Perché la psicoterapia è donna?
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Qualche giorno fa, un articolo pubblicato sul New York Times da Benedict Carey faceva luce su una singolarità tipica della professione dello psicoterapeuta, che evidentemente non è solo italiana: dal punto di vista numerico, tra gli psicologi e gli psicoterapeuti, le donne predominano nettamente. Non è un fatto nuovo, visto che i ricercatori hanno cominciato a segnalare il fenomeno da almeno una generazione di psicologi: è la così detta “femminilizzazione” del settore della salute mentale, in atto da quando le psicologhe e le consulenti hanno superato il numero dei colleghi-uomini.
In America, solo uno su cinque dei frequentatori di master di argomento psicologico è un uomo; nel settore degli assistenti sociali essi sono meno del 10% fra i minori dei 34 anni, così come sono solo il 10% gli iscritti uomini all’American Counseling (erano il 30% nel 1982 ) e sono in costante diminuzione i terapeuti-uomini che si occupano di terapia di coppia e terapia familiare.
Le ragioni del fenomeno, osserva Carey, sembrano essere di natura economica, oltre che culturale. Anzitutto è un settore dove i guadagni è raro che siano altissimi (non a caso gli uomini preferiscono fare gli psichiatri, cioè somministrare medicine, anziché dedicarsi alla “talking cure”, che richiede molto più tempo ed impegno con i pazienti.)
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La stessa cosa è indubbiamente vera anche in Italia: basta dare un’occhiata all’albo degli psicologi e scoprire che, nella maggior parte dei casi, i nomi dei terapeuti sono nomi di donna.
Secondo l’estensore dell’articolo però, questo dato di fatto potrebbe causare un serio problema agli uomini che volessero intraprendere una terapia, ma che volessero farlo con un terapeuta-uomo. La domanda è la seguente: la mancanza di figure maschili in questo settore potrebbe portare determinate persone a non curarsi come dovrebbero?
Come giustamente riportato nell’articolo, vi sono in effetti delle persone che preferiscono parlare dei propri problemi con dei terapeuti dello stesso sesso: essi pensano che il terapeuta possa comprenderli meglio e c’è meno vergogna a parlare di argomenti difficili, come quelli relativi alla sessualità e al rapporto di coppia.
In un recente studio, condotto su 266 ragazzi di college, Ronald F. Levant, psicologo presso l’Università di Akron, ha scoperto che gli uomini vogliono confidarsi con persone che conoscano i punti di vista maschili e non si scandalizzino. Prendiamo un altro esempio, oltre quello della sessualità: quello della violenza. Dice Levant che per i ragazzi è normale fare la lotta ogni tanto e dunque per un uomo una rissa da bar potrebbe essere una serata un po’ vivave, mentre agli occhi di una donna questo potrebbe sembrare un comportamento inaccettabile.
Il Dr. Levant ha chiesto ad ogni partecipante allo studio di scrivere la cosa di cui si vergognava di più, che non avrebbe confidato a nessuno. Ebbene, uno dei temi principali emersi è stato quello di essersi tirato indietro e dunque non aver partecipato ad una lotta fra compagni alla scuola media.
Ecco perché il Dr. Levant conclude il suo studio consigliando agli uomini che hanno dei pregiudizi nei confronti della psicoterapeuta-donna (in quanto pensano di non poter essere pienamente compresi), di rivolgersi esclusivamente a terapeuti uomini. Non importa se poi veramente i terapeuti uomini riescano a comprendere i loro pazienti uomini meglio di come farebbe una psicoterapeuta-donna, ma è importante che il paziente ne sia convinto, anche per avere un migliore successo terapeutico.
Come sostiene John M Grohol sul Blog PsychCentral, in verità un buon terapeuta è un buon terapeuta, maschio o femmina che sia, e un terapeuta mediocre rimane tale, a prescindere dal suo genere sessuale.
Non è detto, oltre tutto, che l’appartenere allo stesso genere sessuale sia un vantaggio per il paziente, dice ancora Grohol: la sensazione, da parte del terapeuta, di avere un “intuito speciale” nei confronti dei suoi congeneri potrebbe essere anche un limite per la terapia.
Ciò che comunque è importante dire, è che non esiste alcuna ricerca la quale suggerisca che il genere sessuale del terapeuta possa essere un ostacolo effettivo nella ricerca di un trattamento psicoterapeutico e che gli uomini che vanno in terapia presso una professionista donna abbiano risultati inferiori rispetto a coloro che vanno da un terapeuta di sesso maschile.
E se non ci sono prove scientifiche, né in un senso, né in un altro, ognuno è libero di avere le proprie opinioni.
In ogni caso, il problema dei terapeuti-uomini c’è, visto il loro scarsissimo numero, che impoverisce a mio parere la nostra professione. E’ interessante inoltre osservare che, in Italia, come credo anche all’estero, malgrado la scarsa rappresentatività, gli psicologi-uomini sono largamente presenti nei consigli degli ordini regionali, nei sindacati, negli enti previdenziali: insomma, là dove ci sono soldi e potere.
… Ed ecco perché la psicoterapia è diventata donna.
Dr. Giuliana Proietti
Fonti:
Levant, R.F., Wimer, D.J. & Williams, C.M. (2011). An evaluation of the Health Behavior Inventory-20 (HBI-20) and its relationships to masculinity and attitudes towards seeking psychological help among college men. Psychology of Men & Masculinity, 12(1), 26-41.
Need Therapy? A Good Man Is Hard to Find, New York Times
Hard to Find a Male Therapist?, Psychcentral
Link:
Per saperne di più sulla professione di psicologo in Italia, consultare questo documento ufficiale dell’Ordine nazionale degli Psicologi (2007).
Immagine:
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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