Amelia Earhart, una leggenda dell’aviazione mondiale
Può il coraggio essere il prezzo che la vita esige per assicurarsi la pace? A questa domanda la maggior parte della gente risponderebbe di no o forse non si porrebbe nemmeno questa domanda. Eppure una donna del secolo appena finito ne fece la ragione della sua vita.
La lady si chiamava Amelia, Amelia Earhart e anche se ai più non dice niente questo nome, possiamo ben dire che lei ebbe una fama notevole nel periodo che va dal 1920 al 1937 e negli anni a seguire e non solo in certi ambienti ma anche nei rotocalchi, nella stampa di tutto il mondo, perché divenne una leggenda dell’aviazione mondiale. La sua scomparsa, ancora circondata dal mistero, non fece che accrescere il suo mito.
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Ma andiamo con ordine: Amelia nasce il 24 luglio del 1897 nella casa dei nonni ad Atchinson, Kansas, e questo perché la madre Amy ha già avuto un aborto e così preferisce partorire nell’ambiente tranquillo dei suoi. Il marito, Edwin Earhart, rimane a Kansas City dove fa pratica di avvocato. Dopo due anni e mezzo nasce una sorellina, Muriel. Il padre di Amy, Alfred Otis, non ama particolarmente il giovanotto, che considera un inetto e in effetti, forse per la sua incipiente dipendenza dall’alcool, egli fallisce gli obiettivi che si è prefissato e finisce per accettare un lavoro da dipendente presso la ferrovia della linea Rock Island.
Nel 1905 i genitori di Amelia si trasferiscono così a Des Moins, Iowa, lasciando le figlie con i nonni. Solo nel 1908 queste raggiungeranno i loro genitori. Entrambe non riescono certo a frequentare la scuola con continuità, ma amano in ogni caso leggere i libri e soprattutto esercitare lo sport, tennis e basket.
Dopo un iniziale miglioramento nelle condizioni di vita, le cose cominciano a peggiorare per colpa del padre ormai dedito all’alcool. Nel 1914, in seguito al suo licenziamento dal posto di lavoro, le donne se ne vanno a Chicago presso degli amici e Amy fa di tutto per far studiare le figlie.
Dal canto suo la bella Amelie vorrebbe andare al College, ma accantona presto l’idea quando vede per strada quattro reduci feriti della I guerra mondiale e le condizioni in cui versano. Non ha dubbi, deve fare qualcosa, rendersi utile, e comincia a frequentare corsi per infermiera che la porteranno a prestare servizio in un ospedale militare in Canada: “per la prima volta capii il significato della guerra; invece di belle uniformi e fanfare potei vedere il risultato di quattro anni di lotta disperata; uomini senza braccia o gambe, paralizzati o ciechi”.
Alla fine della guerra vuole continuare a dedicarsi agli altri e a Boston non soltanto fa volontariato, ma insegna anche inglese ai bambini immigrati. Intanto però la giovane comincia ad appassionarsi agli aerei, assiste di frequente alle esibizioni acrobatiche di aerei che vengono proposte nelle fiere e che vanno di moda negli anni 20. Poi raggiunge i genitori, che nel frattempo sono tornati insieme, in California, e con il padre va ad un raduno aereo.
Per la prima volta sale a bordo di un biplano e al prezzo di un dollaro vola per dieci minuti sopra Los Angeles: siamo nel 1920 ed è in questa occasione che decide di imparare a volare.
Comincia a frequentare lezioni di volo da Anita Snook e si dà anche a lavoretti extra non solo per pagarsi le lezioni, ma anche per coronare quello che ormai è diventato il suo sogno: acquistare un aereo! E così l’anno dopo, grazie anche all’aiuto della madre, compra il suo primo aeroplano, un biplano a due posti, usato, che per il suo colore giallo luminoso, chiama “canarino” e che usa per stabilire il suo primo record femminile salendo ad un’altitudine di 14.000 piedi.
La stampa, da subito, comincia ad occuparsi della giovane, bella e coraggiosa. Anche la nascente industria dell’aviazione civile vede la possibilità di sfruttarne l’immagine per attirare pubblico femminile. Lei, del resto, se la sa cavare bene con le interviste e dà enfasi alla convinzione che le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini: lei ne è un esempio.
La sua popolarità la può verificare di persona allorché attraversa gli Stati Uniti a bordo della sua automobile, sempre gialla, per portare la madre fino a Boston. Durante le soste, la gente si raduna intorno a lei come davanti ad una celebrità.
Un pomeriggio, nell’aprile del 1928, una telefonata la raggiunge mentre è al lavoro: “le piacerebbe sorvolare l’Atlantico?”. Dall’altro capo c’è il capitano Hilton H. Railey che ha avuto l’incarico dall’editore George Putnam di trovare una donna per la trasvolata. Hanno subito pensato a lei, alla signora Lindy, come la chiameranno per la sua rassomiglianza a Charles Lindberg.
A bordo di un Fokker F7, chiamato “Friendship” (amicizia), che decolla il 17 giugno 1928, dopo diversi rinvii per le brutte condizioni del tempo, salgono il pilota Stultz e il co-pilota e meccanico Gordon. Sebbene Amelia sia relegata a ben poche funzioni (“sono stata una passeggera, semplimente una passeggera”), quando il team arriva in Galles, 21 ore dopo, gli onori sono quasi tutti per lei, i reporters ignorano i suoi due compagni, sono venuti solo per lei.
Anche il Presidente Coolidge le invia con un cablogramma le sue personali congratulazioni. Quando ritorna negli States è già una eroina, tutti la vogliono e lei va in giro a tenere conferenze seguita costantemente dalla stampa e favorita dalla pressante pubblicità che ne fa il suo ormai “tutor” George Putnam. Cominciano anche a girare le voci su una presunta relazione fra i due. Nel settembre dello stesso anno Amelia vola da sola dalla costa atlantica a quella pacifica per assistere alle gare nazionali aeree e a New York si ferma per qualche conferenza organizzatale da Putnam per il lancio del suo libro “Venti ore, quaranta minuti”, sull’impresa compiuta qualche mese prima.
Nel 1929 organizza un’esibizione aerea per sole donne, da Los Angeles a Cleveland e al suo ritorno viene a sapere che George è stato lasciato dalla moglie Dorothy, la quale si appresta anche a concedergli il divorzio. Lei continua a superare records femminili a bordo del suo aereo e pubblica articoli su “Cosmopolitan” e altre riviste, poi, il 7 febbraio del 1931, si sposa con Putnam.
Insieme progettano un volo attraverso l’oceano Atlantico prima che qualche altra donna si cimenti nell’impresa e faccia oscurare il nome di Amelia. All’inizio del 1932 nessun’altra persona, dopo Lindberg, ha compiuto la trasvolata da solo; ci riesce lady Lindy, atterrando in un campo aperto vicino a Londonderry nell’Irlanda del Nord.
George raggiunge Amelia a Londra ed insieme trascorrono diverse settimane in giro per l’Europa. Quando ritornano a New York il Presidente Hoover le conferisce la speciale medaglia d’oro per conto della National Geographic Society. È il momento di maggior successo per la nostra che viene nominata donna dell’anno.
Lei accetta il premio, in nome di tutte le donne, rispondendo indirettamente ad una domanda che ci si è posti in fondo ad un articolo della stampa francese: “saprà (l’aviatrice) fare i dolci?”.“Io accetto questi premi non solo per conto di tutte quelle donne che sanno fare dolci, ma anche per le donne che sanno fare cose più importanti e meno importanti che volare.”
Sempre determinata e con l’intento di arrivare dove altri hanno fallito diventa la prima persona ad attraversare il Pacifico da Honolulu nelle Haway; ad Oakland in California; gli impegni intanto si infittiscono, sempre chiamata da tutte le parti a tenere conferenze grazie alla simpatia e cordialità che sa offrire.
Nel 1937, quando ha quasi 40 anni, sente di essere pronta per la sfida finale: vuole essere la prima donna a fare il giro del mondo in aereo. Dopo un tentativo fallito dice: “Ho il presentimento di avere a disposizione solo un altro volo buono, spero sia il prossimo.”, e così, il 1° giugno dello stesso anno, insieme con il navigatore Fred Noonan, parte da Miami e comincia la trasvolata di ben 29.000 miglia che la porterà a San Juan in Porto Rico e poi, seguendo la costa nord-orientale del Sud America, verso l’Africa e quindi in India.
Il 17 giugno, come da programma, si trovano a Calcutta e proseguono per Rangoon, Bangkok, Singapore e Java per arrivare a Bandoeng dove sono costretti a fermarsi una decina di giorni per l’arrivo dei monsoni e per le riparazioni, resesi necessarie, agli strumenti di bordo.
Amelia non sta al meglio perché soffre di dissenteria ma, quando arrivano a Lae in Nuova Guinea, hanno fatto 22.000 miglia e ne mancano solo 7.000 ormai per arrivare alla conclusione del viaggio: sembra ormai quasi fatta.
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Tutto quello che è superfluo nell’aereo viene rimosso per far posto a più carburante che possa consentire approssimativamente 274 miglia extra. Le mappe che Noonan ha a disposizione non si sono rivelate sin dall’inizio molto accurate ma ormai sono in prossimità dell’isola di Howland, a circa due miglia e mezzo, dove è dislocata la guardia costiera Itasca con la quale sono in contatto radio.
Partono a mezzanotte con un cielo che, contrariamente alle previsioni, è nuvoloso. Noonan, abituato alle vecchie metodologie di navigazione aerea, ha qualche difficoltà e quando è l’alba Amelia Earhart chiama insistentemente alla radio: “Khaqq chiama Itasca. Dobbiamo essere sopra di voi ma non riusciamo a vedervi. Il carburante sta finendo…” A nulla valgono i tentativi compiuti dalla guardia costiera per farsi notare. Probabilmente l’aeroplano si è perso ed è precipitato ad una distanza calcolabile fra le 35 e 100 miglia dall’isola di Howland.
La notizia fa presto il giro del mondo; il Presidente Roosvelt autorizza le ricerche con l’impiego di nove navi e 66 aerei per un costo stimato all’incirca di quattro milioni di dollari. Le ricerche vengono interrotte il 18 luglio e proseguite dal marito che però nell’ottobre abbandona ogni speranza di trovare viva la sua amata.
Si è speculato molto sulla scomparsa misteriosa di Amelia Earthart: alcuni credono che lei e Noonan siamo stati catturati dai Giapponesi e giustiziati, altri sono convinti che sia stata una spia catturata durante una missione, altri ancora che sia vissuta felicemente per anni in un’isola del Sud-Pacifico con un pescatore del luogo; comunque nessuna delle congetture avanzate è stata confermata.
Non c’è dubbio, comunque, che Amelia sarà ricordata per il coraggio dimostrato sia negli aerei sia per certe rivendicazioni a favore delle donne. In una lettera a suo marito, lasciata ‘nel caso che’, disse: “sappi che sono consapevole dei rischi che corro, e se lo faccio è perché lo voglio. Le donne devono provare a fare ciò che fanno gli uomini e, quando falliscono, il loro insuccesso deve essere una sfida per gli altri.”
Lanfranco Bruzzesi
Imm. Wikimedia
Post Scrittum (a cura della Redazione di Psicolinea)
2018: Un nuovo studio scientifico ha stabilito che le ossa rinvenute nel 1940 nell’isola di Nikumaroro, nel Pacifico, possono essere quelle di Amelia, nonostante un’analisi forense su quei resti, condotta nel 1941, avesse concluso che quelle ossa fossero di un uomo. L’osteologia forense – lo studio delle ossa – all’epoca era ancora nelle sue fasi iniziali.
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Esperto musicale, collabora con psicolinea per la stesura di biografie di personaggi famosi, in particolare nel mondo della musica. Lanfranco Bruzzesi è inoltre il principale ispiratore dell’Associazione Culturale Ankon Cultura, che ha sede ad Ancona e che organizza conferenze, viaggi ed altri eventi culturali.