Freud, Jung e l’antropologia
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Quando Sigmund Freud cominciò ad interessarsi di antropologia?
Sigmund Freud cominciò ad interessarsi di antropologia quando la psicoanalisi, dopo il viaggio americano del 1909, lasciò la clinica per diventare una delle ideologie più profondamente influenti del XX secolo. Questo momento è sintetizzato dalla pubblicazione del libro Totem e tabù (1912-1913).
In Totem e Tabù dobbiamo vedere una risposta di Freud al libro di Jung Trasformazioni e Simboli della Libido?
Ci sono idee controverse fra i vari studiosi, su questo tema. Alfred Tauber, ad esempio, nel 2010, ha sostenuto che Freud scrisse Totem e Tabù non in risposta a Jung, ma come inevitabile sbocco del lungo interesse di Freud per l’antropologia, la mitologia comparata e le origini della religione, come del resto aveva già scritto Edwin Wallace, nel suo influente Freud e l’antropologia (1983), nel quale mostrava come la riflessione antropologica fosse uno degli elementi cardine del pensiero freudiano e come l’influenza di questa disciplina non si fosse limitata al solo Totem e tabù, citando “prove dirette che prima del 1900′ Freud aveva già letto almeno tre antropologi evoluzionisti: John Lubbock, E. B. Tylor e Herbert Spencer.
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Quali sono i più significativi passi di antropologia nelle pubblicazioni di Freud?
L’interesse di Freud per la mitologia e l’evoluzione umana si è tradotto in diversi passaggi pubblicati nelle edizioni successive dell’Interpretazione dei sogni e in altre opere, oltre che in Totem e tabù. È importante sottolineare che questa espansione del progetto psicoanalitico, dalla psicoterapia alla critica sociale e culturale, avvenne attraverso la nuova importante rivista del movimento: Imago.
Quali altri psicoanalisti si interessarono di mitologia comparata?
La corrispondenza di Freud con Karl Abraham prima del 1909 – in relazione al lavoro di Abraham sul mito, che, insieme a quello di Otto Rank, precedette sia gli interessi di Freud che quelli di Jung lascia l’impressione che Freud sia stato introdotto al mondo della Völkerpsychologie e della mitologia comparata da Karl Abraham. Nella lettera del 7 giugno 1908 Freud scrive: «Sono rimasto molto colpito dal fatto che voi abbiate trovato un accordo così ampio con le nostre teorie e affermazioni tra i grandi etnopsicologi» come Heymann Steinthal e Adalbert Kuhn. Tuttavia, né il lavoro di Abraham né quello di Rank sulla relazione tra sogno e mito affrontarono l’argomento in un contesto apertamente evoluzionista come fecero Freud e Jung.
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Come mai Freud si dedicò a questi studi?
Freud era rimasto, sin dai tempi del liceo, affascinato dall’antichità mediterranea e vedeva nell’archeologia un’analogia con la sua scoperta del mondo sotterraneo della psiche. Questa sua precoce “coazione per l’antichità”, come l’ha definita Richard Armstrong, non rivela tuttavia uno studioso di mitologia comparata, di religione comparata, o di antropologia.
Quali altri autori si erano interessati dello sviluppo mentale umano in senso evoluzionista?
All’epoca si riteneva che vi fosse una graduazione gerarchica dello sviluppo mentale umano, dal “selvaggio” al “civilizzato”, dove il civilizzato aveva acquisito facoltà non ancora sviluppate nel selvaggio. Queste convinzioni riecheggiano in saggi come I tempi preistorici e l’origine dell’incivilimento (1870) di Lubbock e Cultura Primitiva (1871) di Tylor, ma per Tylor, in particolare, questi stadi di sviluppo della cultura e della società non equivalevano a diversi stadi di sviluppo mentale; piuttosto, l’unità psichica umana significava che tutti i popoli avevano la stessa capacità mentale e tutti erano capaci di raggiungere la “civiltà più elevata”.
L’opinione secondo cui gli stadi dello sviluppo culturale riflettevano gli stadi dello sviluppo mentale era molto in linea con la psicologia evoluzionista di Herbert Spencer, il quale riteneva che il cervello caucasico si fosse sviluppato strutturalmente al livello più alto: “possiamo dedurre che l’uomo civilizzato ha anche un sistema nervoso più complesso o eterogeneo di quello dell’uomo incivile: e infatti il fatto è in parte visibile nell’aumentato rapporto che ha il suo cervello rispetto ai gangli sottostanti», scriveva Spencer. Ciò che Spencer condivideva con Tylor e Lubbock, e con quasi tutti gli antropologi evoluzionisti, era la convinzione che i “selvaggi” e i “barbari” ancora esistenti rappresentassero finestre sulla storia dello sviluppo umano. Come Lubbock ha sottolineato nelle pagine iniziali di The Origin of Civilization, l’interesse principale nello studio dei vari popoli del mondo era quello di recuperare una storia costitutiva di come si era sviluppata la civilizzazione caucasica. Infatti, nonostante tutta la raccolta di storie e manufatti provenienti da tutto il mondo, il soggetto dell’antropologia evoluzionista del diciannovesimo secolo è sempre stato l’europeo caucasico.
Quale rapporto vedeva Freud fra l’ontogenetico e il filogenetico?
Fin dall’inizio, Freud ritenne la psicoanalisi come un qualcosa che legava aspetti simbiotici tra ontogenetico e filogenetico, aderendo alla tesi riepilogativa della legge biogenetica di Haeckel: al “selvaggio” veniva data un’equivalenza con il bambino (civilizzato) nello sviluppo mentale.
Quali altri pensatori si erano espressi in tal senso?
Molti, che pubblicavano n riviste anglofone, come Mind e The American Journal of Psychology, quali James Sully, George Romanes, Havelock Ellis, James Mark Baldwin, G. Stanley Hall e molti altri. Quasi tutti questi pensatori sottoscrivevano qualcosa di simile alla tesi della ricapitolazione di Haeckel, ritenendo che in un modo o nell’altro gli stadi iniziali dello sviluppo rimanessero nascosti e attivi all’interno della psiche e che la varietà di popoli e razze nel mondo non fossero manifestazioni di differenze fondamentali, ma di “gradi” di sviluppo lungo la scala dal selvaggio al civilizzato.
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Queste teorie venivano già applicate allo studio del pensiero e comportamento umano?
Si, in particolare va ricordato il neurologo John Hughlings Jackson, che si ispirava a Spencer. Due aspetti centrali delle teorie di Spencer erano di straordinaria importanza per Jackson. Una era la propensione “naturale” a passare dal semplice al complesso. L’altro era che in determinate condizioni poteva esserci dissoluzione, cioè un’evoluzione che andava all’indietro. Hughlings Jackson fece proprie queste idee per sostenere che la malattia mentale era proprio questo, una dissoluzione mentale, un’eliminazione delle forze di controllo più altamente evolute e più complesse che lasciavano sfuggire il precedente stadio indisciplinato dello sviluppo. Come hanno osservato diversi studiosi, per quanto Freud amasse citare Darwin, la sua visione dell’evoluzione si ispirò maggiormente a Herbert Spencer.
Vi furono pensatori che si opposero a questo paradigma evoluzionista dello sviluppo mentale umano?
Si, in particolare Franz Boas, il quale pubblicò “I limiti del metodo comparativo in antropologia” (1896), per sfidare il paradigma evoluzionista. L’obiezione di Boas all’antropologia evoluzionista era la sua credenza che effetti simili fossero il prodotto di cause simili e come tali dimostrassero leggi universali del progresso mentale e sociale. Il paradigma evoluzionista, sosteneva Boas, ignorava i particolari e distinti ambienti geofisici e storici che modellavano le società tanto quanto, se non di più, qualsiasi legge di sviluppo mentale uniforme. Per Boas il compito fondamentale dell’antropologo non era quello di scoprire la gerarchia dello sviluppo umano, come avvenne per Lubbock, Tylor e Spencer, ma di comprendere il complesso funzionamento e la storia di particolari società. In questo era stato influenzato dalla formulazione originale della Völkerpsychologie di Moritz Lazarus e Heymann Steinthal a metà del XIX secolo, il cui scopo era determinare «la natura psicologica» di un popolo.
Il viaggio di Freud e Jung in America, nel 1909, influì sull’interesse dei due psicoanalisti per la materia antropologica?
Sicuramente si, visto che due settimane dopo il suo ritorno dagli USA Jung annunciò a Freud di aver iniziato a studiare la mitologia e le religioni comparate e, più o meno nello stesso periodo, Freud iniziò il suo studio sull’infanzia di Leonardo da Vinci nel quale si dedicò allo studio della mitologia.
Alle conferenze della Clark University nel 1909, alle quali parteciparono Freud e Jung, partecipò anche Boas, il quale presentò una relazione intitolata “Problemi psicologici in antropologia”. Boas descrisse l’antropologia come una questione che si occupava «delle manifestazioni biologiche e mentali della vita umana così come appaiono nelle diverse razze e nelle diverse società». La preoccupazione particolare di Boas nel suo discorso riguardava “le leggi psicologiche che controllano la mente dell’uomo ovunque, e che possono differire nei vari gruppi razziali e sociali” Questi erano i “problemi della psicologia, sebbene basati su materiale antropologico” .
Boas attirò l’attenzione in particolare su uno dei concetti più dibattuti, se non il più dibattuto, nell’antropologia evoluzionista, il totemismo, che definì “una forma di società in cui alcuni gruppi sociali si considerano legati in modo soprannaturale a una certa specie di animali o a una certa classe di oggetti” Riteneva tuttavia che, sebbene questa fosse la definizione generalmente accettata di totemismo, messo in questa forma il fenomeno non costituisce un unico problema psicologico, ma abbraccia gli elementi psicologici più diversi. In alcuni casi le persone credono di essere discendenti dell’animale di cui godono la protezione. In altri casi un animale o qualche altro oggetto può essere apparso ad un antenato del gruppo sociale, promettendogli di diventare il suo protettore, e l’amicizia tra l’animale e l’antenato si è poi trasmessa ai suoi discendenti. In altri casi ancora un certo gruppo sociale di una tribù pogteva avere il potere di assicurarsi con mezzi magici e con grande facilità una certa specie di animale o di aumentarne il numero, e il rapporto soprannaturale poteva essere stabilito in questo modo. Boas evidenziò che i fenomeni antropologici, che apparivano uguali esteriormente, erano, psicologicamente parlando, del tutto distinti, e che quindi da essi non si potevano dedurre leggi psicologiche che li riguardassero tutti.
Uno degli ultimi esempi forniti da Boas fu quello della mitologia primitiva in cui “lo stesso tipo di racconti sono diffusi su aree enormi, ma l’uso mitologico che ne viene fatto è localmente molto diverso”. Ciò alludeva alla teoria delle “idee elementari” esistenti in tutto il mondo, formulata dall’ex mentore di Boas, Adolf Bastian, che avrebbe influenzato il concetto di archetipo di Jung.
Boas esortò a non trarre troppo vantaggio dall’applicazione delle premesse evoluzioniste all’analisi delle somiglianze superficiali; e, in secondo luogo, auspicò una ricerca psicologica più approfondita e rigorosa nel contesto dell’antropologia. Boas chiedeva un’indagine psicologica più approfondita sul campo delle varie società; chiedeva che i teorici si alzassero dalle loro poltrone e sperimentassero in profondità le singole società.
Freud e Jung raccolsero la sfida di Boas, ma con in mente un altro luogo di esplorazione. Rimasero nelle loro poltrone, ma le avvicinarono al divano, credendo che lì avrebbero potuto esplorare la storia della mente umana molto più a fondo di qualsiasi ricerca antropologica sul campo. Credevano che la psicoanalisi avesse rivelato verità sulla storia dello sviluppo mentale che nessun altro metodo aveva o poteva, e che “l’evidenza dal divano” avesse la priorità su tutte le altre prove.
È noto che Jung spiegò di essere stato attratto dalla preistoria psicoculturale da un sogno fatto sulla nave di ritorno dalla Clark University: si ritrovò al piano superiore di una casa a due piani in stanze di grande raffinatezza; quando scese al piano terra si trovò in un’epoca molto più antica dove ‘gli arredi erano medievali’; scendendo in una cantina vide che era di ‘epoca romana’. Nel pavimento c’era una botola di pietra, che scendeva ulteriormente verso “una grotta bassa scavata nella roccia”: “Più andavo in profondità, più la scena diventava aliena e oscura. Nella grotta ho scoperto i resti della cultura primitiva, cioè il mondo dell’uomo primitivo dentro di me.’ Questo sogno, di cui Jung discusse dettagliatamente con Freud all’epoca a bordo della nave, fu un momento di trasformazione, spingendolo non solo a formulare una teoria dei sogni diversa da Freud, ma anche a vedere la ricerca sullo sviluppo del pensiero umano come centrale per la sua psicologia. “Non ho potuto fare a meno di scoprire lo stretto rapporto tra la mitologia antica e la psicologia dei primitivi, e questo mi ha portato ad uno studio approfondito di quest’ultima.”
Lo studio della mitologia e delle origini della religione divenne un tema centrale nella corrispondenza di Freud e Jung dopo il loro ritorno dalla Clark University. Nel novembre 1909 Freud si lamentò con Jung: “siamo solo miserabili dilettanti”, ma poi, dopo una lettera dettagliata di Jung, in cui Jung si dichiarò un dilettante, Freud ammise: “queste cose reclamano comprensione, e finché gli specialisti non ci aiuteranno, dovremo farlo da soli».
Uno scambio avvenuto all’inizio del 1910 mostra la direzione evoluzionista in cui entrambi gli psicologi stavano interessandosi ai miti. Jung scrisse in gennaio: ‘ho cercato di porre il ‘simbolico’ su un fondamento psicogenetico, cioè di mostrare che nella fantasia individuale, il primus movens , il conflitto individuale, il materiale o la forma… è mitico, o tipico mitologico.’ Freud rispose in febbraio: «la sua visione approfondita del simbolismo ha tutta la mia simpatia. … È vero che è solo un accenno, ma in una direzione in cui anch’io sto cercando, cioè la regressione arcaica, che spero di padroneggiare attraverso la mitologia e lo sviluppo del linguaggio.’
Jung, spinto dal suo sogno nel mezzo dell’Atlantico, stava aprendo la strada. Si sa che Freud vide una bozza della prima parte delle Trasformazioni di Jung nel giugno 1910. Subito dopo aver ricevuto la bozza, Freud iniziò a contemplare i saggi che avrebbero costituito Totem e tabù . La premessa riepilogativa, che fino a quel momento era rimasta in gran parte inesplorata nel lavoro di Freud, sarebbe ora diventata manifesta ed esaminata apertamente.
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Quale era l’idea specifica di Jung su queste tematiche?
Jung sosteneva che il modo di pensare primitivo esistesse ancora nella psiche dell’uomo moderno. Questo era il pensiero simbolico, manifestato nei sogni, ma anche, soprattutto, nei miti e nelle leggende sopravvissuti fin dai tempi antichi. “Tutta questa esperienza ci suggerisce di tracciare un parallelo tra il pensiero fantastico e mitologico dell’antichità e il pensiero simile dei bambini, tra le razze umane inferiori e i sogni… è giustificata l’ipotesi che l’ontogenesi corrisponda in psicologia alla filogenesi» Jung, più avanti nel libro, invitava gli analisti a esaminare «il materiale etnografico disponibile partendo dal presupposto che l’inconscio dell’uomo moderno conia i suoi simboli come avveniva nel remoto passato».
Quale filo conduttore seguì, invece, Freud?
Freud pensava che Jung avesse prestato troppa attenzione al simbolismo “cristiano” (che Jung poteva mescolare e abbinare con il simbolismo dell’antichità classica) e così fece dell’Australia – che chiamò, in vera logica riassuntiva, il «continente più giovane» – il suo focus centrale. Gli aborigeni australiani erano visti dalla maggior parte dell’antropologia evoluzionista come il sopravvissuto “più primitivo”. Nel materiale antropologico proveniente dall’Australia, Freud era sicuro che avrebbe trovato, attraverso l’ermeneutica della psicoanalisi, la prova degli eventi psichici passati che (pre)condizionavano la mente moderna, e così facendo non solo avrebbe contrastato l’indebolimento della centralità da parte di Jung del sesso nella psiche ma anche sfide contrastanti allo stesso paradigma evoluzionista.
A cosa portarono questi studi separati dell’antropologia nella collaborazione fra Freud e Jung?
Quando Freud e Jung approfondirono le premesse riassuntive della psicoanalisi attraverso l’antropologia e la preistoria, le loro rispettive differenze, in particolare in relazione alla centralità delle pulsioni sessuali, divennero più evidenti e non più facilmente eludibili. La risposta di Freud e del suo circolo più stretto all’incursione di Jung fu quella di riconoscere che la psicoanalisi doveva ampliare la sua attenzione oltre la psicopatologia. Il risultato fu la fondazione di una nuova rivista, che avrebbe sostituito lo Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen (allora diretto da Jung e in cui era appena stata pubblicata la prima parte di Transformations ) come principale veicolo del movimento. Al suo posto era stato creato Imago: Zeitschrift für die Anwendung der Psychoanalyse auf die Geisteswissenschaften/Herausgegeben /Edizione del Prof. Dr. Sigm. Freud/A cura di Otto Rank e Dr. Hanns Sachs. Nell’introduzione dei redattori si proclamava che compito della rivista era quello di applicare le intuizioni che la psicoanalisi aveva acquisito sulla psiche individuale a quella sociale e culturale.
Il primo articolo sulla rivista fu ‘Die Inzestscheu’, il primo saggio che avrebbe costituito Totem e tabù. Nella sua introduzione al saggio, Freud fece notare l’entusiasmo suscitato tra gli psicoanalisti quando, al Secondo Congresso Psicoanalitico Internazionale di Norimberga nel marzo 1910, uno studente di Jung aveva letto un articolo sui risultati di una ricerca condotta su iniziativa di Jung, che mostrava quanto le fantasie dei malati di mente somigliassero alle immagini della mitologia dei popoli antichi. Ciò, affermò Freud, aprì le possibilità delle escursioni della psicoanalisi nella Völkerpsychologie .Lo stimolo a scrivere Totem e Tabù venne dal desiderio di contrapporre le proprie metodologie di ricerca a quelle della scuola di psicoanalisi zurighese (cioè di Jung).
Totem e Tabù aveva come sottotitolo “Alcune somiglianze tra la vita mentale dei selvaggi e dei nevrotici” [‘Über einige Übereinstimmungen im Seelenleben der Wilden und der Neurotiker’]. Freud spiega all’inizio del primo saggio: se i «selvaggi e semiselvaggi» esistenti sono rappresentanti dell’uomo primitivo, allora «la loro vita mentale» presenta «un’immagine ben conservata di uno stadio iniziale del nostro sviluppo»; e quindi «il confronto tra la psicologia dei primitivi, quale insegna l’antropologia sociale [ Völkerkunde ], e la psicologia dei nevrotici, quale è stata rivelata dalla psicoanalisi, non potrà che presentare numerosi punti di accordo e di consenso. gettare nuova luce su fatti familiari in entrambe le scienze». La “prova dal divano”, che Freud considerava prioritaria in tutte le questioni della psiche, avrebbe ora rivelato ciò che era sfuggito agli etnografi.
In conclusione, come si può considerare il libro Totem e Tabù?
Totem e tabù è servito a Freud per sublimare il mito e la religione con la “scienza”, cioè con la ragione e il riconoscimento della realtà così com’era. Le seconde erano le qualità della civiltà, le prime della ferocia. Altrettanto centrale quanto la sessualità per la difficoltà di Freud con Jung – una difficoltà che divenne più evidente man mano che ciascuno di essi approfondì maggiormente l’antropologia dopo il 1909 – fu la promozione del mito da parte di Jung come positivo nel mezzo della civiltà. Freud non si ritirò mai dalla sua concezione del crimine originario, così come non si ritirò mai dalla premessa riepilogativa o dall’eredità lamarckiana. Non poteva tirarsi indietro, perché sapeva che queste erano le basi della sua comprensione della storia dell’essere umano.
Freud ha dato più importanza ai Totem o ai Tabù?
Come scrisse nella prefazione a Totem e Tabù, era molto più sicuro nel trattare i tabù che non il totemismo perché, a differenza dei totem, «i tabù esistono ancora tra noi». … I progressi sociali e tecnici nella storia umana hanno influenzato i tabù molto meno dei totem.’
Dr. Giuliana Proietti
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Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Adattato da:
Freud, Jung and Boas: the psychoanalytic engagement with anthropology revisited, Robert Kenny, doi.org/10.1098/rsnr.2014.0048
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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