EMDR – Eye Movement Desensitization and Reprocessing
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La psicoterapia ipnotica e l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR; Shapiro, 1995) sono due modalità di intervento che hanno dimostrato di essere altamente efficaci nel trattamento dei disturbi connessi ai traumi, soprattutto con popolazioni di pazienti normalmente resistenti a psicoterapie essenzialmente verbali come coloro che sono stati oggetto di violenze sessuali gravi e prolungate, i reduci da combattimenti bellici e soggetti esposti a catastrofi (Levin, Lazrove, van der Kolk, 1999; Maldonado, Spiegel, 1994, 1998; Parnell, 1999; Shapiro, 1995; van der Kolk et al., 1997).
Negli ultimi anni si sta producendo una sempre più vasta letteratura tesa alla verifica empirica degli effetti di differenti interventi psicoterapeutici sui disturbi post-traumatici e, più specificatamente, sul PTSD secondo la concettualizzazione del DSM-IV. Come purtroppo avviene abitualmente, la globalità delle ricerche non è concorde, ma emerge una sostanziale direzione di dati che conferma la notevole efficacia sia dell’EMDR che della psicoterapia ipnotica, in diversi casi riconoscendo la superiorità di tali metodiche rispetto ai più comuni e sperimentati approcci psicoterapici (Parnell, 1999; Sherman, 1998; Van Etten, Taylor, 1998; Wilson, Becker, Tinker, 1995).
In alcuni casi in cui viene riconosciuta una sostanziale omogeneità dei risultati degli approcci più efficaci, viene però sottolineata una maggiore brevità di applicazione, per esempio dell’EMDR rispetto agli approcci comportamentali di esposizione o flooding (Shapiro, 1999). Nella valutazione di tali ricerche bisogna però tenere presenti alcuni elementi importanti: 1) il PTSD è solo una modalità di manifestazione degli esiti post-traumatici; 2) rispetto all’EMDR, con la psicoterapia ipnotica è molto più difficile approntare protocolli standard di intervento e ricerca; 3) attraverso il dispositivo ipnotico vengono spesso implementati interventi terapeutici di stretta derivazione comportamentale. Tali variabili rendono i dati delle ricerche tutt’altro che esaustivi.
La psicoterapia ipnotica e l’EMDR, inoltre, possono essere valutati come eccellenti candidati per l’applicazione di una psicoterapia integrazionale meta-teoretica ed orientata al risultato, potendo implementare una vastissima quantità di strategie di intervento provenienti da molteplici tradizioni di ricerca psicoterapeutiche (Pennati, 1995a; Phillips, Frederick, 1995; Shapiro, 1995).
Il termine psicoterapia ipnotica, come noto, è piuttosto vago, racchiudendo al suo interno una notevole varietà di approcci e metodologie (Mosconi, 1998). La psicoterapia ipnotica alla quale mi riferisco non è quella che impiega la suggestione come elemento terapeutico fondamentale, ma che piuttosto, consapevole dell’etiologia post-traumatica reale di molti disturbi, ha negli anni prodotto metodi di intervento efficaci tendenti all’integrazione del materiale mnestico escluso dell’unitarietà della persona (Giannantonio, 2000; Phillips, Frederick, 1995; Pennati, 1995a; Maldonado, Spiegel, 1994).
Alcune modalità tipiche d’intervento prevedono il riaccesso ai ricordi traumatici in una condizione di sicurezza psicofisiologica (Giannantonio, Boldorini, 1998) che consente, modulando opportunamente lo stato di coscienza, l’implementazione di una vastissima messe di risorse immaginative, somatiche e cognitive della persona. Ciò consente di intervenire sui ricordi traumatici facilitando enormemente l’abreazione, il distacco, la rielaborazione ed il superamento di barriere dissociative e connesse alla memorizzazione stato-dipendente (Giannantonio, Boldorini, 1997; Giannantonio, 2000).
L’EMDR è un approccio terapeutico inventato nel 1987 dalla psicologa americana Francine Shapiro, inizialmente come terapia specifica del PTSD, successivamente esteso ad altre patologie. Si fonda innanzitutto sulla scoperta che alcuni tipi di stimolazione bilaterale indotti nel paziente (che producono, ad esempio determinati movimenti oculari) tendono a produrre la ripresa dell’elaborazione di materiale mnestico altrimenti non elaborato.
Molto rilevante è l’assessment notevolmente diversificato e preciso richiesto dall’approccio EMDR, che comprende valutazioni fini sulle emozioni, sensazioni, cognizioni, comportamenti ed aspetti immaginativi della persona, elementi tutti che entreranno a fare parte del target sul quale si interviene. In linea con la specificità dei disturbi post-traumatici, una posizione particolare viene riservata (come in certi orientamenti di psicoterapia ipnotica) alla componente somatica del processo del ricordare, sulla quale viene sempre posta l’accento per verificare l’effettiva efficacia dell’intervento. Tale dispositivo induttore di cambiamento è stato a più riprese integrato all’interno di una cornice operativa e teoretica di sempre maggior respiro, che prende spunto dai maggiori approcci psicoterapeutici.
Ritengo che tali approcci alla psicoterapia abbiano molti elementi in comune che li rendono efficaci per questo tipo di patologie:
1) consentono di lavorare direttamente sulla memoria procedurale, emotiva, viscerale delle persone traumatizzate, anche in assenza di memorie episodiche;
2) consentono l’integrazione fra i differenti tipi di memoria;
3) possono essere impiegate in modo estremamente ecologico e rispettoso della spontaneità del paziente, come indica emblematicamente l’approccio di utilizzazione di Milton Erickson (Erickson, Rossi, 1979), ma anche l’approccio generale dell’EMDR, che tende a non intervenire mai nell’elaborazione mnestica del paziente a meno che tale processo non sia ostacolato nella sua progressione;
4) sono più rapide di molte altre metodiche (Shapiro, 1999);
5) sono particolarmente efficaci nel trattamento di materiale dissociato e codificato in modo stato-dipendente;
6) le osservazioni cliniche di alcuni terapeuti esperti in entrambi gli approcci lasciano pensare, ma ciò è completamente da verificare, che entrambi i dispositivi implementino quella che la Shapiro denomina “elaborazione accelerata dell’informazione”;
7) molti modelli di intervento provenienti dalla tradizione ipnotica sono esplicitamente trasferibili tout court nell’operatività dell’EMDR (Manfield, 1998; Parnell, 1999);
8) sono molto efficaci nel ridurre l’iperassociazione e la dissociazione, spesso presenti congiuntamente in molti traumi (van der Kolk et al., 1997), disponendo di strategie che producono un forte senso di controllo su eventuali esperienze abreattive;
9) sono strumenti estremamente flessibili nella integrazione di risorse poco fruibili o francamente dissociate;
10) consentono una vivida produzione di esperienze interpersonali profondamente mutative atte ad integrare le precedenti esperienze di attaccamento deficitarie o patologiche (Giannantonio, 2000; Manfield, 1998; Parnell, 1999), approccio magistralmente esemplificato da Milton Erickson (Erickson, Rossi, 1989).
Dr. Michele Giannantonio
Per una bibliografia esaustiva ed aggiornata sugli studi di validazione dell’EMDR è possibile consultare quella presente nel sito internet dell’EMDR Institute.
Il pezzo presentato è tratto dall’articolo pubblicato sulla rivista “Attualita in Psicologia”, Volume 15, n. 3, Luglio-Settembre 2000: 336-345 denominato: Trauma, psicopatologia e psicoterapia L’efficacia della psicoterapia ipnotica e dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR).
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