La malattia di Alzheimer: che cos’è
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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
L’Alzheimer (detto anche morbo di Alzheimer, demenza senile di tipo Alzheimer, demenza degenerativa primaria di tipo Alzheimer) è una malattia degenerativa e irreversibile, che distrugge lentamente la memoria e le capacità di pensiero, impedendo a chi ne soffre di svolgere anche i compiti più semplici. Nella maggior parte delle persone affette da Alzheimer, la comparsa dei sintomi arriva dopo i 60 anni.
La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza tra gli anziani. La demenza consiste nella perdita delle funzioni cognitive: pensare, ricordare, ragionare, ecc. il che interferisce pesantemente con le attività svolte nella vita quotidiana. La demenza degenerativa si manifesta in vari stadi: da qualche semplice dimenticanza, fino alla sua fase più grave, quando la persona comincia a dipendere completamente dagli altri, per le attività di base della vita quotidiana. Il decorso è lento, con una durata media di 8-10 anni dalla comparsa dei sintomi.
La malattia di Alzheimer prende il nome dal Dr. Alois Alzheimer ( 1864-1915 psichiatra e neuropatologo tedesco, nella foto). Nel 1906, il dottor Alzheimer notò dei cambiamenti nel tessuto cerebrale di una donna morta di una insolita malattia mentale. I suoi sintomi riguardavano soprattutto la perdita di memoria, problemi di linguaggio, e un comportamento imprevedibile. Dopo la sua morte, esaminando il suo cervello, il ricercatore scoprì molte macchie anomale (ora chiamate placche amiloidi) e fasci di fibre aggrovigliate (che ora si chiamano ammassi neurofibrillari). Placche e ammassi neurofibrillari nel cervello sono due delle caratteristiche principali della malattia di Alzheimer. La terza è la perdita delle connessioni tra cellule nervose (neuroni) nel cervello.
Cambiamenti nel cervello dovuti alla malattia di Alzheimer
Anche se ancora non si sa con precisione quando inizi la malattia di Alzheimer, sembra sempre più probabile che i danni al cervello inizino circa un decennio prima della loro manifestazione. Durante la fase pre-clinica della malattia di Alzheimer, la persona non presenta sintomi, anche se nel suo cervello sono già in atto dei cambiamenti. I neuroni vengono progressivamente distrutti da una sostanza, detta beta-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”. La malattia è accompagnata anche da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (un neurotrasmettitore, che permette la comunicazione tra neuroni). La conseguenza di queste modificazioni cerebrali determina l’impossibilità, per i neuroni, di trasmettere gli impulsi nervosi, e quindi la loro morte, con conseguente atrofia progressiva del cervello nel suo complesso ed in particolare nell’ ippocampo (struttura encefalica che svolge un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nei processi di memorizzazione; perciò la distruzione dei neuroni in questa zona è la causa principale della perdita di memoria dei malati di Alzheimer).
Sintomi
Le prime fasi della malattia di Alzheimer possono essere annunciate da problemi di orientamento spaziale, difficoltà di memoria (ad esempio, non ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno, ecc.), di giudizio (incapacità di affrontare problemi semplici). Poi, man mano, il deficit aumenta e si dimenticano fatti importanti della propria vita o eventi pubblici del passato. Frequenti sono anche alterazioni della personalità: la persona appare meno interessata ai propri hobby o al proprio lavoro. Talvolta l’inizio della malattia è contrassegnato dalla sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose che il malato non sa trovare.
Ad alcuni soggetti con problemi di memoria viene diagnosticato un deterioramento cognitivo lieve (MCI, dall’
Malattia di Alzheimer: fasi
A una prima fase lieve, fa seguito una fase intermedia, e quindi la fase avanzata/severa; il tempo di permanenza in ciascuna di queste fasi è variabile da soggetto a soggetto, e può in certi casi durare anche diversi anni. Con il progredire della malattia di Alzheimer si osservano ulteriori cali nella memoria e cambiamenti in altre abilità cognitive. I problemi possono includere, ad esempio, il perdersi, la difficoltà a gestire il denaro o a pagare le bollette, il ripetere sempre le stesse domande, l’impiegare più tempo per completare le normali attività quotidiane, la scarsa capacità di giudizio e alcuni cambiamenti nel tono dell’umore o nella personalità.
Nello stadio intermedio il danno si verifica in aree del cervello che interessano il linguaggio, il ragionamento, l’elaborazione sensoriale e il pensiero cosciente. La perdita della memoria è progressiva ed i malati iniziano ad avere problemi di riconoscimento dei familiari e degli amici. Essi non possono più imparare cose nuove, svolgere mansioni che comportano più passaggi (come vestirsi), o far fronte a situazioni nuove. Possono avere allucinazioni, deliri, o paranoia, e possono comportarsi in modo impulsivo.
Le persone con Alzheimer di grado severo non sono in grado di comunicare e sono completamente dipendenti dagli altri. Si osserva una perdita totale della capacità di parlare e capire. Il soggetto diviene totalmente incapace di riconoscere i propri familiari, di compiere gli atti quotidiani della vita come vestirsi, mangiare, lavarsi, riconoscere i propri oggetti personali e la propria casa. Il movimento è ormai totalmente compromesso fino all’allettamento. Non vi è più alcun controllo sfinterico.
Quali sono le cause dell’Alzheimer
Gli scienziati non hanno ancora ben compreso da cosa dipenda la malattia di Alzheimer, ma è oggi sempre più evidente che essa si sviluppa a causa di una serie complessa di eventi che hanno luogo nel cervello per un lungo periodo di tempo. La causa più probabile sembra essere l’alterazione del metabolismo di una proteina, detta APP (proteina precursore di beta amiloide) che per ragioni ancora sconosciute, ad un certo punto comincia ad essere metabolizzata in modo alterato, portando alla formazione di una sostanza neurotossica (la beta amiloide), la quale si accumula lentamente nel cervello portando a morte neuronale progressiva. L’alterazione del metabolismo potrebbe avere a sua volta varie cause: genetiche, ambientali e/o dipendenti dallo stile di vita. Poiché le persone differiscono nel loro patrimonio genetico e nello stile di vita, questi fattori aumentano o diminuiscono il rischio di sviluppare l’Alzheimer da persona a persona.
Genetica
L’esordio precoce del morbo di Alzheimer è una forma rara della malattia. Esso si verifica fra i 30 e i 60 anni e rappresenta meno del 5 per cento di tutte le persone che hanno la malattia di Alzheimer. La maggior parte dei casi di insorgenza precoce di Alzheimer riguarda la familiarità (in genere ci si ammala di Alzheimer dopo i 60 anni). Maggiore è il numero di persone affette da Alzheimer nella stessa famiglia e maggiore è la probabilità che la malattia abbia una causa ereditaria. Se l’esordio della malattia è precoce, è possibile che all’origine vi sia una causa genetica.
Diagnosi della malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer può essere diagnosticata con certezza solo dopo la morte, con l’analisi istologica del cervello. Nel cervello possono essere osservati assemblamenti di proteina tau e beta amiloide (placche e gomitoli neurofibrillari). Vi sono tuttavia diversi metodi e strumenti per determinare con sufficiente precisione se una persona che presenta problemi di memoria soffra effettivamente del morbo di Alzheimer. Secondo i criteri clinici (NINCDS-ADRDA) per la diagnosi di malattia di Alzheimer devono esservi in particolare:
– compromissioni in almeno due degli otto ambiti funzionali: memoria, linguaggio, abilità percettiva, attenzione, abilità costruttiva, orientamento, risoluzione dei problemi e capacità funzionali.
– peggioramento progressivo della memoria e di altre funzioni cognitive
– compromissione delle attività quotidiane ed alterate caratteristiche di comportamento.
– familiarità positiva per analoghi disturbi
– esordio tra i 40 e i 90 anni, più spesso dopo i 65
– assenza di patologie sistemiche o di altre malattie cerebrali responsabili di deficit cognitivi e amnesici di tipo progressivo.
Tecniche diagnostiche
Il Mini Mental State Examination (MMSE), è un test utilizzato per valutare i vari disturbi cognitivi. L’esame neurologico nelle prime fasi della malattia solitamente presenta risultati normali, fatta eccezione per evidenti deficit cognitivi che non differiscono però da quelli derivanti da altre malattie di tipo demenziale.
E’ inoltre importante il colloquio con i familiari del paziente: il punto di vista di chi assiste il malato è infatti particolarmente importante, dato che una persona con Alzheimer è spesso inconsapevole del suo deficit.
Un altro indicatore oggettivo delle prime fasi della malattia è l’analisi del liquido cerebrospinale per la ricerca di beta-amiloide o di proteine tau. La ricerca di queste proteine è in grado di prevedere l’insorgenza del morbo di Alzheimer con una sensibilità compresa tra il 94% e il 100%. A questo si possono oggi aggiungere le moderne tecniche di neuroimaging.
Vanno poi fatti dei test per escludere che si possa trattare di altre malattie, come disturbi del sonno, morbo di Parkinson, depressione, effetti collaterali dei farmaci e altre patologie che possono essere curabili e che sono reversibili.
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Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Importanza della diagnosi precoce
Ricevere una diagnosi precoce aiuta le famiglie a pianificare il futuro e a decidere su importanti questioni finanziarie e legali, così come a sviluppare reti di sostegno, che potranno essere utili con l’avanzare della malattia.
Il mantenimento della funzione mentale
Gli attuali trattamenti si concentrano nell’aiutare le persone a mantenere le funzioni mentali e a gestire i tipici sintomi comportamentali della malattia (insonnia, agitazione, vagabondaggio, ansia, rabbia e tendenza alla depressione), in modo da rallentare il progredire della malattia. I farmaci agiscono regolando i neurotrasmettitori (sostanze chimiche che trasmettono i messaggi tra i neuroni). Essi possono aiutare a mantenere il pensiero, la memoria, e la capacità di parlare. Tuttavia, questi farmaci non modificano il processo patologico sottostante, sono efficaci per alcuni, ma non per tutti e, soprattutto, possono aiutare solo per un periodo di tempo limitato.
Il sostegno alle famiglie che si prendono cura di un malato di Alzheimer
Prendersi cura di una persona con malattia di Alzheimer può comportare elevati costi fisici, emotivi e finanziari. Le richieste delle cure giorno per giorno, i ruoli familiari che cambiano, le decisioni difficili circa la collocazione del malato in una struttura di assistenza possono essere difficili da prendere e da gestire.
E’ importante essere informati sulla malattia, in particolare conoscerne le varie fasi e le migliori strategie per trattare il malato. Fondamentale è costruire una rete sociale e familiare di sostegno per gestire lo stress. Ad esempio, partecipare ad un gruppo di sostegno può consentire ai familiari di sentirsi meno sotto pressione, in quanto in questi gruppi è possibile esprimere le proprie preoccupazioni, condividere le esperienze, ottenere dei consigli, e ricevere conforto emotivo. Le reti di supporto possono essere particolarmente utili quando i caregivers si trovano ad affrontare la difficile decisione relativa al se e quando ricoverare una persona cara, malata di Alzheimer, in una casa di cura. Oggi questi gruppi possono essere trovati anche via Internet.
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Come comportarsi col malato
E’ necessario che il familiare si renda conto che il proprio caro affetto da demenza non è più in grado di recepire e decodificare correttamente quanto gli viene detto. E’ importante dunque adattare continuamente, con elasticità e sensibilità, le proprie modalità comunicative in rapporto alle capacità di comprensione del malato. Si deve soprattutto tener presente che pretendere dal malato di Alzheimer comportamenti che non è più in grado di mettere in atto è molto frustrante per lui ed è anche controproducente. Sottolineare ciò che la persona era in grado di fare ma che ora non riesce più a portare a termine, oppure imputare il fallimento a mancanza di volontà o di impegno provoca inutile sofferenza e acuisce la depressione e il disorientamento.
Miglioramento della comprensione della malattia
Trenta anni fa si sapeva molto poco della malattia di Alzheimer. Da allora, la scienza ha fatto importanti progressi. Molti scienziati e medici stanno oggi lavorando insieme per comprendere i fattori genetici, biologici e ambientali che, nel corso degli anni, producono la malattia di Alzheimer. Speriamo che in futuro essa possa essere diagnosticata e curata in tempo, prima che provochi i suoi effetti distruttivi sul cervello.
Prevenzione
La ricerca suggerisce che, al di là della base genetica, altri fattori potrebbero giocare un ruolo nello sviluppo e nel decorso della malattia di Alzheimer. Vi è un grande interesse, ad esempio, nello studio della relazione tra declino cognitivo e condizioni vascolari e metaboliche, come malattie cardiache, ictus, ipertensione, diabete e obesità. La comprensione di queste relazioni e la loro sperimentazione in studi clinici ci aiuterà a capire se ridurre i fattori di rischio per queste patologie possa aiutare a prevenire il morbo di Alzheimer. Al momento, per ridurre il rischio di declino cognitivo, la ricerca ha dimostrato che è importante seguire una dieta sana, fare attività fisica, avere frequentazioni sociali e impegnarsi in compiti stimolanti, che possano aiutare le persone a rimanere in buona salute, nonostante l’età avanzata.
Dr. Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Fonti principali:
Alzheimer’s Disease Fact Sheet, nia/nih
www.centroalzheimer.org
Immagine:
Pxhere
A35/A15
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
Per appuntamenti:
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