Freud e i peli pubici
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In poesia, i peli pubici sono spesso paragonati all’erba o ad una pelliccia. Analizzando questa metafora, Freud disse nel 1932 che le donne non hanno probabilmente mai inventato nulla nella storia del genere umano, né la ruota né la scrittura, né il fuoco … nulla, se non la tessitura. Perché la tessitura permetteva loro di coprire le parti vergognose.
Venere
Nel 1932, nella sua nuova Introduzione alla psicoanalisi, Freud afferma: “Si dice che le donne abbiano fornito pochi contributi alle scoperte e alle invenzioni. Tuttavia esse hanno inventato una tecnica, quella della tessitura e dell’intrecciatura. La natura stessa sembra aver fornito il modello da imitare facendo crescere dei peli sull’organo genitale, mascherandolo. Il progresso che c’era da fare era quello di intrecciare le fibre piantate nella pelle per crearne una specie di feltro”.
Per Freud, malgrado il fatto che anche gli uomini possiedono una pelosità genitale, sarebbe stata quella femminile ad aver ispirato l’invenzione della tessitura. C’è un legame logico e privilegiato fra i peli femminili e la tessitura-intrecciatura, dice, perché le donne hanno avuto la necessità di nascondere la loro fessura vulvare dietro un velo pudico…
Da bambino, Freud fu colpito dalla visione furtiva di sua madre nuda, durante un viaggio a Lipsia. Questo fatto può essere esplicativo? Da adulto, Freud dice che la nudità femminile è una visione terrificante. In Touche pas à mon sexe (Non toccate il mio sesso), Gérard Zwang, citando la storia, rileva l’aspetto misogino di questo trauma, elevato a verità universale.
Quando però si tratta di enumerare l’elenco di parole che indicano i peli pubici, Zwang non manca di citare l’inevitabile sequenza di metafore vegetali (“muschio”, “arbusto”, “crescione”, “erba”, “prato “) o animali (“vello”,” angora “,” criniera “,” pelliccia “), che sono intrinsecamente legati a quelle attività che sono la filatura, la tessitura e l’intrecciatura. E’ una coincidenza?
Nella maggior parte delle lingue, il pelo pubico evoca le erbe della pampa che il vento fa ondulare a perdita d’occhio o quei cespugli aggrovigliati in cui ci si deve ritagliare la strada, quelle foreste nere con ombre minacciose, che nascondono nei loro anfratti creature selvagge o savane popolate di felini, la cui pelliccia color paglia si fonde nella natura circostante … Fibre vegetali e animali si mescolano in quell’universo semantico segnato dall’idea del camuffamento e del pericolo in agguato, dietro uno schermo ingannevole.
Tintin e l’aracnofobia
La nostra lingua (ndt: la lingua francese) è piena di queste metafore che equiparano la donna a una creatura pelosa, coperta di seta, piume o antere, il cui cuore oscuro è nascosto, come in un salicone, in un bozzolo di seta … Questa è forse l’origine dell’ aracnofobia, dicono alcuni psicoanalisti: il ragno, di solito rappresentato come una cosa nera e pelosa, che spesso si nasconde negli anfratti. Si nasconde in fondo alle buche, peloso e talvolta velenoso … come una donna-trappola pronta ad attaccarti i genitali. Come una madre che si rifiuta di farti crescere e di lasciare il nido. E cosa è il ragno se non il migliore tessitore?
L’illustrazione più convincente di questa teoria non è purtroppo presente su internet. Non mi ricordo più il nome dell’analista che ne parlava, ma la teoria si basava sull’analisi di una famosa opera di Hergé: L’étoile mystérieuse (La stella misteriosa). Hergé apparentemente soffriva di aracnofobia, perché in questo fumetto la parola “ragno” citata 13 volte, è sempre associata con la morte.
La storia inizia quando Tintin viene a sapere che una meteora è in procinto di entrare in collisione con la terra. Quando guarda attraverso il telescopio dell’osservatorio (vedi qui la scheda) fa un salto per la paura provata nel vedere un pauroso Epeire tiara (non cliccate il link se avete la fobia dei ragni ) che sembra di correre verso di lui dal fondo dell’abisso stellare.
Il ragno e la castrazione
La visione del mostruoso aracnide dello spazio (in realtà una piccola creatura appesa alla punta del telescopio) traumatizza l’eroe che fa un incubo. In seguito un frammento del meteorite cade sulla terra e si trasforma in un’isola. Tintin passa la notte e si sveglia, orrore, di fronte a un ragno gigante antropofago: l’incubo è diventato realtà … Per lo psicoanalista, la paura di essere mangiati non è estranea al fatto che noi, in un gesto quasi automatico, guardiamo con attenzione nella tavoletta del water per vedere se c’è un ragno… Mettendo in relazione “tavoletta del water = telescopio”, egli osserva che il sogno o il processo immaginario che ci porta ad affrontare le nostre paure, mette spesso in collegamento queste cose, ma in modo mascherato. In chiaro: ciò che rivela il “ragno sulla lente” è il panico all’idea che una cosa disgustosa possa toccare le nostre parti più intime …
La paura delle tarantole e 3000 specie di aracnidi tessitori di ragnatele appiccicose è certamente legata alla paura della castrazione. La parola “castrazione” va intesa nel senso più ampio, come la paura di essere privati di una sessualità adulta e autonoma, ecco perché anche le donne possono avere paura dei ragni. Questo è principalmente il motivo per cui tessere è così fortemente associato a questa cosa profondamente angosciante che si è chiamati a coprire, nascondere e celare …
Al di là della misoginia con cui parla delle donne, Freud analizza le ansie che fanno da sfondo alla nostra società. Cosa c’è di più inquietante di una vulva, se non, forse, una tarantola? Chi dice vulva, dice parto. Chi dice bambino, dice madre e divoramento…
Quando costruì nel 1932 questo moderno e confortevole mito sulla tessitura femminile, Freud probabilmente stava cercando di gestire una fobia personale, immaginando che le donne, questi bestiali e pelosi predatori, fossero malgrado tutto capaci di auto-disciplinarsi, per intrecciare i peli, in modo che il loro sesso orribile rimanesse nascosto alla vista.
Dr. Agnès Giard
Traduzione e pubblicazione autorizzata, a cura di psicolinea.it
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Articolo originale:
Freud et les poils de pubis, Le 400 culs
Immagine:
Freepik
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Agnès Giard autrice di libri, giornalista e dottore in antropologia, ha lavorato in passato su nuove tecnologie, artisti underground e cultura popolare giapponese, prima di dedicarsi alla sessualità. Nel 2000, è diventata corrispondente per la rivista giapponese SM Sniper con cui lavora da più di dieci anni. Nel 2003 ha pubblicato un libro d’arte in Giappone: Fetish Fashion poi ha iniziato una serie di ricerche che saranno pubblicate in collaborazione con artisti contemporanei giapponesi come Tadanori Yokoo, Makoto Aida, Toshio Saeki, etc. Il suo primo libro, L’Imaginaire érotique au Japon, tradotto in giapponese, è classificato 4 ° tra i libri stranieri più venduti. La sua biografia completa è disponibile qui:
http://sexes.blogs.liberation.fr