Soldi e felicità: un’analisi del paradosso di Easterlin
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Il rapporto tra reddito e benessere soggettivo ha suscitato ampio dibattito nel campo delle scienze sociali. Il paradosso di Easterlin, proposto negli anni ’70, ad esempio sostiene che, oltre un certo punto, l’aumento del reddito non porta a un incremento proporzionale della felicità. Cerchiamo allora di capire meglio questo paradosso, gli studi successivi che lo hanno confermato o contestato, per avere una visione critica e aggiornata del rapporto tra denaro e felicità.
Cosa è il “paradosso di Easterlin”?
La ricerca sul benessere soggettivo ha cercato di comprendere i fattori che contribuiscono alla felicità individuale e collettiva. Tra questi, il reddito e il possesso di beni materiali sono stati tradizionalmente considerati elementi fondamentali. Tuttavia, nel 1974, Richard Easterlin ha introdotto un concetto rivoluzionario: il paradosso di Easterlin. Questo paradosso suggerisce che, sebbene all’interno di una popolazione le persone con redditi più alti tendano a riportare una maggiore felicità, a livello nazionale l’aumento del reddito pro capite non è accompagnato da un corrispondente aumento della felicità media.
Come si è arrivati a teorizzare questo paradosso?
Tra il 1946 e il 1970 gli Stati Uniti avevano visto una notevole espansione economica; eppure i sondaggi mostravano che la sensazione di felicità provata dalla popolazione in tutto questo periodo del boom del dopoguerra non era aumentata.
Gli studi di Easterlin hanno riguardato non solo i paesi ricchi, ma anche quelli in via di sviluppo. “Con l’aumento così rapido del reddito in alcune nazioni in via di sviluppo, sembra incredibile che non si registri in questi paesi il netto miglioramento del benessere soggettivo che gli economisti ed i politici di tutto il mondo si aspettano di trovare” disse infatti l’economista.
Easterlin citò, nei suoi report, le ricerche condotte in Cile, Cina e Sud Corea. In questi paesi, il reddito pro capite era raddoppiato in meno di 20 anni, ma la felicità non sembrava aver seguito lo stesso percorso. In Cina e in Cile sembravano esserci stati dei piccoli miglioramenti nella soddisfazione di vita, ma i numeri non erano risultati statisticamente significativi.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti Easterlin (1974) osservò che, nonostante il significativo aumento del reddito pro capite nel corso del XX secolo, i livelli di felicità auto-riferita non erano aumentati in modo proporzionale. Questo contrasto portò alla formulazione del paradosso, evidenziando una dissociazione tra crescita economica e benessere soggettivo nel lungo termine.
Quali sono state le spiegazioni per questo paradosso?
Ve ne sono state diverse:
1. Gli individui si adattano ai cambiamenti nel loro stato economico, per cui anche dopo un introito straordinario, i livelli di felicità tornano presto a uno stato di base, nonostante le variazioni nel reddito.
2. La felicità dipende in parte dal reddito relativo piuttosto che assoluto. Le persone tendono a confrontarsi con i propri pari, il che può limitare l’impatto del reddito assoluto sulla felicità.
3. La spesa in beni materiali ha un impatto minore sulla felicità rispetto a investimenti in esperienze, relazioni sociali e attività che promuovono il benessere psicologico.
Se la crescita economica non è la via principale per raggiungere una maggiore felicità, che cosa potrebbe essere?
La risposta che si dette Easterlin è questa: “Potremmo aver bisogno di concentrare le politiche più direttamente sulle cose urgenti che riguardano le persone, come la salute e la vita familiare, piuttosto che sulla mera escalation di beni materiali.”
Cosa hanno scoperto gli studi successivi?
Gli studi successivi hanno fornito risultati misti riguardo al paradosso di Easterlin. Mentre alcune ricerche hanno confermato che, oltre un certo livello di reddito, l’aumento non è significativamente associato a un aumento della felicità, altre hanno evidenziato che il contesto culturale e temporale può influenzare questa relazione.
Si è anche osservato che le società con maggiori disuguaglianze economiche tendono a riportare livelli inferiori di benessere, suggerendo che non è solo il reddito medio a influenzare la felicità, ma anche la distribuzione della ricchezza.
Al contrario, alcune ricerche recenti indicano che in economie emergenti o in rapido sviluppo, l’aumento del reddito continua a essere fortemente correlato con l’incremento della felicità, suggerendo che il paradosso potrebbe essere più applicabile a economie mature.
Cosa implica il riconoscimento del paradosso di Easterlin?
Il riconoscimento del paradosso di Easterlin ha importanti implicazioni per le politiche economiche e sociali. Invece di focalizzarsi esclusivamente sulla crescita del PIL, i decisori politici potrebbero considerare indicatori di benessere più olistici, come l’Indice di Sviluppo Umano (ISU) o il Genuine Progress Indicator (GPI).
Dr. Giuliana Proietti - Videopresentazione
Cosa sono l’Indice di Sviluppo Umano (ISU) e il Genuine Progress Indicator (GPI)?
L’Indice di Sviluppo Umano (ISU) e il Genuine Progress Indicator (GPI) sono due indicatori alternativi al PIL, creati per misurare il benessere di una popolazione in modo più ampio e significativo rispetto alla semplice crescita economica. In particolare:
- Indice di Sviluppo Umano (ISU)
L’Indice di Sviluppo Umano, introdotto nel 1990 dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), è un indicatore che valuta lo sviluppo di un paese tenendo conto di fattori che superano il reddito pro capite. L’ISU misura tre principali dimensioni del benessere umano:
1. Longevità e salute: Questo aspetto è misurato attraverso l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che riflette il livello sanitario e il benessere generale della popolazione.
2. Educazione e istruzione: Viene valutata l’istruzione attraverso la media degli anni di istruzione per adulti di età superiore ai 25 anni e il numero di anni previsti di istruzione per i bambini. Questi dati indicano l’accesso alla formazione e le possibilità di sviluppo intellettuale e professionale.
3. Standard di vita: La dimensione economica dell’ISU è misurata con il reddito nazionale lordo pro capite, corretto per il potere d’acquisto. Questo parametro aiuta a valutare la capacità di una popolazione di mantenere un buon tenore di vita.
L’ISU varia da 0 a 1, con valori più vicini a 1 che indicano un livello più elevato di sviluppo umano. Questo indicatore consente di confrontare il progresso umano in diverse nazioni e di evidenziare le disparità tra i paesi.
- Genuine Progress Indicator (GPI)
Il Genuine Progress Indicator (GPI) è stato sviluppato come un’alternativa al PIL negli anni ’90 per tenere conto degli aspetti della crescita economica che il PIL non considera, come l’impatto ambientale e il benessere sociale. Il GPI tenta di rispondere alla domanda: il progresso economico contribuisce realmente al benessere della società?
Il GPI integra il valore dei beni e servizi prodotti con altri fattori, tra cui:
1. Benefici e costi ambientali: Il GPI sottrae i costi ambientali, come l’inquinamento e la deforestazione, dal calcolo del benessere. Ad esempio, se un paese aumenta il PIL tagliando alberi, il GPI ridurrà questo contributo economico per considerare il costo ambientale.
2. Distribuzione del reddito: Invece di considerare solo la crescita del reddito complessivo, il GPI tiene conto della distribuzione del reddito tra la popolazione, poiché le disuguaglianze economiche influiscono negativamente sul benessere sociale.
3. Valore del lavoro non remunerato: Il GPI include anche il valore economico delle attività non retribuite, come il lavoro domestico e il volontariato, che contribuiscono al benessere sociale ma non sono considerati nel PIL.
4. Spese per il benessere sociale: Il GPI prende in considerazione le spese per salute, istruzione e sicurezza sociale come valori aggiuntivi al benessere, mentre riduce il valore delle spese per problemi sociali come la criminalità.
Questo indicatore, attraverso un calcolo più complesso, offre una visione del progresso economico e del benessere umano più completa e bilanciata rispetto al PIL. Il GPI, infatti, spesso mostra una stagnazione o persino una diminuzione del benessere in paesi dove, nonostante la crescita economica, aumentano i costi sociali e ambientali.
L’ISU e il GPI rappresentano due approcci complementari nella valutazione del benessere?
Si, sono complementari, perché:
– L’ISU è utile per misurare lo sviluppo umano su scala globale e viene applicato spesso nelle analisi delle Nazioni Unite per comparare i livelli di sviluppo tra diversi paesi. La sua struttura relativamente semplice, basata su tre dimensioni principali, consente confronti immediati, sebbene possa essere meno dettagliato rispetto a indicatori che tengono conto di costi e benefici ambientali e sociali.
– Il GPI, con la sua attenzione alla sostenibilità ambientale e alla giustizia sociale, fornisce un’analisi più dettagliata del benessere effettivo e del progresso sostenibile, cercando di rispondere alla domanda su come la crescita economica impatti la qualità della vita. Tuttavia, il GPI è complesso da calcolare, e la sua applicazione richiede l’accesso a numerosi dati che non sempre sono disponibili in tutti i paesi.
In conclusione, sebbene il denaro sia indubbiamente necessario per soddisfare i bisogni fondamentali, il suo impatto sulla felicità diminuisce oltre un certo punto, evidenziando l’importanza di fattori non materiali nel determinare il benessere. Per questa ragione è necessario comprendere meglio complessa relazione, in modo da sviluppare strategie che possano effettivamente migliorare il benessere individuale e collettivo in modo sostenibile.
Dr. Giuliana Proietti
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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