DSM-5: perché nel 2013 saremo tutti più malati, con qualche eccezione
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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Nel prossimo mese di maggio è prevista l’uscita della nuova edizione del Manuale Diagnostico e Statistico degli psichiatri, il DSM-5.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, detto anche “la Bibbia degli Psichiatri”, rappresenta il tentativo, da parte del mondo scientifico, di catalogare tutti i disturbi mentali dell’essere umano, sulla base di dati scientifici.
Il DSM, pubblicato dalla American Psychiatric Association, ha la caratteristica di avere una influenza internazionale sul trattamento sanitario dei disturbi mentali ed ha notevolissime influenze sociali, dal momento che è attraverso questo manuale che si decide se una persona è “normale” o è “malata”.
Questo spiega naturalmente le controversie e le polemiche che hanno sempre circondato il DSM. Un esempio su tutti: quando nel DSM-II l’omosessualità fu definita un disturbo psichico; la definizione fu rimossa, a seguito delle molte proteste, nel 1973. Decidere cosa sia (o non sia) normale fa parte della routine quotidiana di tutti i medici, compresi ovviamente gli psichiatri. Il problema è che, in altre branche della medicina, i medici dispongono di strumenti che permettono esami clinici oggettivi. Le malattie si diagnosticano infatti con elettrocardiogrammi, radiografie, esami del sangue, TAC, biopsie… Gli psichiatri invece dispongono solo di conoscenze teoriche e pillole: niente da esaminare sotto il microscopio, niente su cui cercare dati oggettivi e incontrovertibili.
Il DSM, del resto, è nato proprio allo scopo di dimostrare che le diagnosi psichiatriche si basano su prove rigorose e codificate. In realtà, per molti critici, questo manuale sembra piuttosto dimostrare con chiarezza che lo studio della patologia psichica è tutt’ora più vicino alla letteratura che alla scienza e, proprio per questo, è estremamente sensibile alle mode, alle tendenze, ai bisogni della politica e dell’economia.
Ogni decisione, ogni cambiamento comporta infatti profonde conseguenze sociali e soprattutto economiche: denaro speso o risparmiato, dai cittadini, o dai rispettivi sistemi sanitari nazionali. La malattia del resto comporta sempre esborsi privati e pubblici su visite mediche, esami clinici, test psicologici, farmaci, obblighi nei confronti della disabilità, sostegno scolastico, assenteismo lavorativo, ecc.
Alla nuova versione del DSM si lavora già da diversi anni, ma è solo dal Giugno 2012 che si sta mettendo a punto la stesura definitiva, dopo un periodo di un mese e mezzo, in cui la bozza del manuale è stata messa online sul sito dell’APA, per ottenere i commenti del pubblico: in primis i professionisti, ma anche pazienti, familiari, associazioni. La bozza è stata poi rimossa dal Sito e la task-force ha continuato il suo lavoro, che ormai volge al termine, in quanto la pubblicazione del manuale è attesa fra pochi mesi.
Questo confronto pubblico è servito intanto ad eliminare due proposte su cui la task force aveva a lungo lavorato: il “disturbo di ipersessualità“, che in qualche modo doveva far entrare la controversa diagnosi di “sex addiction” nel manuale, oltre alla ancor più controversa “sindrome di alienazione genitoriale” o PAS, sostenuta in particolare da molte associazioni di padri separati (che vorrebbero riconosciute le dinamiche psicologiche disfunzionali del figlio convivente con la madre, il quale mostra atteggiamenti di rifiuto nei confronti del padre, a causa di un supposto “lavaggio del cervello”). Allo stesso modo, non entreranno nella stesura finale la “depressione ansiosa“, proposta per descrivere sintomi moderati di ansia e depressione, il disturbo di elaborazione sensoriale o “sensory processing disorder”, diagnosi proposta per classificare le persone che hanno difficoltà nell’elaborare le informazioni sensoriali, come le immagini visive o i suoni.
Alcune diagnosi rimangono inalterate, anche se cambiano di definizione: è il caso della “pedofilia“, che viene ribattezzata “disturbo pedofiliaco”. Vengono inoltre aggiunti nuovi criteri diagnostici per quanto riguarda il Disturbo Post Traumatico da Stress e il Disturbo da Abuso di Sostanze. Tutto questo per avvicinarsi alle definizioni del concorrente ICD, o International Classification of Diseases, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO), allo scopo di facilitare la comunicazione fra professionisti.
Una decisione che va controcorrente rispetto all’estensione generalizzata delle malattie riguarda l’ autismo, probabilmente per diminuire il numero sproporzionato di diagnosi di autismo degli ultimi anni negli USA. Diminuiscono dunque i criteri per la diagnosi di autismo, ridotti da tre (alterazioni qualitative dell’interazione sociale, alterazioni qualitative nella comunicazione, comportamenti, interessi, attività stereotipate, ripetitive e ristrette caratterizzate ) a due (disfunzioni nella comunicazione sociale e comportamenti ripetitivi). Le famiglie e le associazioni legate a pazienti autistici lamentano il fatto che un cambiamento del genere potrebbe implicare che molti pazienti che avevano ricevuto in precedenza una diagnosi di autismo, di punto in bianco potrebbero ritrovarsi ad essere considerati “normali” perdendo così il diritto alle cure e al sostegno scolastico. In particolare le famiglie di pazienti con sindrome di Asperger sono preoccupate perché pensano di avere meno speranze di guarigione per i loro familiari “ad alto funzionamento”, che si ritrovano invece in qualche modo “declassati” a semplici soggetti autistici.
La sindrome di Asperger, quando nell’edizione DSM del 2000 fu indicata come disturbo separato dai disturbi dello spettro autistico, determinò un’ondata di investimenti nella ricerca su questa malattia. L’Asperger torna oggi sotto l’ombrello dei disturbi dello spettro autistico (sindrome di Asperger, disturbo autistico, disturbo disintegrativo dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo, non altrimenti specificato), in quanto si è ritenuto che la diagnosi di autismo debba essere considerata solo un primo passo, che implica poi una valutazione individuale del livello di capacità del paziente.
Altra malattia che esce di scena è il “disturbo neurocognitivo minore“, un disturbo della memoria nell’età anziana, che potrebbe evolversi in Alzheimer: questa diagnosi comprende una enorme popolazione di pazienti ogni anno (solo alcuni dei quali sono a rischio reale di demenza) e produce enormi costi, considerati inutili, di brain imaging dal momento che non vi è alcun trattamento efficace per l’Alzheimer.
A parte queste eccezioni, il manuale continua ad espandersi sempre più, come denunciano molti studiosi, fra cui Allen Frances, psichiatra della Duke University che ha presieduto la Task Force del DSM-IV e che ritiene che i supporti scientifici su cui si basa il DSM-5 siano in molti casi piuttosto dubbi.
Ad esempio, molto criticata è la decisione di non escludere più i soggetti a lutto da una possibile diagnosi di depressione maggiore. Il lutto nel DSM-5 non viene più considerato una possibile giustificazione al basso tono dell’umore o ai comportamenti tristi e apatici. La persona che ha da poco subito un lutto viene dunque considerata esattamente come un’altra. Questa decisione è ovviamente molto controversa: i critici sostengono infatti che siamo di fronte al tentativo di medicalizzare la società e di rendere patologiche le naturali emozioni della vita, come quella della tristezza o della disperazione per aver perso una persona cara.
Vi sono però anche voci a favore di questa decisione, che sostengono che l’inclusione del lutto nella diagnosi di depressione maggiore sia dettata da 2 ragioni molto importanti: (1) non ci sono studi che dimostrano che i sintomi depressivi successivi ad un lutto differiscano nella natura, nel decorso o nella severità dagli altri sintomi depressivi; (2) il grande rischio di suicidio che la depressione comporta (4%) non giustifica la non considerazione del lutto, visto che questi pazienti giungono spesso a togliersi la vita, al pari degli altri depressi.
Osservazioni sicuramente giuste, ma che non sembrano tenere conto che l’ elaborazione del lutto richiede soprattutto tempo, anziché farmaci.
E se anche la psicoterapia nel caso del lutto, potrebbe rivelarsi addirittura più efficace di un farmaco, specialmente nei casi più lievi, riconoscono gli psichiatri, il problema non è degli psichiatri, ma dei cambiamenti strutturali profondi che dovrebbe fare la società e che esulano dallo scopo per cui è stato creato il DSM.
Tra i disturbi alimentari è stato incluso il ‘binge eating‘ cioè il mangiare troppo e senza sensi di colpa, che potremmo definire “disturbo da alimentazione incontrollata”. Mentre il bulimico cede all’abbuffata, ma poi si sente in colpa e tenta di rimediare con condotte di eliminazione (es. vomito e uso di lassativi), il binge eater è un mangione, che non si sente in colpa, è in sovrappeso e non se ne lamenta. Se nella passata edizione per ricevere questa diagnosi occorreva cedere all’abbuffata due volte alla settimana nei sei mesi precedenti, ora i criteri sembrerebbero ridotti a una volta alla settimana nei tre mesi precedenti. Inoltre, il disturbo diventa più rilevante, passando dall’appendice del DSM al vero e proprio manuale. Anche qui, nessuno può sostenere ovviamente che fare abbuffate una volta alla settimana sia salutare, ma considerarla una malattia, potrebbe davvero apparire eccessivo.
Un altra novità è la ‘disregolazione‘ (“Disruptive Mood Dysregulation Disorder o DMDD”), che riguarda bambini persistentemente irritabili e soggetti a scatti di rabbia tre o più volte alla settimana per oltre un anno. Questa novità sembra destinata a superare le difficoltà create dalla diagnosi di disturbo bipolare nei bambini, che nel tempo era notevolmente aumentata.
Il disturbo di iperattività e deficit di attenzione (ADHD), che aveva già fatto tanto discutere a causa della controversa cura del Ritalin prescritto ai bambini, viene ora esteso anche agli adulti, con la sindrome di Adult Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD), dove i sintomi sono ad esempio cambiare posto di lavoro più volte, avere relazioni che terminano bruscamente, ecc.
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Non si parlerà più di “disturbo di identità di genere” usata per persone che si sentono dell’altro sesso: il termine verrà sostituito con il più neutro ‘disforia di genere’. Questo sulla spinta dei movimenti LGBT che vedono in questo cambiamento del DSM-V un passo importante per rimuovere lo stigma contro le persone transgender basato su stereotipi sull’identità di genere, aggravati dalla parola “disturbo”. In questo modo ci si aspetta che le persone transgender non vengano più considerate “malate” a causa della loro condizione sessuale.
Ulteriori estensioni riguardano un allargamento dei criteri per i disturbi specifici di apprendimento e un nuovo capitolo sul disturbo post traumatico da stress, che riguarderà i casi di bambini e adolescenti.
– sindrome psicotica attenuata, in cui la persona manifesta sintomi simili alla psicosi (ad esempio sentire delle voci), ma non si tratta di vera e propria psicosi (in quanto si è in grado di distinguere la differenza tra realtà e immaginazione)
Si immagina che il consumo di ansiolitici e antidepressivi, con tutte queste estensioni, salirà dunque alle stelle. Il già ricordato ipercritico Allen Frances ritiene inoltre che queste estensioni del DSM saranno dannose e pericolose anche sul piano sociale, dal momento che verranno considerate malate, e curate, delle persone che non hanno alcun bisogno di trattamento, mentre non vi saranno fondi pubblici per il trattamento delle persone realmente malate, come i malati psichiatrici, che finiranno per essere reclusi nelle carceri sovraffollate. Inoltre, ricorda Frances, vi saranno complicazioni mediche indirette, dovute all’eccesso di trattamenti farmacologici (spesso gli antipsicotici producono un enorme aumento di peso e portano al diabete e alle malattie cardiache). Per non parlare del problema dei sovradosaggi di farmaci regolarmente prescritti, che producono visite al Pronto Soccorso e ricoveri dovuti ad overdose, con tassi superiori perfino ai consumatori di droga comprata in strada. Una denuncia abbastanza seria, considerata la fonte autorevole da cui deriva.
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Sul cui prodest, tutti i critici sono d’accordo, non sembra vi siano molti dubbi: sono infatti vistosi gli interessi dell’industria farmaceutica, che con la creazione e l’estensione di tante malattie psichiatriche vedrebbe i suoi antipsicotici essere sempre più diffusi, quasi come fossero caramelle.
Si spera solo che il medico prudente si ricordi sempre che il DSM anzitutto non è affatto una Bibbia, come invece spesso si dice, ma un semplice manuale, tanto che in molti Stati, come ad esempio il Regno Unito, non è neanche il principale punto di riferimento per le diagnosi psichiatriche (che è invece l’ICD, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). Inoltre, si spera sempre che a prevalere, nel momento della diagnosi sia, se non l’etica professionale, almeno il buon senso.
Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Pubblicato anche sull’Huffington Post
20+ anni di Psicolinea:
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)
mail: g.proietti@psicolinea.it
Visita anche:
www.giulianaproietti.it
Questo è un articolo molto importante che sottende il problema della diagnosi e la definizione del DSM come “Bibbia degli psichiatri” può farci domandare quanto sia adeguato l’uso, peraltro molto diffuso, dello stesso manuale da parte di psicologi e psicoterapeuti