
Fisico: la madre si sobbarca la maggior parte di carico genitoriale, sia che sia nubile o separata ma anche nel caso di nuclei familiari tradizionali. Il peso sulle spalle delle madri ne condiziona la capacità di adempiere il proprio ruolo in maniera serena.
Emotivo: Winnicott ha sottolineato costantemente che il ruolo principale del padre consiste nell’assicurare il benessere emotivo della compagna, sostenendola così nella funzione materna; ma lo sviluppo successivo della ricerca psicologica sulla figura paterna non ha tenuto presente quest’idea di
Winnicott e si è limitata ad indagare sulla qualità dei rapporti tra il genitore e il bambino. Il benessere psicologico della donna-madre non può essere invece disgiunto da quello vissuto nella coppia. Si deve precisare che l’assenza del padre-marito ha vari volti e che i figli possono descrivere ognuno di essi con precisione e per molti di loro il padre rappresenta un’enigma che occupa abbondantemente i loro pensieri.
Vengono analizzate anche le situazioni “normali” in cui di solito il padre è comunque una figura assente, uno sconosciuto per i figli. Anche in questo caso i figli s’interrogano sul perché non siano capaci di destare un maggiore interesse nel padre e che cosa non va in loro per cui il rapporto è quello che è.
Nell’adolescenza e nell’età adulta, passata l’idealizzazione infantile, questo si traduce con frasi del tipo: “Con mio padre ho un rapporto inesistente.” Questo giudizio liquidatorio si basa sulla ferita narcisistica sofferta dal figlio che nella posizione paterna, col tempo, identifica un rifiuto intenzionale, sentito come una svalutazione di se’. Dietro agli obblighi professionali che vengono addotti come motivo della latitanza paterna, si nasconde di fatto quasi sempre una scala di priorità che il bambino avverte con chiarezza.
Il 70% dei padri intervistati ha dichiarato di non aver mai partecipato alle riunioni scolastiche con le maestre. Non per mancanza di tempo, ma per il fatto che giudicavano poco importante tutta la vita quotidiana di un bambino piccolo. Il padre si occupa quindi solo delle cose importanti e lo stesso atteggiamento i mariti lo assumono verso il lavoro domestico.
I nuovi padri coltivano il rapporto con i figli nella misura in cui ci trovano gusto. I sociologi che si sono messi a registrare minuto per minuto la nuova interazione tra nuovi padri e i loro figli affermano che la nuova paternità si basa su: giochi, passeggiate, esercizio fisico. Nel migliore dei casi questo è un ruolo di assistenza e di supporto ma la responsabilità nel quotidiano resta tutta alla madre.
Le autrici sottolineano comunque che, rispetto alle generazioni precedenti, questi aspetti sono innovativi…una vera rivoluzione! Molte donne, non più dipendenti economicamente dal compagno, si assumono responsabilità sempre maggiori e dal moltiplicarsi dei pesi che gravano sulle sue spalle deriva il moltiplicarsi delle competenze femminili.
Questa realtà è descritta ripetutamente in moltissimi testi di Autrici diverse a testimoniare l’evoluzione del modello femminile. Sul piano generale della società questo comporta mutazioni profonde e nuove: ad esempio, nei ghetti delle metropoli americane il nucleo base della famiglia consiste in una donna e i suoi figli col ruolo maschile sempre più inconsistente e marginale, ridotto alla funzione riproduttiva e a brevi convivenze che si susseguono.
Un altro fenomeno sociale del tutto nuovo si identifica nel movimento per i diritti dei padri. I padri celibi e divorziati, reclamano sempre più spesso il diritto a regolari frequentazioni con i propri figli affidati alle madri. Benard e Schlaffer (1994) sostengono che l’affidamento congiunto non è una soluzione ma un punto di arrivo che prevede l’elaborazione del rapporto con la ex-compagna. Su di lei, spesso, si scarica un’aggressività estrema fino a vederla come una nemica. La questione sembra di nuovo appoggiarsi sulla ferita narcisistica di uomini che hanno bisogno di vendicarsi della donna che li ha abbandonati: ricordiamoci che la separazione è chiesta di solito dalla donna e, purtroppo, non sono rari i fatti di cronaca nera in cui ex-mariti infieriscono sulle ex-compagne.
PSICOLOGIA - SESSUOLOGIA
Come vivere bene, anche se in coppia
Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
Terapie Individuali e di Coppia
Da qui nascono le invettive contro il Femminismo Radicale che spingerebbe tante donne ad abbandonare il tetto coniugale in cerca dell’autorealizzazione, le lamentele per l’obbligo di versare gli alimenti, sentito come un’atroce ingiustizia o la tendenza a evitare qualsiasi forma di collaborazione con l’ex-moglie. “L’offesa narcisistica si traduce in un’estrema aggressività: non l’interesse autentico per il bambino, ma solo il desiderio di punire l’ex-compagna alimenta le rivendicazioni dei padri, dove non c’è alcuno spazio per una considerazione anche solo neutra, se non positiva, del legame madre-bambino. L’alternativa a questo modello sarebbe il padre davvero presente, disposto a vivere in maniera equilibrata e responsabile il suo ruolo di genitore. Questa sembra la premessa utile a preparare il terreno alle riforme nel campo del diritto.
Prima che possa funzionare un affidamento congiunto dopo il divorzio abbiamo bisogno, tanto per cominciare, di un esercizio congiunto delle cure genitoriali nell’ambito della famiglia completa.”
Prof. Chiara Simonelli
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Chiara Simonelli è Professore associato presso la Facoltà di Psicologia 1 dell’Università “La Sapienza” di Roma, è docente di Psicologia dello sviluppo sessuale e affettivo nell’arco di vita e di Psicologia e psicopatologia dello sviluppo sessuale.