C’è bisogno di spiritualità nella pratica clinica?
Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
La questione della spiritualità nella pratica clinica è complessa e solleva importanti interrogativi: è lecito integrare l’aspetto spirituale nel contesto della scienza e della medicina basata sull’evidenza, solo perché alcuni pazienti lo desiderano? Ricordiamo che la scienza si concentra sull’approccio empirico e sulla raccolta di prove tangibili per guidare la diagnosi e il trattamento delle malattie, mentre la spiritualità riguarda la sfera più intima dell’essere umano, le sue credenze, i suoi valori e il senso di scopo e significato nella vita.
La scienza deve essere esente da pratiche religiose per garantire l’obiettività e l’imparzialità nel trattamento dei pazienti: il metodo scientifico si basa sull’osservazione, la sperimentazione e la riproducibilità dei risultati, e non può fare affidamento su credenze personali o dogmi religiosi per giungere a conclusioni. Inoltre, la medicina moderna si è evoluta sulla base della ricerca scientifica e della pratica clinica basata sull’evidenza, che si concentra sull’uso di terapie e trattamenti che sono stati dimostrati efficaci attraverso studi clinici rigorosi.
D’altra parte, si sa che molti individui trovano conforto e sostegno nelle loro credenze spirituali durante momenti di malattia o difficoltà, e la pratica clinica non può non tenere conto di questo aspetto della vita dei pazienti. Cerchiamo allora di chiarire alcuni punti importanti:
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Cosa è il sacro?
Il sacro è una fonte di significato e di scopo, che si trova al di sopra e al di là dei bisogni e degli interessi personali. Il dominio sacro può riferirsi a credenze in una realtà trascendente (come nel Taoismo e nel Buddismo), o a credenze in un Essere Supremo (come in molte religioni, fra cui quella cristiana).
Nella religione cristiana, islamica ed ebraica si insegna che tutti gli esseri umani sono dotati di una parte animale (il corpo) e di una parte divina (l’anima). L’ “anima” è dunque quella parte di sé connessa al mondo del sacro.
Cosa si intende per atteggiamento spirituale?
L’atteggiamento spirituale consiste nel tentare di connettersi con il divino dentro di sé, rappresentato dall’anima, per lasciarsi guidare nel mondo materiale, trascendendo l’ego. La spiritualità permette di raggiungere stati di coscienza particolari, che fanno sentire la persona a contatto con l’universo, con il divino.
Non è tanto una questione di religione, quanto di religiosità: un atteggiamento che, secondo Jung, appartiene all’inconscio collettivo ed è innato nell’essere umano. Questo potrebbe aiutare a capire perché molte persone, anche non credenti in un Dio o in una fede specifica, esprimano un forte interesse per la meditazione, lo yoga e altre pratiche simili: per raggiungere stati di coscienza particolari, in cui appare più semplice elaborare il senso della vita.
La medicina è sempre stata vista come avulsa dalla spiritualità?
No, al contrario: nei tempi antichi la medicina era vista come un dono della Divinità e dunque qualcosa che aveva a che fare con il trascendente, Tuttavia, a partire da Cartesio (1596-1650), il mondo scientifico cominciò a guardare alla spiritualità come a una dimensione dell’esperienza umana di scarso interesse, non meritevole di approfondimento da parte delle terapie secolari e scientifiche.
Per lungo tempo si è optato per un approccio rigidamente dualistico per le cure alla persona: da una parte c’erano appunto i medici, che curavano i corpi, dall’altra vi erano i sacerdoti, che si occupavano dell’anima.
Oggi questo rigido dualismo non viene più accettato, in primis dai pazienti: essi vogliono sempre più essere avvicinati come persone che provano emozioni e sentimenti e non come individui senza volto con organi malfunzionanti.
Religione e spiritualità sono la stessa cosa?
Religione e Spiritualità non sono sinonimi: la spiritualità può includere anche l’adesione a una fede religiosa, ma può riguardare semplicemente il bisogno di cercare significati, scopi, realizzazioni, anche in assenza di religione.
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Sono stati condotti degli studi scientifici sulla spiritualità?
Si. Negli ultimi anni la ricerca ha cercato di comprendere le basi cerebrali della spiritualità, delle esperienze mistiche e del sentimento religioso ed ha compiuto reali progressi nella definizione scientifica degli stati mentali studiati, tanto che sono stati proposti due nuovi campi di studio: la Neuroteologia (Neurotheology) e la Neuroscienza dello Spirito (Spiritual Neuroscience).
Gli studi di fMRI (risonanza magnetica funzionale) e QEEG (elettroencefalografia quantitativa) condotti su soggetti che si dedicavano a pratiche spirituali, documentano un’attività cerebrale estesa e complessa, con aumento diffuso dell’attività theta, ossia delle onde lente, il che indica una modificazione di funzioni neurali alla base della coscienza. E’ stato inoltre dimostrato che le pratiche spirituali producono un aumento delle abilità cognitive dipendenti dall’attenzione e rallentano il processo di invecchiamento.
Le neuroscienze dello spirito si sono inoltre collegate con la psiconeuroimmunologia, prendendo le mosse dagli effetti degli stati mentali che rientrano nella definizione di “affetto positivo” (positive affect, ovvero sentimenti che riflettono un livello di impegno piacevole con l’ambiente come la felicità, la gioia, l’eccitazione, l’entusiasmo e la contentezza) sul sistema immunitario.
Cosa si è cercato di cambiare attraverso l’introduzione della medicina olistica?
Con la medicina olistica (dal greco ὅλος hòlos, cioè “totale”, “globale”) si è cercato negli ultimi anni di superare il modello del riduzionismo scientifico, che non tiene conto delle dimensioni psicologiche, sociali, spirituali, in quanto estranee al controllo biomedico: in questa nuova ottica un essere umano, in quanto tale, viene considerato sempre come un’unità-totalità, non esprimibile con l’insieme delle parti che lo costituiscono.
I professionisti della salute hanno compreso che non basta curare, ma occorre anche prendersi cura dei pazienti: attraverso l’ascolto empatico, l’incoraggiamento, il loro coinvolgimento nel trattamento. Sono infatti nati nuovi approcci per l’agire clinico, come la Medicina Narrativa o la Patient-Centered Medicine, che hanno lo scopo di mettere a punto un percorso di cura personalizzato e condiviso, coniugando la prospettiva del medico con quella del paziente, dei suoi valori, del suo vissuto, del suo gruppo familiare e sociale di riferimento.
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Quanto è importante la spiritualità nel dolore e nella malattia?
Moltissimo. L’esperienza della malattia è qualcosa che pone la persona a contatto con le proprie fragilità e permette di sondare i propri limiti rispetto alla grandiosità dell’universo e a quanto è fuori dalla sua portata. In questi momenti la spiritualità può essere di grande aiuto per superare condizioni di crisi e di sofferenza. Ciò che si desidera è trovare il bene nella situazione negativa, lo scopo nella sofferenza, la sicurezza nell’ignoto, lasciando andare le proprie paure.
Numerosi studi nel corso degli anni hanno confermato i benefici delle credenze spirituali durante i periodi di difficoltà e malattia. Queste scoperte hanno mostrato come la spiritualità possa essere d’aiuto durante la malattia, così come in presenza di disastri naturali, lutti, fallimenti personali, ecc., perché permette di sperimentare un tipo speciale di serenità interiore, che è in netto contrasto con la sofferenza.
La pratica clinica dovrebbe includere esperienze spirituali?
No. La pratica clinica dovrebbe essere esente dall’influenza di qualsiasi dottrina, fede o ideologia: l’atteggiamento scientifico deve sempre prevalere nella cura, per non tornare indietro ai tempi del pensiero magico o religioso. Nessuno pensa di poter rimettere sullo stesso piano astronomia e astrologia, frenologia e neuroscienze, alchimia e chimica, psicologia e parapsicologia: la scienza è, per definizione, “laica” e il termine greco “laikos” sta a significare l’assoluta non appartenenza a modelli religiosi, filosofici o politici.
Dove trovare le parole giuste per consolare i pazienti, se non nella spiritualità?
Purtroppo, né i medici, né gli psicologi ricevono un’adeguata formazione sui temi filosofici: essi a volte non hanno né parole, né strumenti che possano essere comparabili, in valore ed efficacia, a quelli religiosi e spirituali (ad esempio la meditazione, la preghiera, l’ascolto di musica sacra, il pellegrinaggio ecc.) per raggiungere quegli stati mentali che permettono di ritrovare la serenità, nonché la forza per far fronte alle avversità.
Può esistere una “spiritualità laica”?
Si, potrebbe essere molto utile sviluppare una “spiritualità laica” , nel senso della naturale ricerca del significato misterioso della vita (non a caso in molte lingue la parola “spirito” coincide con quella di respiro, quasi a sottolineare l’impossibilità di fare a meno di questa dimensione).
Ad esempio, è stato dimostrato che la dimensione spirituale può essere ricercata in un maggiore contatto con la natura: coltivare un orto o un giardino, ma anche passeggiare nei boschi, viaggiare in luoghi esotici e così via. Altri effetti importanti li raggiungono gli strumenti indicati dalla psicologia positiva: il perdono, la gratitudine, la meditazione, l’accettazione, la speranza, la resilienza.
Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
Per appuntamenti:
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