Dipendenza affettiva e co-dipendenza
Relazione sulle Coppie Non Monogamiche
La dipendenza affettiva è ciò che porta una persona a vedere nel partner l’unica fonte di ogni benessere. Da questo scaturisce il fatto che, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato, il soggetto con questa particolare dipendenza è disposto a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale, fino al punto di annullarsi completamente, in ragione del proprio “amore”, dal quale ricava motivazione per la propria esistenza e sopravvivenza.
La maggior parte della letteratura pubblicata su questo tema ha teso a vedere nelle donne, di diverse fasce di età, le persone che maggiormente corrono il rischio di sviluppare questa dipendenza affettiva [1], ma questo argomento è diventato molto popolare dopo il grande successo del libro “Donne che amano troppo ”[2] in cui l’autrice, una psicoanalista, ha descritto il modo in cui le donne tendono a stabilire legami distruttivi con uomini devianti: quelli che un tempo si chiamavano “mascalzoni”.
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La ricerca inconscia di persone problematiche, che non hanno mai ricevuto amore da nessuno, ha lo scopo di riversare amore e dedizione su queste persone, soddisfacendo in realtà anche il bisogno di esercitare un controllo sul comportamento dell’altro. Lo stato iniziale di innamoramento non si riesce dunque a trasformare in amore maturo e questo porta la persona con dipendenza affettiva ad un perenne desiderio di fusione con l’altro, perdendo il senso della realtà ed annullando il proprio Sé.
Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere
Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
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Come per le altre dipendenze, con il tempo il soggetto chiede sempre maggiori “dosi” di presenza e vicinanza del partner, provando crisi di astinenza quando il partner è assente[3].
I sintomi individuati nella dipendenza affettiva sono i seguenti:
- terrore dell’abbandono e della separazione
- mancanza di interesse per sé e per la propria vita
- devozione estrema
- gelosia morbosa
- isolamento sociale
- ansia generalizzata
Si ritiene che la persona che sviluppa una dipendenza affettiva abbia subito nella sua infanzia rifiuti e traumi che l’hanno portata a sviluppare sensi di inferiorità e di inadeguatezza, che si perpetuano poi nella relazione di coppia. Le donne che sviluppano la dipendenza affettiva sentono inoltre che i loro bisogni contano poco e pensano di non meritare l’amore.
Secondo Judith L. Herman [4], che ha dedicato la sua ricerca al trauma e al trattamento delle vittime, le donne che in età adulta sviluppano la dipendenza affettiva possono aver avuto una storia infantile di maltrattamenti fisici e psicologici, possono essere state vittime di abusi o molestie sessuali, ecc. Comunque si tratta di soggetti che non hanno mai potuto soddisfare i loro bisogni, i quali sono stati sempre loro negati. Da adulte dunque, queste donne negano a se stesse di avere dei bisogni propri, presentano una bassa autostima, sentimenti di vergogna ed umiliazione e consolidano la loro identità solo grazie alla presenza dell’altro.
Il partner del dipendente affettivo (e dunque soprattutto l’uomo) in genere non fa nulla per far emancipare l’altro dal suo stato di dipendenza ed anzi avvilisce le sue debolezze sul piano del fisico, del carattere, del livello intellettivo e cognitivo, allo scopo di determinare nella donna una maggiore insicurezza, che la porterà a vivere nel terrore di perdere la persona amata. La perdita di autostima ed il terrore della perdita generano infatti molta ansia e questa a sua volta è ciò che porta ad intensificare il controllo della relazione e del partner, sfociando a volte in una gelosia morbosa.
Chiedere aiuto è il primo passo!
Il dipendente affettivo si preoccupa soprattutto di dare, allo scopo di farsi amare, ma non sempre il solo dare è al servizio della funzionalità della coppia. Il partner dominante infatti, a forza di ricevere continuamente attenzioni diventa sempre più sicuro di sé, attivo ed intraprendente, anche allo scopo di perfezionare il dominio sulla partner.
Va tuttavia notato che questa sicurezza di sé dipende anche dal fatto che la partner è debole: si crea così una complementarietà di coppia di tipo simbiotico e compensatorio.
Spesso a questa teoria (che rimane sempre una teoria e non è ancora una patologia riconosciuta), si associa quella della co-dipendenza. La co-dipendenza si ha quando uno dei due partners ha sviluppato una dipendenza patologica (alcolismo, tossicomania, gioco d’azzardo ecc.), oppure ha una malattia. Il partner che presta assistenza riempe l’altro di attenzioni, non solo e forse non tanto perché vuole aiutare l’altro, ma perché riesce ad amare se stesso solo attraverso il controllo dell’altro.
Il partner assistito col passare del tempo si sente sempre più privato della sua autonomia e sempre più impotente di fronte ai propri bisogni. Anche il partner-assistente sarà ugualmente stressato: sempre arrabbiato ed esausto nei confronti dell’altro, che lo costringe ad aumentare le sue premure, minacciando comportamenti autonomi, che sfascerebbero le basi sulle quali la coppia si fonda.
Una volta questo comportamento accudente femminile non era certo considerato una patologia della coppia, ma il normale ruolo ricoperto dalla donna nella sua funzione di caregiver non solo per il marito, ma anche per le persone della sua famiglia: un ruolo che richiedeva sacrificio e abnegazione, ma che nello stesso tempo dava alla donna l’unico potere che poteva permettersi, cioè quello di vedere i suoi cari dipendenti da lei e dalle sue attenzioni. Questo è il caso dei figli-mammoni, che non riescono a svincolarsi da questa madre così premurosa, le cui attenzioni celano spesso un desiderio di potere e di controllo.
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Questi comportamenti di accudimento femminili (svolti dalle donne in realtà non per scelta, ma per condizionamento sociale) sono sempre stati considerati in modo abbastanza positivo, accolti tutt’al più con un sorriso di condiscendenza. Recentemente però hanno cominciato ad essere valutati in modo diverso, soprattutto quando si è cominciato, nei gruppi di self help degli Alcolisti Anonimi ed in altri gruppi di auto-mutuo aiuto degli anni settanta, a vederli come comportamenti molto disfunzionali.
Sia nel caso dei partner, sia nel caso dei figli, si creano inseparabili appendici con la persona accudente, che di fatto ne impediscono l’emancipazione o la guarigione. I comportamenti troppo altruistici femminili sono stati letti come un bisogno di auto-riconoscimento, che riscatta una vita altrimenti anonima e mancante di gratificazioni (ecco perché la donna, che oggi se lo può permettere, dovrebbe investire le sue risorse non solo nella famiglia, ma anche nel lavoro extra-domestico).
Le relazioni di dipendenza affettiva e di co-dipendenza sono infatti sempre infelici, perché i partner cercano l’altro soprattutto per compensare le proprie carenze interne. La relazione in questo modo si fonda più sul bisogno che sul desiderio.
Dr. Walter La Gatta
Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023
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Fonti Bibliografiche:
[1] Miller D, 1994
[2] Norwood, 1993
[3] Giddens 1995
[4] Herman, Judith Lewis (1997). Trauma and recovery: The aftermath of violence from domestic abuse to political terror
Immagine:
Wikimedia
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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