Breve storia della narcoanalisi
Il giudice, nel caso del ‘Colorado shooter’ (Lo sparatore del Colorado) James Holmes, ha preso la sconcertante decisione di permettere di utilizzare l” “intervista narcoanalitica” e l'”esame poligrafo” nel tentativo di dimostrare l’incapacità di intendere e di volere.
Sebbene il poligrafo, o ‘macchina della verità’ sia noto per essere poco affidabile ed alcuni Stati negli USA ne consentano ancora l’utilizzo in alcuni processi in tribunale, utilizzarlo in un caso-chiave come questo appare francamente bizzarro.
L’ ‘intervista narcoanalitica’ è così inusuale da lasciare perplesse molte persone, che si domandano se il giudice stesso sia sotto effetto dei narcotici.
L’ ‘intervista narcoanalitica’ è talvolta descritta come l’applicazione di un ‘siero della verità’, ma la pratica è molto più interessante.
È stata chiamata in molti modi: ‘narcoanalisi’, ‘narcosintesi’, ‘intervista all’amytal’ e consiste, come ci si può aspettare, nell’interrogare una persona mentre è sotto l’effetto di una sorta di narcotico.
Queste pratiche nacquero nei primi anni novanta del XIX secolo, ancora in tempi pre-psicoanalitici quando Freud usava l’ipnosi per rilassare i pazienti ed aiutarli a parlare di questioni emotivamente difficili.
L’idea che l’essere rilassati permetta di superare la naturale resistenza della mente a formulare pensieri difficili e permetta di accedere all’inconscio, divenne il fondamento del lavoro di Freud. La narcoanalisi è ancora essenzialmente basata su quest’idea.
Ma, naturalmente, il concetto ha dovuto attendere fino alla scoperta dei primi farmaci idonei: i barbiturici.
Lo psichiatra William Bleckwenn scoprì che somministrando barbiturici a pazienti affetti da schizofrenia catatonica determinava un “intervallo di lucidità” in cui i pazienti sembravano in grado di discutere il proprio stato mentale in un modo in precedenza impossibile.
Si possono trovare dei parallelismi nell’uso della ‘narcoanalisi’ fra il caso attuale ed i suoi primissimi utilizzi, mentre nel resto del secolo il concetto si è fuso con l’idea di mettere a punto un “siero della verità”.
Questo accadde negli anni Venti, quando il ginecologo Robert House notò che le donne che avevano ricevuto la scopolamina per facilitare il parto sembravano accedere ad uno ‘stato crepuscolare’ in cui erano più aperte e più loquaci.
House decise di testare questa sostanza sui criminali e la somministrò nelle carceri, interrogando i prigionieri sotto l’effetto della sostanza, allo scopo di ‘determinare la loro innocenza o colpevolezza’. Incoraggiato da alcune confessioni all’inizio, in seguito ritrattate, House sosteneva che questo metodo avrebbe dovuto essere utilizzato di routine nelle indagini della polizia.
Tutto ciò probabilmente sarebbe finito come una curiosità della medicina, se la rivista Time non avesse pubblicato un articolo nel 1923, dal titolo “Il siero della verità”( “The Truth-Compeller”), sulla teoria di House, facendo di lui e del ‘siero della verità’ delle star nazionali.
Questi approcci sono poi stati militarizzati: in primo luogo la ‘narcoanalisi’ fu utilizzata per curare i soldati traumatizzati nella Seconda Guerra Mondiale, e in secondo luogo essa fu utilizzata dalla CIA durante la Guerra Fredda, come metodo di interrogatorio, diventando un elemento centrale del progetto segreto MKUltra .
Essa ha continuato raramente ad essere utilizzata nelle indagini penali negli Stati Uniti, anche se appare in alcune sentenze processuali.
Nel 1985 la Corte Suprema degli Stati Uniti respinse l’appello di due persone condannate per omicidio poiché ritenevano che i loro interrogatori in narconalisi avessero prodotto prove false circa la loro colpevolezza.
Chiedere aiuto è il primo passo!
Tuttavia, lo psichiatra che aveva condotto l’interrogatorio non riuscì a convincere uno dei giudici sul fatto che che la ‘narcoanalisi’ fosse un beneficio:
Egli sostenne dapprima che questo metodo avrebbe potuto suscitare una dichiarazione precisa della memoria soggettiva, ma poi ha ritenuto che il soggetto poteva fabbricare dei ricordi. Si rifiutò di accettare che il soggetto potesse rivelare con maggiore sicurezza la verità, se sottoposto a narcoanalisi.
Il concetto sembrò scomparire quando nacquero dei sospetti sul fatto che la ‘narcoanalisi’ fosse ancora utilizzata dalla CIA. quando il famigerato ‘torture memo‘ del governo Bush giustificava l’uso di “sostanze che alterano la mente”, come parte delle ‘tecniche di interrogatorio’.
Non vi è alcuna prova che la ‘narcoanalisi’ sia realmente di aiuto, in qualsiasi forma o maniera, a dosi moderate o elevate, mentre alcuni dei farmaci possono impedire la memoria o rendere più probabile che la persona si confonda nel ricordare.
Ho il sospetto che il risultato effettivo della bizzarra sentenza sul caso del ‘Colorado shooter’ farà si che gli psichiatri saranno in grado di dare un semplice farmaco ansiolitico ad un soggetto potenzialmente psicotico, senza modificare l’esito della prova.
Sarebbe un po’ come dare questo tipo di farmaci ad un testimone ansioso e agitato, per aiutarlo a raccontare quello che è successo.
Ma il fatto che il giudice includa la ‘macchina della verità’ e la ‘narcoanalisi’ nella sua sentenza ritenendoli strumenti giuridici utili piuttosto che riconoscere le imperfezioni di queste tecniche investigative è molto preoccupante e suggerisce che il pensiero giuridico si sia impantanato agli anni Cinquanta.
pdf della sentenza del giudice
Dr. Vaughan Bell
Articolo originale:
A brief history of narcoanalysis, MindHacks
Traduzione a cura di psicolinea.it
Riproduzione autorizzata
Una Conferenza sulla Paura
A32/A12
Psicolinea ti consiglia anche...
Il disagio di avere i genitori...
La donna e la casa: quale rela...
Le Barriere Semantiche nella c...
Susan Greenfield e le ricerche...
Il cervello può essere allenat...
DSM-5: perché nel 2013 saremo ...
Vaughan Bell è uno psicologo clinico e un ricercatore, interessato al trattamento delle lesioni cerebrali e del disagio mentale. Lavora al King’s College di Londra ed è membro internazionale della cattedra di psicopatologia presso il Departamento de psyquiatría, Ospedale Universitario San Vicente de Paúl e Universidad de Antioquia, Medellín, Colombia.