C’è ma non si vede (il sesso) – Prof. Rifelli
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La professoressa l’abbiamo incontrata in una giornata insolita (con la sua scolaresca, ragazze di 15-16 anni, in visita alla Celeste Galeria mostra che a Palazzo Te in Mantova proponeva opere delle collezioni Gonzaga) e in un momento speciale (di fronte al ritratto del duca Vincenzo I Gonzaga collocato fra Margherita di Savoia e Margherita Gonzaga di Lorena).
La gente è molta, ma la giovane insegnante ha conquistato la posizione migliore: è di fronte a Vincenzo I, tanto vicina al ritratto che potrebbe toccarlo. Parla con competenza: si sofferma sulla persona del duca e sui legami di parentela con le donne che lo affiancano, rileva la raffinatezza dell’abbigliamento, nota il significato simbolico dello scettro, della spada e di altri particolari, collega le immagini con la storia dei Gonzaga. Parla, guarda le allieve e ogni tanto si gira verso i ritratti per indicare.
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Le ragazze, formalmente attente, in semicerchio, strette e urtonate dalla gente che vuole passare o avvicinarsi, ascoltano guardando l’insegnante e quindi, di volta in volta, il duca e le due Margherite.
Si tratta di tre immagini a figura intera, gli abiti sontuosi da cerimonia, ricchi di pizzi, di ricami di decori preziosi. Sono ritratti di maniera, “foto” d’epoca, testimonianze di come ci si vestiva a corte. Se non fosse per l’impegno dell’insegnante e la seriosità dell’ambiente le immagini potrebbero suscitare qualche sorriso.
Il Duca in particolare: in sovrappeso, calzamaglia nera e scarpette chiare come da ballo, ampi bragoni imbottiti e rigonfi che dalla vita gli arrivano a metà coscia dando luogo ad una sorta di voluminosa minigonna plissettata, corazza finemente decorata a protezione del tronco e delle braccia, larga gorgiera di pizzo.
Di sé, Vincenzo I Gonzaga, mostra solo il capo con una incipiente calvizie, il volto inespressivo incorniciato dalla gorgiera e le mani: la destra impugna lo scettro, la sinistra si appoggia sull’elsa della spada. Nell’insieme sembra assai simile a quelle foto d’inizio novecento che ritraevano il volto del soggetto sporgente da una sagoma in maniera da diventare, nella foto, un ufficiale della cavalleria, o una gran dama a seconda di ciò che rappresentava la sagoma stessa.
Ma l’insegnante sembra essere troppo impegnata per vedere qualcosa di diverso di quanto ritiene utile che le allieve apprendano, non critica né commenta con ironia, anzi non vede nemmeno un impudico particolare che non dovrebbe sfuggire soprattutto a chi, come lei, si intrattiene su tratti pittorici poco evidenti: la fine decorazione della corazza, la collana che quasi scompare sotto i pizzi della gorgiera, alcuni altri segni che fanno girare lo sguardo a tutta la scolaresca verso l’alto e a destra e a sinistra suscitando qualche animosità, le più non li vedono, una finalmente li individua, li indica alle altre e il gioco finisce.
Precisiamo che il quadro in questione misura 202 centimetri di altezza, 112 di larghezza ed è collocato a poco più di cinquanta centimetri da terra. Il Duca è ritratto a grandezza naturale e così posizionato presenta i bragoni a palloncino proprio all’altezza dello sguardo di un visitatore di altezza media.
L’insegnante è appunto di altezza media, è in prima fila, davanti al quadro e quando gira il volto per indicare alle ragazze cosa guardare, ha di fronte agli occhi quell’inverecondo accessorio del vestiario maschile a forma di corno rovesciato, per non dire di pene eretto, che si chiama brachetta e che nel caso del Duca spunta impertinente di tra le pieghe interrompendo la regolarità della plissettatura. La brachetta in uso nel XVI secolo aveva dimensioni che non corrispondevano al probabile contenuto, ma al rango del portatore.
La sua funzione era di rappresentare la virilità e con essa il potere e la forza, alla pari dello scettro e della spada, ma l’insegnante non la vede e perde l’occasione di arricchire il discorso, suscitare forse maggiore interesse e di certo fornire della storia e dei suoi protagonisti una immagine esauriente, una immagine sessuata. Il non vedere riguarda anche la singolare vicenda matrimoniale di Vincenzo I sulla quale l’insegnante ha mantenuto il silenzio.
Le prime nozze del futuro Duca di Mantova si conclusero infatti con un annullamento per un qualche imprecisato difetto “corporale” della giovane moglie, Margherita Farnese pronipote di Carlo V, che rendeva impossibile il coito. Nonostante la certezza di quel difetto che costrinse Margherita ad entrare in convento, rimase il sospetto che fosse Vincenzo l’incapace e le seconde nozze con Eleonora Medici furono ostacolate dal padre di lei che pretendeva la prova della potenza sessuale.
La prova richiesta consisteva nel deflorare una giovane di fronte a testimoni e la cosa avvenne con una certa Giulia “bellissima e onestissima” prelevata dall’Ospizio fiorentino delle Orfane della Pietà la quale, successivamente, gravida e con tremila scudi di dote venne sposata ad un “musico romano” (Documenti inediti dal R. Archivio di Mantova a cura di G. Conti, Firenze 1893).
Il sospetto dell’impotenza del Gonzaga e la necessità della prova hanno dato vita a letture boccaccesche quale è stata la divertente trasposizione filmica operata da Pasquale Festa Campanile (Una vergine per il principe. V. Gassman e V. Lisi, 1964) ma fu al tempo una vicenda che impegnò seriamente e per oltre un anno (1583-84) le corti e la Chiesa poiché i matrimoni non erano indifferenti all’equilibrio politico dell’Italia e dell’Europa.
Dato questo precedente può meglio comprendersi l’enfasi pittorica con cui il ritrattista (Frans Pourbus il Giovane) ha evidenziato gli attributi sessuali del Duca, ma la nostra insegnante non ha visto e come tanti si è comportata con l’abilità dei maghi capaci di nascondere foulard e colombe: in questo caso il sesso c’è, ma non si vede.
Giorgio Rifelli
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
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Giorgio Rifelli è medico, specializzato in Dermatologia-Venereologia ed in Psicologia Medica. E’ Responsabile del Servizio di Sessuologia Clinica presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna; Segretario Generale del Centro Italiano di Sessuologia, Membro del Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari (A.I.C.C. e F.); Direttore della sezione di Bologna della Scuola di Sessuologia per l’Educazione, la Consulenza e la Psicoterapia sessuale del Centro Italiano di Sessuologia; Consigliere nazionale della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica. Dall’Anno Accademico 1996-97 è Docente a contratto di Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale presso la Facoltà di Psicologia, Università di Bologna.
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